Condannate le Nuove Br, minacce a Ichino

Proclama in aula: è in corso una guerra di classe. Cade la finalità  di terrorismo.  La sentenza accolta con urla. Il giurista del Pd: sono ancora in pericolo 

Proclama in aula: è in corso una guerra di classe. Cade la finalità  di terrorismo.  La sentenza accolta con urla. Il giurista del Pd: sono ancora in pericolo 

MILANO – Ancora condanne per le nuove Br, per i membri del Partito comunista politico-militare smantellato nel 2007 dall´operazione «Tramonto» del procuratore aggiunto Ilda Boccassini. Anche nel nuovo processo d´Appello voluto dai giudici della Cassazione, viene confermata l´esistenza di un´associazione sovversiva, anche se non viene riconosciuta la finalità terroristica. Alla lettura della sentenza – con pene più lievi rispetto al precedente appello – partono le urla e i cori dei militanti antagonisti che chiedono «giustizia proletaria» e attaccano ancora il giuslavorista Pietro Ichino.
Il Partito comunista politico-militare, stabiliscono i giudici, è un´associazione che ha agito per sovvertire lo Stato, ha avuto la disponibilità di armi per raggiungere lo scopo, ma non può essere considerata un gruppo terroristico. Restano alte le pene per Claudio Latino e Davide Bortolato, ritenuti i capi della cellula milanese e di quella padovana, condannati rispettivamente a undici anni e sei mesi e undici anni, meno dei quattordici anni e sette mesi avuti nel primo processo d´appello. Vincenzo Sisi, considerato il capo della cellula torinese, viene condannato a dieci anni; Alfredo Davanzo, ritenuto l´ideologo del gruppo, a nove. Otto anni a Bruno Ghirardi, sette a Massimiliano Toschi, cinque anni e tre mesi a Massimiliano Gaeta, che torna immediatamente libero perché ha già scontato per intero la pena durante la custodia cautelare. Si riducono leggermente le pene degli imputati minori: due anni e quattro mesi ad Andrea Scantamburlo, due anni e due mesi ad Alfredo Mazzamauro, Davide Rotondi e all´unica donna del gruppo, Amarilli Caprio, studentessa di Scienze Politiche alla Statale di Milano. Uno degli imputati, Salvatore Scivoli, anche lui accusato di concorso esterno in associazione sovversiva con finalità di terrorismo e per il quale erano stati chiesti sei anni e sei mesi di carcere, esce dal processo perché il fatto non costituisce reato. Ora saranno le motivazioni a spiegare su cosa si fonda la decisione della Corte di applicare l´articolo 270 del codice penale (associazione sovversiva) al posto del più grave 270bis (associazione con finalità terroristica).
Le condanne sono state accolte in aula da urla e cori dei militanti dei centri sociali, arrivati da varie realtà antagoniste di Milano e Padova, che hanno invocato la “giustizia proletaria». Prima della sentenza, il giuslavorista e senatore del Pd Pietro Ichino – costituitosi parte civile perché ritenuto obiettivo di un attentato e a cui la Corte ha confermato il risarcimento di centomila euro – aveva preso la parola. «Intendo solo ricordare che sin dal primo grado di giudizio ho offerto a tutti e a ciascuno degli imputati la mia rinuncia alla costituzione di parte civile e quindi al risarcimento dietro il riconoscimento in qualsiasi forma del diritto a non essere aggrediti – ha detto il professore – . Nessun imputato però ha risposto a questa proposta di dialogo». Ichino, sotto scorta da ormai dieci anni, dai giorni successivi all´omicidio del collega Marco Biagi, ha anche ricordato di aver chiesto – già nel 2006 – di rinunciare alla scorta, sentendosi rispondere dalla prefettura che non era opportuno rinunciare alla protezione. «Questa situazione di pericolo – ha concluso il senatore – a tutt´oggi non è cessata, anche per il rifiuto degli imputati alla mia proposta di dialogo e così io oggi non posso che circolare in una macchina blindata». Le parole di Ichino, a cui è giunta ieri la solidarietà di tutto il mondo politico, hanno scatenato la reazione rabbiosa di Davanzo da dietro le sbarre. «Questo signore rappresenta il capitalismo, lui è l´esecutore di questo sistema e noi eseguiremo il dovere di sbarazzarci di questo sistema – ha urlato Davanzo – Questa gente non ha diritto di fare sceneggiate, c´è una guerra di classe in corso e quelli blindati siamo noi».

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