«Terrorismo»: i due anarchici restano in carcere

TORINO — Cosa possono fare due mesi di tempo, e un giudice diverso. Alfredo Cospito e Nicola Gai, i due anarco-insurrezionalisti accusati di aver sparato all’ingegner Roberto Adinolfi, restano in carcere: è stata confermata la validità  delle accuse, compresa la principale, lesioni gravi aggravate con finalità  di terrorismo.
Ma l’inchiesta sull’agguato avvenuto a Genova lo scorso 7 maggio, il primo attentato a mano armata di matrice terroristica negli ultimi dieci anni, è stata segnata da una notevole divergenza di vedute, gentile eufemismo, tra gli investigatori di Carabinieri e Polizia e la magistratura giudicante. L’undici luglio il Gip di Genova aveva rigettato la richiesta di custodia cautelare fatta dai pubblici ministeri, motivandola con la carenza dei gravi indizi di colpevolezza.

TORINO — Cosa possono fare due mesi di tempo, e un giudice diverso. Alfredo Cospito e Nicola Gai, i due anarco-insurrezionalisti accusati di aver sparato all’ingegner Roberto Adinolfi, restano in carcere: è stata confermata la validità  delle accuse, compresa la principale, lesioni gravi aggravate con finalità  di terrorismo.
Ma l’inchiesta sull’agguato avvenuto a Genova lo scorso 7 maggio, il primo attentato a mano armata di matrice terroristica negli ultimi dieci anni, è stata segnata da una notevole divergenza di vedute, gentile eufemismo, tra gli investigatori di Carabinieri e Polizia e la magistratura giudicante. L’undici luglio il Gip di Genova aveva rigettato la richiesta di custodia cautelare fatta dai pubblici ministeri, motivandola con la carenza dei gravi indizi di colpevolezza.
Le intercettazioni di Cospito che documentano i suoi preparativi di fuga da Torino hanno consentito ai pm liguri di emettere un fermo. A quel punto la palla è passata a un altro giudice del tribunale della città dove è stato eseguito il provvedimento, chiamato a esprimersi sulla sua necessità e quindi anche sulla bontà dell’intera indagine. Una faccenda piuttosto delicata. Il Gip Alessandra Bassi se l’è cavata facendo leva sui nuovi dettagli raccolti in questi due mesi.
Il suo collega di Genova non riteneva che i due individui immortalati dalle telecamere poco distanti dall’abitazione di Adinolfi potessero essere con certezza identificati in Cospito e Gai. Il quadro indiziario, scrive il Gip di Torino, adesso si è arricchito degli esiti degli accertamenti antropometrici svolti da tre diversi gruppi di esperti. Gli esiti delle perizie «rendono altamente probabile» che le persone filmate lo scorso 7 maggio siano i due indagati. Altri nuovi elementi sono le intercettazioni di alcuni anarchici napoletani che avevano ricevuto con tre giorni di anticipo la rivendicazione: ne discutono facendo riferimento al parco torinese del Valentino, dove si incontravano Cospito e Gai.
Il giudice di Torino scrive che sono state proprio le osservazioni del giudice di Genova a consentire agli investigatori nuove e più approfondite valutazioni. Ma non può esimersi da una valutazione «complessiva e unitaria» del quadro indiziario, che è ben diversa da quella fatta due mesi fa dal collega. Per il Gip di Genova la presenza vicino alla casa della vittima di due militanti del Fai, il silenzio dei loro telefonini nelle ore dell’attentato e del furto del motorino usato per l’agguato non era sufficiente a dimostrare il loro coinvolgimento. Per il Gip di Torino «non c’è chi non veda come la valutazione complessiva di tali circostanze obbiettive renda implausibile che si tratti di una “sfortunata” (per i fermati) coincidenza e che possano esistere sul territorio altri due “sosia” degli stessi due componenti il commando ripresi dalle telecamere». Insomma: «Non esistono interpretazioni alternative ai fatti così come ricostruiti».
La differenza di impostazione, per quanto celata dalla cortesia tra colleghi, esiste e si vede tutta. Il Gip di Torino si è dichiarato incompetente a decidere su reati commessi altrove, e trasmette gli atti al giudice naturale del procedimento. Quello che due mesi fa bocciò l’indagine appena promossa. Spetta a lui l’ultima parola.

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