Uno «sbirro» in prefettura

Roma. Franco Gabrielli è il nuovo prefetto di Roma. Una vita passata indagando su mafia e terrorismo

Un uomo della Pro­te­zione civile nomi­nato pre­fetto di Roma a pochi mesi dall’inizio dell’Anno santo straor­di­na­rio. Ma soprat­tutto un inve­sti­ga­tore esperto di cri­mi­na­lità orga­niz­zata e ter­ro­ri­smo a guar­dia della città che fino a ieri ha visto spa­dro­neg­giare nelle sue strade Mafia capi­tale e che, come se non bastasse, è finita anche nel mirino dei jiha­di­sti dell’Isis. Franco Gabrielli, Capo dipar­ti­mento della Pro­te­zione civile, è il nuovo pre­fetto di Roma in sosti­tu­zione di Giu­seppe Peco­raro che va in pen­sione per rag­giunti limiti di età. Toscano di Via­reg­gio, dove è nato nel 1960, spo­sato e con tre figli, è stato nomi­nato ieri dal con­si­glio dei mini­stri ed è l’uomo scelto da Mat­teo Renzi come pre­fetto di una città in cui le inchie­ste hanno finito con il coin­vol­gere anche impor­tanti espo­nenti del Pd romano. Insomma, sem­bre­rebbe pro­prio l’uomo giu­sto al posto giu­sto, chia­mato in uno dei momenti più dif­fi­cili per la città. Sarà forse anche per que­sto che la noti­zia della sua nomina è stata salu­tata con sod­di­sfa­zione da Igna­zio Marino, il sin­daco che pro­prio nel Pd cit­ta­dino ha più di un nemico. «Sono felice. Gabrielli è una figura di straor­di­na­ria pre­pa­ra­zione e gli fac­cio i miei migliori auguri di buon lavoro», è stato il com­mento a caldo del primo cit­ta­dino.

E’ la seconda volta che Gabrielli viene chia­mato a svol­gere il ruolo di pre­fetto. La prima fu nel 2009 all’indomani del ter­re­moto del 6 aprile quando il governo Ber­lu­sconi lo mise alla guida della pre­fet­tura dell’Aquila per gestire l’emergenza post-sisma e con­trol­lare la rego­la­rità degli appalti per la rico­stru­zione. Ma la sua car­riera il futuro capo della Pro­te­zione civile se l’è costruita «man­giando tanta pol­vere», come ama ricor­dare, inda­gando su mafia e ter­ro­ri­smo. Comin­cia alla Digos di Impe­ria per poi spo­starsi a Firenze dove rimane fino al 1996 e dove coor­dina con suc­cesso le inda­gini sulla strage mafiosa di via dei Geor­go­fili prima di pas­sare al Ser­vi­zio cen­trale di poli­zia cri­mi­nale. Nel 2000 di nuovo nella Digos, ma que­sta volta a Roma. E qui, nomi­nato diri­gente nel 2001, indaga sugli omi­cidi di Mas­simo D’Antona e Marco Biagi, arri­vando nel 2003 all’arresto della dire­zione stra­te­gica delle nuove Br e del gruppo di fuoco. Nel 2005 viene nomi­nato capo del Ser­vi­zio centrale anti­ter­ro­ri­smo, interno e inter­na­zio­nale e, l’anno dopo, a capo del Sisde, il ser­vi­zio segreto civile (in seguito Aisi).
La sua «seconda vita», Gabrielli la comin­cia nel 2010, quando nomi­nato vice Guido Ber­to­laso in una pro­te­zione civile giù tra­volta dalle inchie­ste. Inca­rico che rico­pre però per breve tempo: sei mesi appena, tra­scorsi i quali Gabrielli diventa il nuovo capo del dipar­ti­mento. «Vado, cerco di capire, di impa­rare e poi mi attrezzo», disse la prima vota che entrò negli uffici di via Ulpiano a Roma. Ha impa­rato in fretta gestendo negli ultimi cin­que anni tutte le prin­ci­pali emer­genze, dalle allu­vioni al disa­stro della Costa Con­cor­dia nau­fra­gata davanti l’isola del Giglio supe­rando ogni volta dif­fi­coltà e pole­mi­che. Le ultime lo hanno coin­volto pochi giorni fa, quando già cir­co­lava il suo nome come futuro pre­fetto di Roma, e riguar­dano la deci­sione di chie­dere la resti­tu­zione dei risar­ci­menti rice­vuti a una parte delle vit­time del ter­re­moto dell’Aquila, deci­sione seguita all’esito del pro­cesso d’appello ai mem­bri della com­mis­sione grandi rischi.
Adesso per Gabrielli comin­cia il ritorno al futuro, al suo vec­chio mestiere di poli­ziotto alle dipen­denze del mini­stero degli Interni. Insomma torna a fare lo «sbirro», come lui stesso si defi­ni­sce, sapendo di avere davanti a sé una sfida dif­fi­cile per­ché, ha spie­gato ieri subito dopo la nomina, «Roma è la capi­tale, con tutto ciò che signi­fica» e per tutte «le cri­ti­cità legate al con­te­sto internazionale».

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