Esce postuma l’autobiografia di Emilio Molinari, esce per la casa editrice Redstarpress di Roma e il titolo è una sintesi della sua vita, La fabbrica, la politica, i beni comuni (pag. 311, euro 20) sottotitolo Autobiografia di un comunista dolce
Esce postuma l’autobiografia di Emilio Molinari, esce per la casa editrice Redstarpress di Roma e il titolo è una sintesi della sua vita, La fabbrica, la politica, i beni comuni (pag. 311, euro 20) sottotitolo Autobiografia di un comunista dolce. Non sappiamo se il sottotitolo lo abbia scelto l’autore ma noi, e siamo in tante/i, che abbiamo imparato a conoscere Emilio e il suo impegno, lo riconosciamo in quelle due parole: comunista sta per la sua costante tensione alla solidarietà e all’universalità, dolce per essere stato determinato e mai ideologico. Emilio Molinari possedeva una dote abbastanza rara tra la sinistra “rivoluzionaria” italica: era capace di ascolto. Senza rinunciare alle proprie convinzioni e principi e senza dirottare da ciò che riteneva giusto, ma alla ricerca dell’incontro, da questa parte del pianeta e anche altrove, dalla Bosnia alla Palestina, dalla Russia al Chiapas, da Seveso a Manuas.
Leggerlo è attraversare la storia delle lotte dal dopoguerra in poi, e anche prima, per quella biografia operaia, quell’appartenenza di classe che Emilio rivendicava come la cifra del suo fare politica. Aveva una idea di giustizia sociale che era insieme antica e modernissima, solida e flessibile, dialettica ma non arresa. Lo amavano quasi tutti, era bello, aveva un sorriso aperto e insieme ritroso che piaceva molto alle donne, non ne ha mai approfittato e, anche per questo, lo abbiamo stimato. Era un leader, ma uno dei pochissimi che non se l’è mai “tirata”. Ha tenacemente perseguito il bene comune di tutti e per tutti e per tutta la vita, prima con i compagni della fabbrica, poi con Avanguardia operaia, i Cub, Dp, Punto Rosso insieme agli amici di sempre: Massimo Gorla, Silvana e Rina Barbieri, Basilio Rizzo, Giorgio Riolo e tanti altri. È successo che alcune scelte non siano state condivise ma, sottolinea Molinari,” senza dissentire rumorosamente. Non per opportunismo politico, ma per una ragione semplice e grande al tempo stesso. Ero e volevo essere sempre con i compagni, uno di loro”.
Libro importante per chi quelle lotte ha vissuto e insieme ad Emilio le ripassa e riassapora l’amaro degli errori e la felicità delle vittorie, per i giovani che possono riconoscere nel presente i frutti e i tradimenti di una lunga, faticosa e bellissima stagione di lotte. Perché per Emilio l’impegno è durato tutta a vita, non per cercare ricchezze e potere ma per “vivere felice e indignato”.
Racconta tutto Emilio, dalla prime lotte operaie alla Borletti di Milano alla esaltante stagione del ’68, Avanguardia operaia e il passaggio a Democrazia proletaria, ai Verdi, sino alla scelta radicalmente ambientalista. Da quando stava davanti ai cancelli delle fabbriche e quando ha calpestato i tappeti di Palazzo Chigi e poi in tutti i luoghi in cui l’umanità era a rischio: Il carcere, i manicomi, i tribunali.
A questo proposito ci piace ricordare e condividere un ricordo che ci riguarda direttamente.
