IL CAPRO ESPIATORIO TRA EDIPO E CRISTO

Anticipazione / Un saggio dell’antropologo su “Vita e Pensiero”

La vendetta non è un’istituzione, è un fenomeno di cui non si sa se sia biologico o culturale, ma è specifico dell’uomo. Non càè vendetta tra gli animali. Se la vendetta esiste, se è infinita, è evidente che la specie umana dovrebbe distruggersi da sé, subito, in partenza, prima ancora di esistere in quanto umanità .

Anticipazione / Un saggio dell’antropologo su “Vita e Pensiero”

La vendetta non è un’istituzione, è un fenomeno di cui non si sa se sia biologico o culturale, ma è specifico dell’uomo. Non càè vendetta tra gli animali. Se la vendetta esiste, se è infinita, è evidente che la specie umana dovrebbe distruggersi da sé, subito, in partenza, prima ancora di esistere in quanto umanità . È in quel momento che avvengono crisi di rivalità mimetica, quelle crisi che si ritrovano, nei miti relativamente moderni, ma di cui devono esserci antecedenti molto antichi. Come si risolvono tali crisi? Sicuramente per motivi puramente meccanici, perché dal momento in cui gli uomini si disputano gli oggetti che de-
siderano non potranno mai capirsi. Ma la lotta diventerà così intensa che gli oggetti spariranno e resteranno solo i rivali. E dal momento in cui in un gruppo ci sono solo antagonisti si può essere certi che ci saranno forme di riconciliazione. Si creeranno alleanze contro un nemico comune che polarizzerà sempre più avversari, mimeticamente. È quella che si chiama “politica” ed è anche il fenomeno del “capro espiatorio”.
A partire dal momento in cui restano solo antagonisti, il flusso mimetico invece di dividere e frammentare, si polarizzerà sempre più contro e alla fine si dirigerà su un individuo qualsiasi, che appare come il colpevole della crisi. Se guardiamo i miti troviamo un numero notevole di casi in cui la violenza è collettiva contro un’unica vittima. C’è un passaggio dal “tutti contro tutti” al “tutti
contro uno”. È quello che chiamiamo fenomeno del “capro espiatorio”. Penso che nelle società arcaiche questo tipo di fenomeno svolga un ruolo capitale; il sacrificio rituale diventa molto comprensibile. Le comunità riconciliate dalla vittima cambieranno atteggiamento nei suoi confronti. La vedono sempre come responsabile della crisi, in altre parole Edipo ha realmente commesso parricidio e incesto, attirando così la peste su Tebe, ma pensano anche che ora la vittima sia responsabile della riconciliazione. Di conseguenza, la vittima colpevole diventerà una divinità. Nel caso di Edipo è semplicissimo, si tratta di una divinità del matrimonio, delle regole del matrimonio che ha infranto lui stesso e che in qualche modo ha istituito infrangendole, cosa certo assurda ma che nondimeno svolge un ruolo essenziale nella genesi del religioso e dello stesso sociale.
Le somiglianze con il cristianesimo sono più forti che mai. Se osserviamo la crocifissione e la Passione, subito notiamo che è un fenomeno estremamente, incredibilmente mimetico. Ad esempio, il rinnegamento di Pietro: è evidente che interpretarlo in maniera psicologica come si fa sempre vuol dire insinuare che al suo posto noi avremmo resistito alla tentazione di rivoltarci a Cristo, e non è soddisfacente. In realtà avviene che quando Pietro si trova in mezzo a una folla ostile a Gesù, diventa ostile anche lui. È mimeticamente contagiato. E vi si trova in quanto il migliore tra i discepoli, li rappresenta tutti. Nessuno è in grado di resistere al mimetismo omicida della folla. Un’altra prova è Pilato: vorrebbe salvare Gesù, ma in quanto politico ha talmente paura della folla che le obbedisce fingendo di guidarla. Ma l’imitazione più caricaturale sono i due uomini crocifissi con Gesù che si voltano verso la folla e cercano di imitarla, vociferano con la folla, in fondo per far credere a se stessi di non essere crocifissi.
È il mito completamente spiegato e svelato. A questo punto gli antropologi vanno in visibilio, perché in fondo conoscono solo la logica del concetto. E si dicono che perché il cristianesimo fosse davvero diverso dalle altre religioni bisognerebbe che parlasse di altro. Ebbene, non è così. Il cristianesimo parla di quello che è essenziale nell’uomo, ossia del fondamento religioso delle società, che è anche il fondamento della cultura: il mimetismo violento. Deve parlare della stessa cosa dei miti. È dal momento in cui si vede quest’identità di argomento, questi rapporti estremamente vicini tra mitologia e cristianesimo, che di colpo dovrebbe apparire la differenza: nei miti i colpevoli, anche se alla fine vengono divinizzati, sono anzitutto colpevoli. Quando si parla del mito di Edipo si pensa al parricidio e all’incesto e oggi ci sembrano più veri che mai, il che è la prova che ci troviamo nel mito, perché quasi tutti credono nella psicanalisi, che non è altro che credere al parricidio e all’incesto invece di credere a una certa innocenza dell’uomo che là è reale. La differenza essenziale di Gesù è che la Passione presenta la vittima non come colpevole, ma come innocente. In altre parole, la Passione è l’unico mito che sa e proclama quello che i miti dissimulano perché non lo sanno: la vittima è un capro espiatorio innocente.
(Traduzione Anna Maria Brogi)

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