? Kristen Stewart

Festival . In concorso al Sundance «Camp X-Ray» di Peter Slatter, ambientato nel carcere americano che Obama ha tentato invano di chiudere
">

Kristen Stewart dalle braccia del vampiro a Guantanamo

? Kristen Stewart

Festival . In concorso al Sundance «Camp X-Ray» di Peter Slatter, ambientato nel carcere americano che Obama ha tentato invano di chiudere

? Kristen Stewart

Festival . In concorso al Sundance «Camp X-Ray» di Peter Slatter, ambientato nel carcere americano che Obama ha tentato invano di chiudere

La col­lau­da­tis­sima ricetta este­tica del Sun­dance, a base di sce­neg­gia­ture molto scritte, sto­rie «intime» anco­rate ai per­so­naggi e mise en scene non troppo avven­tu­rosa si è ritro­vata pun­tual­mente nei primi film visti nel con­corso fic­tion (e per­sino in uno «strut­tu­ra­tis­simo» docu­men­ta­rio, imme­dia­ta­mente acqui­stato dalla Lion­sgate, Dino­saur 13). Nel suo primo lavoro post Twi­light, alla ricerca di una nuova car­riera, Kri­sten Stewart passa diret­ta­mente dalle brac­cia del vam­piro Edward a Guan­ta­namo Bay.

Il film, dell’esordiente Peter Slat­ter, è Camp X-Ray, ed è ambien­tato nel car­cere mili­tare ame­ri­cano che Obama sta cer­cando invano di chiu­dere. Stewart è una ragazza di pro­vin­cia che si arruo­lata nell’esercito per­ché sognava di fare qual­cosa di impor­tante. Invece viene messa a far la guar­dia a un gruppo di arabi, pre­sunti ter­ro­ri­sti, di cui non si sa che fare. «Il nostro com­pito qui non è impe­dire loro di scap­pare – a quello ci pen­sano i muri. Dob­biamo invece tenerli vivi», spiega l’ufficiale di turno alla nuova arri­vata. «Dete­sto que­sto posto», la informa a un certo punto per­sino il coman­dante della base, prima di avvi­sarla che sarebbe stato meglio se non faceva rap­porto sulle irre­go­la­rità com­messe da un altro sol­dato che la umi­lia per­ché lei ha rifiu­tato le sue avan­ces ses­suali. Sia i sol­dati che i pri­gio­nieri si com­por­tano infatti un po’ come delle bestie in Camp X-Ray. A Guan­ta­namo (e non) la vita è dura per «mino­ranze» come donne e arabi, sem­bra il mes­sag­gio che preme a Slat­ter, che intesse il suo film sul com­pli­cato rap­porto tra Stewart e uno dei pri­gio­nieri (l’attore di Una sepa­ra­zione Pay­man Maadi). Lui si chiama Alì e la chiama Blon­die – due cli­ché, divisi da grate, che cer­cano di soprav­vi­vere in una situa­zione orrenda.

È un duetto duello anche quello sui cui è incen­trato Whi­plash, di Damien Cha­zelle, ex stu­dente di Har­vard applau­di­tis­simo per il suo primo lungo, Guy and Made­line (2009). Espanso da un corto omo­nimo pre­sen­tato al festi­val l’anno scorso, Whi­plash è la sto­ria del rap­porto tra un gio­vane bat­te­ri­sta jazz ter­ro­riz­zato dalla medio­crità (Miles Tel­ler) e il suo temu­tis­simo, ira­condo, vio­lento, inse­gnante di musica (J.K. Sim­mons, vera­mente cattivo).

Curioso riff sim­pa­ti­ca­mente sado­ma­so­chi­sta sui sacri­fici richie­sti dall’arte, Whil­pash non è Red Shoes ma ha musi­che molto belle (a par­tire dal brano di Hank Levy che gli dà il titolo, e un certo corag­gio anti-pc. Lo ha imme­dia­ta­mente com­prato la Sony Classics.

0 comments

Leave a Reply

Time limit is exhausted. Please reload CAPTCHA.

Sign In

Reset Your Password