"Quel che avvenne nel 1989 era inimmaginabile eppure è diventato realtà "
L'autrice consegna il suo lungo addio alle speranze e nel titolo cita anche Freud

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Christa Wolf. I ricordi di cassandra tra DDR e nostalgia “quante utopie deluse”

Dopo 14 anni esce un nuovo romanzo della scrittrice: “La città  degli angeli” Quasi un testamento ideologico “E adesso penso spesso alla morte”

“Quel che avvenne nel 1989 era inimmaginabile eppure è diventato realtà “
L’autrice consegna il suo lungo addio alle speranze e nel titolo cita anche Freud

Dopo 14 anni esce un nuovo romanzo della scrittrice: “La città  degli angeli” Quasi un testamento ideologico “E adesso penso spesso alla morte”

“Quel che avvenne nel 1989 era inimmaginabile eppure è diventato realtà “
L’autrice consegna il suo lungo addio alle speranze e nel titolo cita anche Freud

BERLINO. «Germany?», chiese all´aeroporto il biondo-rossiccio ufficiale dell´immigration americana. «Yes. East Germany», rispose Christa Wolf esibendo il passaporto blu della Ddr. Nuova domanda: «Are You sure, this country does exist?». «Yes, I am», replicò lei. Sapendo di mentire, non sul momento ma sulla Storia. Questo episodio, insomma il primo assaggio dell´America che lei, la più grande scrittrice della Ddr, ebbe arrivando con una borsa di studio del Getty Center for the History of Art and the Humanities a Los Angeles, è vero. Dà una chiave del libro ora in uscita in Germania, con cui, narrando di sé e della fine della Ddr, delle sue delusioni verso il socialismo e del rimpianto della società in cui era cresciuta con i suoi ideali, Christa Wolf rompe un lungo silenzio letterario durato 14 anni. Tanti ne sono passati dalla pubblicazione di Medea. Voci e di Cassandra.

Ed ecco Stadt der Engel, oder the Overcoat of dr. Freud, in uscita da Suhrkamp, pagg. 414, euro 24,80. Uno straordinario romanzo, autobiografico solo in parte. Tanto che nella narrazione mischia il discorso in prima persona con quello in seconda. La prima persona è nel presente sotto il sole della California, la seconda dà voce ai ricordi dietro il Muro. Un romanzo in cui Christa Wolf, vivacissima a ottant´anni, arriva alla resa dei conti con la fine della Ddr, con il disincanto del dopo Muro, l´umiliazione delle accuse di collaborazionismo. E indirettamente, con la “Ostalgia”, quel ricordo nostalgico della società dell´Est, oppressa ma vissuta con solidarietà e umanità dalla gente semplice. Una nostalgia che unisce ormai le generazioni: chi visse nella Ddr e prima sperò, poi disperò di cambiarla e chi vi è nato dopo la riunificazione, realizzata nelle istituzioni, ma non ancora del tutto nelle menti.
La narrazione principale del libro, ha detto Christa Wolf a Der Spiegel, ruota intorno a quel suo soggiorno negli Usa nel 1992 e 1993. Momento di presa di distanza, di riflessione. «Ma nei ricordi torno indietro fino alla gioventù, quando ci trovammo di fronte al quasi Nulla. All´università conobbi molti compagni di generazione…dopo l´esperienza devastante del nazionalsocialismo, sperammo in una società radicalmente diversa. Per noi, attraverso gli anni, venne una dura via della presa di coscienza».
Anche ne La città degli angeli o il soprabito del Dottor Freud, Christa Wolf narra le sue prime impressioni dell´America: molte sono negative, come fosse un altro pianeta. Nella guerra fredda, «guardando l´Atlante e pensando all´emigrazione, finivamo sempre per dirci che non avremmo trovato un posto dove andare». Non le piacciono la povertà diffusa, gli homeless people, i contrasti sociali le fanno venire le lacrime agli occhi, la superficialità cordiale della gente la delude. Ma come in compagnia di un Angelo immaginario, l´America è per lei il Luogo della riflessione e del ricordo, dopo una vita vissuta dietro il Muro.
In California – questo è il racconto de La città degli angeli (per altro citazione del film di Wenders, Il cielo sopra Berlino, e allusione a Los Angeles) – Christa Wolff ricorda, rivede la sua vita. Una vita felice ma segnata dalle delusioni. Come «la situazione a metà degli anni Sessanta: mi fu chiaro che la Ddr non si sarebbe sviluppata nella direzione a cui molti di noi pensavamo e in cui speravamo. Dopo il 1968 non poté restare alcun dubbio che le contraddizioni erano o sarebbero state irrisolvibili». In questo senso, La città degli angeli, è anche lo splendido racconto del lungo addio nell´animo di Christa alla Ddr, un addio insieme melanconico e lucido, riflessioni e analisi a fianco dell´emozione della speranza delusa. E´ il racconto, autobiografico nell´interiorizzazione e nell´impegno sociale e culturale, d´una grande scrittrice che nel sistema aveva trovato una speranza, che aveva rappresentato quel paese in alte funzioni ufficiali, e fu classificata dalla Stasi come “IM Margarete”, informatrice. E che ben presto entrò in conflitto con le autorità: con la censura, con la Stasi che la spiò per decenni.
Di quel paese, dice Christa Wolf a Der Spiegel, lei amava «l´Utopia dell´Inizio. E molte persone che scelsero l´impegno per quella causa, e furono amaramente delusi, compresi anche quelli che erano emigrati e poi tornarono dall´esilio». La delusione per quelle settimane e mesi della rivoluzione dell´89, cui lei partecipò sperando in una Ddr democratica, per poi vederla, con la riunificazione, annessa dalla Repubblica federale vincitrice. Una nuova, amara realtà. Volle vedere i documenti che la riguardavano, seppe dalla nuova autorità di controllo che esistevano files come persona spiata e dossier come informatrice. I secondi, non le fu permesso di leggerli. Solo in seguito Günter Gaus, ex rappresentante di Bonn a Berlino Est, glieli portò in California. Intanto erano andati in pasto alla stampa dell´Ovest, che aveva sparato a zero su di lei sottolineando contatti e compromessi col regime, non il suo ruolo di pericolosa intellettuale spiata, ritenuta nemica del sistema.
Faceva male, quell´arroganza da complesso di superiorità dei Wessis, i tedeschi dell´Ovest, sullo sfondo della nostalgia d´una società che lei sognava diversa e si batté invano per migliorare. La nostalgia era ed è uno stato d´animo dell´Est tedesco, ma nel libro Christa non usa il concetto. Eppure, «quando descrivo situazioni concrete in modo critico, forse riemergono i ricordi». Ricordi come il 9 novembre, la manifestazione per la democrazia sull´Alexanderplatz, l´ultimo momento dell´Utopia, «l´attimo in cui l´inimmaginabile diveniva realtà». Poi venne la dimensione imprevista del “dopo”. Oggi Christa Wolf confessa di pensare alla morte, e di avere – mentre scriveva questo suo ultimo libro – quasi parlato a un essere immaginario, «diciamo le Parche», per chiedere di poter arrivare alla parola “fine”.

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