Le piazze del mondo contro il Ttip

Proteste. Mobilitazioni in 734 città, 41 solo in Italia per l’accordo di liberalizzazione commerciale

Sono 734 piazze in tutto il mondo, 41 solo in Ita­lia. Una mobi­li­ta­zione che ricorda il dicem­bre 1999, quando il movi­mento glo­bale si oppose all’allora mini­ste­riale della Wto a Seat­tle, e che oggi si mobi­lita per il Trat­tato tran­sa­tlan­tico di libe­ra­liz­za­zione com­mer­ciale Usa– Ue ( Ttip ) e il suo obiet­tivo di dere­go­la­men­tare stan­dard, nor­ma­tive e tutte quelle leggi di tutela ambien­tale e sociale con­si­de­rati «bar­riere tec­ni­che al commercio».

In decine di flash­mob, sciami di fan­ta­smi hanno vagato per le piazze ita­liane, come in piazza del Pan­theon a Roma dove gli spet­tri del Ttip si sono fatti inse­guire in mezzo a turi­sti incu­rio­siti, così come in piazza del Duomo a Milano o in via Lagrange a Torino, giu­sto per citare alcune mobi­li­ta­zioni ita­liane «Stop Ttip», a dimo­strare che il trat­tato fan­ta­sma sta gua­da­gnando visi­bi­lità nono­stante la ritro­sia della Com­mis­sione europea.

D’altro canto uno dei prin­ci­pali obiet­tivi della cam­pa­gna inter­na­zio­nale, di cui quella ita­liana è parte attiva, è pro­prio quello di spie­gare ai cit­ta­dini un nego­ziato non cono­sciuto ai più, seb­bene il nostro Governo sia stato Pre­si­dente di turno dell’Unione euro­pea. Aldilà della dema­go­gia sulla pre­sunta tra­spa­renza (uno dei nego­ziati più tra­spa­renti mai avuti, mil­lanta la Com­mis­sa­ria al Com­mer­cio Ue Malm­strom dal suo blog pro­prio il giorno della grande mobi­li­ta­zione) quanto si cono­sce del trat­tato, lo si deve all’azione dei movi­menti sociali che pochi giorni dal nuovo Round nego­ziale che ini­zierà il 20 aprile negli Stati uniti, sono riu­sciti a ren­dere pub­bli­che le richie­ste della Com­mis­sione euro­pea all’Amministrazione sta­tu­ni­tense: accesso al mer­cato degli appalti pub­blici negli Stati uniti in cam­bio di mag­giore fles­si­bi­lità in agri­col­tura. Ecco uno dei patti scel­le­rati che potreb­bero lastri­care la strada verso la firma, un grande mer­cato delle pulci dove tanto si ottiene quanto più si dà e dove ci si impe­gna a difen­dere un set­tore nel momento in cui que­sto risponde a inte­ressi consolidati.

Per que­sto quasi un milione e set­te­cen­to­mila cit­ta­dini euro­pei hanno scelto di fir­mare una peti­zione inter­na­zio­nale che chiede il blocco imme­diato dei nego­ziati, una rac­colta firme che nella gior­nata di mobi­li­ta­zione ha visto una netta impen­nata nelle ade­sioni verso quota due milioni, con­si­de­rata dalle reti inter­na­zio­nali l’obiettivo poli­tico da raggiungere.

Le cen­ti­naia di migliaia di per­sone scese in piazza nelle sei­cento piazze euro­pee e nel cen­ti­naio di mobi­li­ta­zioni sta­tu­ni­tensi, lot­tano per ridare senso al ter­mine «democrazia».

Chie­dere mag­giore par­te­ci­pa­zione non signi­fica, come spesso banal­mente sem­pli­fi­cato dai soste­ni­tori del Ttip, «nego­ziare in 800 milioni di cit­ta­dini», ma vuol dire essere con­si­de­rati parte in causa e coin­volti diret­ta­mente, anche tra­mite i Par­la­menti, ad oggi con un ruolo defi­lato. Ridando potere i cit­ta­dini ed evi­tando, ad esem­pio, che i Par­la­men­tari euro­pei abbiano le armi spu­tate nel dare pareri non vin­co­lanti, rati­fi­cando solo alla fine un trat­tato con la for­mula «pren­dere o lasciare» senza pos­si­bi­lità di emen­da­mento. O evi­tando le limi­ta­zioni all’accesso ai docu­menti nego­ziali impo­ste per­sino ai par­la­men­tari euro­pei, come l’europarlamentare di Pode­mos Ernest Urta­sun ha recen­te­mente denun­ciato ai media spagnoli.

I docu­menti resi pub­blici dall’Unione euro­pea gra­zie alle pres­sioni dell’opinione pub­blica e dell’Ombudsman euro­peo, sono solo testi legali di posi­zio­na­mento e non chia­ri­scono l’effettivo livello di com­pro­messo e lo stato dell’arte del nego­ziato. E forse è per­sino logico che sia così, con­si­de­rato che gli inte­ressi che si stanno tute­lando, non sono certo quelli della mag­gio­ranza dei cit­ta­dini euro­pei e statunitensi.

Die­tro alla dema­go­gia della difesa delle Indi­ca­zioni geo­gra­fi­che per Paesi come l’Italia, per esem­pio, o dell’aumento dell’export che por­te­rebbe bene­fici dif­fusi, c’è una poli­tica che parla di con­ces­sioni a pochi pri­vi­le­giati, di una posi­zione di difesa delle tipi­cità che but­te­rebbe fuori mer­cato la mag­gior parte delle nostre pic­cole pro­du­zioni di qua­lità a tutto van­tag­gio di pochi grandi espor­ta­tori, di un abbat­ti­mento degli stan­dard di qua­lità su agri­col­tura e chi­mica che ha fatto per­sino pre­oc­cu­pare la Com­mis­sione Ambiente del Par­la­mento Euro­peo in una sua recente risoluzione.

A tutto que­sto si aggiunge una poli­tica di tutela degli inve­sti­menti che svuo­te­rebbe defi­ni­ti­va­mente il potere di con­trollo dei mer­cati da parte dei Governi, con­ce­dendo alle imprese il potere di denun­ciare i Governi a causa di legi­sla­zioni non gra­dite. Nono­stante tutto que­sto, nono­stante le pro­messe di Renzi a Obama, que­sto 18 Aprile c’è un mondo che ha detto «Stop Ttip». Una posi­zione che, d’ora in avanti, sarà impos­si­bile ignorare.

*Pre­si­dente Fair­watch / Cam­pa­gna Stop Ttip Italia

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