Syriza e Pode­mos, il ritorno della politica

Sinistre. I modelli vincenti di una sinistra di governo, alternativa e popolare, espressione della rottura tra popolo e élite, potrebbero essere utili anche in Italia

L’azione del nuovo governo greco è il primo fatto di «grande poli­tica» all’interno dell’Unione euro­pea. Per Gram­sci, la grande poli­tica riguarda la lotta per la difesa o la tra­sfor­ma­zione di una deter­mi­nata strut­tura sociale. La pic­cola poli­tica, invece, riguarda «le que­stioni che si pon­gono nell’interno di una strut­tura già sta­bi­lita, per le lotte di pre­mi­nenza tra le diverse fra­zioni di una stessa classe poli­tica. È grande poli­tica, per­tanto, anche il ten­tare di esclu­dere la grande poli­tica dalla vita sta­tale, e ridurre tutto a pic­cola politica».

L’Unione euro­pea è stata, finora, l’elemento di grande poli­tica che ha ridotto ogni poli­tica nazio­nale a pic­cola poli­tica, cioè a tat­tica, mano­vra par­la­men­tare, chiac­chiera media­tica, avven­tura elet­to­ra­li­stica, cele­bra­zione lea­de­ri­stica, insieme di auto­ma­ti­smi di cui si può cam­biare la forma ma non la sostanza. Il governo Tsi­pras inverte per la prima volta que­sto pro­cesso, e dimo­stra come possa essere ancora fon­da­men­tale la lotta per la con­qui­sta del potere poli­tico, come possa spo­stare equilibri.

Il fatto che negli ultimi vent’anni la poli­tica – la poli­tica di parte, quella capace di intro­durre con­flitto e dibat­tito – sia stata neu­tra­liz­zata dall’Ue, dal neo­li­be­ri­smo, dall’austerità, ha costruito, per rea­zione, un campo poli­tico carat­te­riz­zato dalla frat­tura sto­rica tra popolo ed élite, tra basso e alto della società. Un campo per­fetto per i popu­li­smi e le nuove destre.

Alle ultime ele­zioni euro­pee, aste­nuti e anti-europeisti hanno costi­tuito il 70% dell’elettorato. I mec­ca­ni­smi dell’alternanza centrosinistra/centrodestra si sono con­su­mati. Ovun­que in Europa nascono “terze forze” – di destra e di sini­stra — che la sfi­dano e la incri­nano. Se da una parte c’è la tec­no­cra­zia, dall’altra è cre­sciuta, per rea­zione, la costru­zione di «popoli» imma­gi­nari, la defi­ni­zione di nemici esterni, la volontà di ripor­tare la sovra­nità den­tro i con­fini nazio­nali (cioè, di riap­pro­priar­sene), e paral­le­la­mente la richie­sta di essere pro­tetti dal mercato.

Tutte que­ste rea­zioni rap­pre­sen­tano, in forme diverse, la richie­sta pres­sante di un ritorno del Poli­tico, di ciò che è stato rimosso. I popu­li­smi offrono pro­te­zione sociale, iden­tità, pro­ta­go­ni­smo imma­gi­na­rio, senso di appar­te­nenza, la pro­messa di riap­pro­priarsi del pro­prio destino. Di fronte allo sca­te­narsi della crisi e al seque­stro della poli­tica, gli atteg­gia­menti più dif­fusi delle popo­la­zioni euro­pee sono diven­tati un insieme con­trad­dit­to­rio: volontà di par­te­ci­pa­zione diretta, affi­da­mento al Capo, radi­ca­li­smo, ribel­li­smo, ideale della demo­cra­zia diretta, favore per la ridu­zione della demo­cra­zia e per l’eliminazione dei par­titi, e quindi per la costru­zione di uno Stato forte che possa pro­teg­gere i cit­ta­dini dalle con­se­guenze più deva­stanti del mer­cato glo­bale. Ten­denze con­tra­stanti, che pos­sono essere pre­senti anche all’interno di uno stesso movi­mento poli­tico e per­fino nei sin­goli individui.