Era il 2003, alla corte di Ankara per la sicurezza dello stato si celebrava il rifacimento del processo contro Leyla Zana, già condannata nel 1991 a 15 anni di carcere perché, appena eletta al Parlamento turco, aveva pronunciato il giuramento di fedeltà alla Repubblica in turco ma anche nella vietatissima lingua curda. Con lei alle sbarre Hatip Dicle, Orhan Dogan, Selim Sadak, tutti di etnia curda (per saperne di più vedi Il secondo processo di Leyla Zana, Silvana Barbieri, Lerzan Tascier, edizioni Punto Rosso pag.216, euro 13). Ad assistere al processo come osservatori internazionali, due parlamentari europei: Luigi Vinci eletto per Rifondazione comunista, Feleneknas Uca per la Germania più Stefano Squarcina, funzionario europeo, Silvana Barbieri militante di lungo corso e moglie di Vinci ed Emilio Molinari del Comitato per il Contratto Mondiale dell’Acqua e la sua inseparabile moglie Tina. La Turchia stava progettando una ventina di dighe sui fiumi Tigri ed Eufrate, una privatizzazione dei due grandi fiumi della Mesopotamia che avrebbe provocato forti pregiudizi all’Iraq e alla Siria. È, per tutti loro, l’inizio di un amore per i curdi e la loro lotta che continua sino ad oggi e che spinse Vinci, Barbieri e Molinari a decidere di dare inizio a una onlus in favore di popolo curdo. E ci piace ricordare che Emilio fu tra i fondatori e fu proprio lui a suggerire il nome Fonti di pace, fonti perché senza acqua non c’è vita ma per vivere ci vuole la pace.
La passione civile di Emilio per i popoli oppressi e in difesa dell’acqua bene comune lo porterà in giro per il pianeta: dalla Bosnia al Kurdistan, dal Chiapas alla Somalia, all’Eritrea seguendo le tracce dei rifiuti tossici italiani. Sempre in difesa di un progetto di solidarietà capace di raccogliere tutti i popoli del mondo senza discriminare religione etnia o genere. Come per la grande stagione del Referendum dell’acqua e dei Beni comuni, perché, diceva, se il mondo è uno, bisogna muoversi globalmente perché solo la solidarietà consapevole, la strenua lotta contro le ingiustizie ci può salvare da quell’apocalisse che la terribile passione per la guerra dei governi e, soprattutto delle grandi multinazionali, sembra irresponsabilmente volere a ogni costo. Ma se Emilio è un comunista dolce non vuol dire che dimentichi e il libro è una denuncia precisa, con nomi e cognomi, senza compromessi, di tutti quelli che hanno ostacolato la tenace ricerca di giustizia sua e di chi con lui ha scelto la via di essere la coscienza etica di una generazione. Denuncia i tradimenti del PC, la codardia del Ds, gli accomodamenti di coscienza di molti anche a sinistra e fa nomi e cognomi perché un comunista, benché dolce, non fa sconti a nessuno. Racconta tutto Emilio, anche le sue fragilità, i tanti bypass necessari al suo cuore stanco e anche i dubbi, anche gli smarrimenti, ribadendo, ostinatamente, i suoi punti fermi sul linguaggio e sulla classe, perché ci vuole un punto di vista per capire il mondo, perché è con un linguaggio chiaro che il mondo si spiega. Un attitudine la sua ben diversa da quella dei politici di oggigiorno che usano le parole per mentire e seminano paroloni per stupire e confondere. La politica o si fa capire o è un inganno.
Scrive questa autobiografia a 85 anni per chiedersi, cosa penso di me oggi? Si risponde, “Che sono sconfitto, che la mia storia è stata sistematicamente cancellata e che la politica va ricostruita”. Qui Emilio si sbaglia, è morto prima delle grandi manifestazioni per la Palestina che hanno stupito tutti i vecchi marpioni della politica. Manifestazioni decise dalla gente comune di tutto il pianeta e che confermano, come scrive nel suo libro, che la politica del futuro” la potranno fare solo i movimenti dal basso, a partire dai contenuti che coinvolgano ogni essere umano, con un linguaggio che parli a tutti: Pace, acqua potabile, cibo, aria, salute, energia e calore, beni comuni e diritti fondamentali da sottrarre al mercato e dignità per il lavoro. Un Nuovo Forum Sociale Mondiale che riesca ad unire forze e diversità e a decidere di realizzare alcuni diritti, pochi e universale”.
Per questo ti diciamo grazie Emilio, vecchio ragazzo dagli occhi castani e il sorriso schietto. Ci hai lasciato a luglio del 2025, eppure ti sentiamo vicino e più che mai vivo. Anche per l’amore dichiarato, riconoscente alla “donna della tua vita”, la Tina, con il “la” davanti, alla milanese, come tutte/i l’abbiamo chiamata. Insieme avete sprigionato una grande forza, come coloro che, insieme, scommettono tutto su un progetto e un amore.
* Fonte/autore: Fonti di pace









