Quei pensieri da «cronista del presente»

«Se è vero che si nasce e che si muore, allora è vero che io sono nato e ancora non sono morto»: degno di un romanzo denso di promesse, l’ironico incipit del suo Autocurriculum (nel volume che accompagna la mostra Modello Italia alla Galleria d’arte moderna di Roma) ben racconta quanto Emilio Isgrò sia un artista che non solo ha fatto della parola il centro del suo lavoro, ma che sulla parola ha da sempre un controllo assoluto, un poetico dominio che va ben oltre le sue cancellazioni e la sua fascinazione da iconoclasta e raffinato innovatore del linguaggio.

«Se è vero che si nasce e che si muore, allora è vero che io sono nato e ancora non sono morto»: degno di un romanzo denso di promesse, l’ironico incipit del suo Autocurriculum (nel volume che accompagna la mostra Modello Italia alla Galleria d’arte moderna di Roma) ben racconta quanto Emilio Isgrò sia un artista che non solo ha fatto della parola il centro del suo lavoro, ma che sulla parola ha da sempre un controllo assoluto, un poetico dominio che va ben oltre le sue cancellazioni e la sua fascinazione da iconoclasta e raffinato innovatore del linguaggio.

Lo raccontano infatti, con altrettanta forza, anche le pagine dei suoi numerosi scritti: saggi, interventi critici, manifesti e pamphlets, raccolti a cura di Beatrice Benedetti in un volume dal titolo enigmatico e sornione, Come difendersi dall’arte e dalla pioggia (Maretti Editore, pp. 266, 22). Un’occasione per fermarsi e riflettere sul senso dell’arte, sulla critica, su un mondo strumentalizzato dal mercato, ma soprattutto, su un fatto che sta molto a cuore a Isgrò e al centro di tutto il suo lavoro: la responsabilità dell’artista.
In questi testi non si percepisce l’amore per la scrittura tout court, si coglie soprattutto la passione politica, il fatto di credere nell’arte come progetto ideale intorno al «valore del pensiero». Il tutto, tra utopie e disincanti, intuizioni illuminanti e definizioni di orizzonti instabili, parabole e anti-manifesti su artisti e correnti. Già nel titolo della sua mostra, Modello Italia, Isgrò sottolinea la sua aderenza con la realtà; ma si sa, questa sua vocazione ha radici lontane: non è infatti un caso che l’artista siciliano abbia frequentato le redazioni dei giornali (è stato responsabile delle pagine culturali del «Gazzettino») e proprio il suo essere stato giornalista lo rende oggi un artista a suo modo speciale, capace di osservare e raccontare il nostro presente con uno sguardo nitido, inaspettato, senza pregiudizi, quasi da inviato di razza sul fronte dell’arte. E un po’, nel privato, Isgrò ci scherza, sorride con nostalgia ricordando quella stagione della sua gioventù. E scrive: «Cancello i linguaggi dell’arte e della comunicazione per creare uno schermo fisico e mentale tra me e le cose, tra le parole e la vita, innescando quel tanto di riflessione critica che mi consenta, giudicando l’arte, di giudicare il mondo».
In fondo, Emilio Isgrò resta un sensibile e rigoroso cronista del presente: lo è scrivendo, lo è cancellando.

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