Il capo­la­voro di Syriza, così come quello che Pode­mos sta poten­zial­mente costruendo in Spa­gna, è aver agito all’interno di que­sto insieme di con­trad­di­zioni, senza sno­bi­smi, valo­riz­zan­done gli aspetti più pro­gres­si­sti e cer­cando di legarli tra loro. In que­sto con­te­sto, il caso di Pode­mos è par­ti­co­lar­mente inte­res­sante. Que­sto par­tito usa molte delle reto­ri­che e delle parole d’ordine dei popu­li­smi (l’inattualità della divi­sione destra/sinistra, la difesa della patria, lo scon­tro popolo/élite, la lotta alla Casta, ecc.), ma è rigo­ro­sa­mente di sini­stra nel pro­filo pro­gram­ma­tico. Usa tat­ti­ca­mente il lin­guag­gio che ritiene più effi­cace per accu­mu­lare con­senso, cer­cando poi di usare que­sto con­senso per affer­mare nella società un pro­filo eco­no­mico e sociale di sini­stra radi­cale. Con­si­dera quel lin­guag­gio l’unico stru­mento pos­si­bile per affer­mare quel pro­gramma. Ha stu­diato i governi boli­va­riani dell’America Latina ma anche il suc­cesso del Movi­mento 5 Stelle. La spe­ranza, in que­sto caso, è che i lea­der di Pode­mos non si iden­ti­fi­chino troppo, nel tempo, con il loro stesso lin­guag­gio, rima­nendo intrap­po­lati nello schema di una feroce rin­corsa al con­senso elet­to­rale che li obbliga a porre in primo piano l’elemento della comu­ni­ca­zione e del mar­ke­ting poli­tico. Per ora, però, il loro ten­ta­tivo è efficacissimo.

Natu­ral­mente que­sti pro­cessi hanno ria­perto la discus­sione sulla sini­stra ita­liana. Ci sono novità impor­tanti, ma non è ancora chiaro come si evol­ve­ranno. Come si intrec­ce­ranno il per­corso dell’Altra Europa e il coor­di­na­mento delle sini­stre pro­po­sto da Ven­dola? Sel con­si­dera defi­ni­ti­va­mente tra­mon­tato il centro-sinistra? Que­sti per­corsi sapranno inclu­dere reti e domande sociali, o reste­ranno interni ai con­fini della poli­tica già esi­stente? Quanto tempo si dedi­cherà alla defi­ni­zione di orga­ni­grammi fun­zio­nali a man­te­nere deli­cati equi­li­bri interni, e quanto, invece, alla costru­zione di effi­caci ini­zia­tive poli­ti­che? Si aspet­terà ancora per molto di capire cosa farà Godot, cioè le mino­ranze della mino­ranza Pd? I nostri prodi avranno il corag­gio di uscire da quel par­tito? E vale dav­vero la pena di aspet­tare que­sto Godot? Il Pd è quello che è da quando è nato. Renzi ne ha radi­ca­liz­zato la natura, non l’ha cam­biata: è un Vel­troni estre­mi­sta. Chi è ancora in quel par­tito spesso ha con­di­viso le sue scelte (com­preso il fatto di man­dare Renzi a Palazzo Chigi) e la sua cul­tura poli­tica, e ne è stato maggioranza.

Natu­ral­mente il con­te­sto spa­gnolo e quello greco sono diversi tra loro e sono diversi da quello ita­liano. Però può essere utile anche per noi vedere che cosa Syriza a Pode­mos hanno in comune. Entrambi hanno un’ottica ege­mo­nica: si rivol­gono alla mag­gio­ranza della popo­la­zione. Pola­riz­zano il campo della poli­tica con mes­saggi netti. Si sono posti in con­tra­sto con la quasi inte­rezza dei loro sistemi poli­tici ma soprat­tutto, con una forza pole­mica priva di distin­guo, con i par­titi popo­lari e socialisti.

Appa­iono come ele­mento di novità radi­cale, ener­gico, di rot­tura, alter­na­tivo a tutto quello che esi­ste. Una novità che riguarda i pro­grammi, i con­te­nuti e la forma dell’azione poli­tica, le lea­der­ship, il lin­guag­gio, sem­pre anco­rando que­sta novità, però, alla «tra­di­zione» della difesa dei biso­gni popo­lari. Offrono nuove forme di pro­te­zione sociale, un riscatto con­tro l’impoverimento, la ridu­zione al silen­zio, l’angoscia col­let­tiva. Incar­nano in diversi modi la frat­tura tra popolo ed élite, riu­scendo a porsi come rap­pre­sen­tanti del primo con­tro la seconda.

Pur essendo euro­pei­sti, par­lano di difesa della patria con­tri i suoi “tra­di­tori”, di nazione, di sovra­nità. Sono orga­niz­zati in modo ori­gi­nale, tenendo insieme mobi­li­ta­zione sociale, azione politico-elettorale e un’ottica (auto­noma) di governo, inte­grando tra loro l’orizzontalità di una par­te­ci­pa­zione estesa e la ver­ti­ca­lità della strut­tura poli­tica. Ecco, fatte tutte le dif­fe­renze, potreb­bero essere ele­menti utili anche da noi.

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