Il centro sociale di Rigaerstrasse ha festeggiato «25 anni di resistenza» con una settimana di iniziative e scintille con i Robocop della polizia
Storie. Il centro sociale di Rigaerstrasse ha festeggiato «25 anni di resistenza» con una settimana di iniziative e scintille con i Robocop della polizia Dalla piattaforma Linkunten un attacco telematico al gruppo editoriale Springer. E a Kreuzberg, che «somiglia sempre più alla vecchia Belfast», continua il braccio di ferro fra gli eredi delle baracche di Cuvrystrasse e la società immobiliare estera che aspetta di costruire
Sanpietrini sulle auto della polizia, sabotaggio della stampa «nazista», rioccupazione degli spazi sgomberati a beneficio dei privati.
Storia degli anni Settanta? No, cronaca dell’estate 2015 nella «zona rossa» di Berlino. Riot alla tedesca, nei quartieri come dentro la rete.
Di certo non è l’inizio di un nuovo «autunno in Germania», me sicuramente è un bel problema per la capitale tedesca che riscopre la contestazione anche sul fronte interno.
Un assedio quasi quotidiano, praticato secondo lo schema del blitzkrieg, veloce quanto basta a rilanciare il messaggio a chi di dovere. Anche l’unica forma di opposizione radicale alla «gabbia» della socialdemocrazia ormai declinata solo al politically correct. Finora, nessuna vittoria per gli antagonisti, anzi. Ma la trincea degli «altri tedeschi» si allunga e ora «combattono» anche italiani, spagnoli e greci. Portano la solidarietà europea alla lotta contro banche e speculatori: la stessa che manca al governo della Grosse Koalition.
Settimana lunga
Liebigstrasse, lato nord di «via Riga», 12 luglio, ore 22.30: l’ingresso del centro sociale del quartiere «samaritano» è blindato da un cordone di poliziotti in assetto Robocop.
Di fronte sei camionette della polizia e un mezzo dotato di mega-riflettori che illumina a giorno la scena.
Sulla strada 200 persone aspettano di rientrare «a casa», cioé negli alloggi occupati dopo la caduta del muro, mentre i tetti vengono scandagliati da un elicottero in appoggio alla perquisizione degli agenti.
Di fatto l’operazione chiude «la lunga settimana di Rigaerstrasse»: dibattiti, spettacoli e seminari degli squatter berlinesi che protestano contro la svendita del quartiere e celebrano «25 anni di resistenza».
Non sono passate nemmeno 24 ore dalla manifestazione sfociata nell’occupazione temporanea di Frankfurter Allee, principale arteria di Berlino Est, con blocco del traffico.
È trascorsa una manciata di tempo dal fermo di una ragazza colpevole di aver lanciato (in aria) un razzetto planato in mezzo ai poliziotti. Arresto da manuale, con i Robocop che circondano «la sospettata» e la portano via sollevandola per le gambe, mentre il responsabile di turno intima (chiedendo «per favore»…) agli altri di liberare la strada.
Un po’ di gioco del gatto con il topo con l’occupazione dell’aiuola spartitraffico che divide il boulevard, slogan contro polizia e la Germania, finchè tutto rientra nei ranghi della protesta pacificata e confinata sul marciapiede.
«Di più non possiamo fare» si giustificano gli organizzatori della demo, mentre Franca (un passato da attivista dei centri sociali a Venezia) esprime scetticismo: «Impensabile che si permetta agli sbirri di entrare nel corteo. Non sono per la violenza in sé e nemmeno di quelli che vogliono spaccare tutto, però i compagni vanno difesi».
Più o meno ciò che pensa una coppia di greci, cui la scena appare altrettanto incredibile: «Ad Atene sarebbe finita… diversamente» sibiliano. Con loro ci sono anche gli antifascisti spagnoli pronti a portare «la solidarietà della vera Europa».
Ma c’è comunque da tenere conto dell’antefatto. Due giorni prima sulla Rigaerstrasse alcune auto della polizia vengono centrate da bottiglie e cubetti di porfido. A lanciarli è un gruppo di antagonisti saliti sui tetti delle case dove si staglia a caratteri cubitali la scritta «ACAB». Il risultato sono 10 arresti e 18 denunce per violenza, resistenza e danneggiamenti, insieme all’occupazione militare degli spazi occupati.
Così la polizia spegne la manifestazione, ma non i motivi della protesta: i nuovi edifici di lusso in costruzione proprio di fronte al centro sociale. Otto «ville urbane» e 155 appartamenti (affitto: da 9 euro al mq più spese) costruite da Sanus Ag e in parte già vendute: faranno impennare gli indici immobiliari della zona e completeranno la gentrificazione di Friedrichshain.
Di qui la necessità, per gli squatter, di stabilire il giusto prezzo. «I politici si interessano solo ai conti? Ècco il nostro costo accessorio…».
Server del potere
Espulso dalla rete per più di 20 ore, con i tecnici a caccia del baco e i lettori avvertiti degli improvvisi «problemi tecnici». L’8 luglio un attacco informatico manda in tilt il server centrale del B.Z. quotidiano berlinese affiliato alla Bild. È uno dei due organi di informazione (l’altro è il Morgenpost) del gruppo Axel Springer nella capitale, da sempre in prima linea contro la sinistra non solo radicale. È lo stesso editore accusato di essere tra i «mandanti» dell’attentato al leader del movimento studentesco Rudi Dutschke l’11 aprile 1968: un nemico dichiarato per i «disobbedienti» di ieri e di oggi.
Per questo i Chaoten di sinistra — così li chiamano i giornalisti del B.Z. — attaccano il quotidiano e rivendicano l’azione contro la «stampa bugiarda». In redazione minimizzano anche con l’aiuto dei tweet degli abbonati: «Dilettanti allo sbaraglio, nemmeno veri hacker, danni irrisori, dopo poche ore il giornale è di nuovo on line».
È così, ma l’attacco telematico partito dalla piattaforma Linkunten e «firmato» via Indymedia spiega le vere ragioni del boicottaggio.
«Abbiamo risposto alle continue provocazioni della polizia violando il sito del giornale-spazzatura del gruppo Springer. Ha partecipato alla pasturazione mediatica della Lunga settimana di Rigaerstrasse». Prima di scrivere nomi e cognomi dei giornalisti votati alla disinformazione: «Tom Schreiber e Benedikt Lux che utilizzano le pagine del quotidiano per la propaganda contro le politiche progressiste e di emancipazione» oppure «il columnist nazista Gunnar Schupelius che grida ripetutamente contro i richiedenti asilo e contro tutto ciò che non corrisponde alla vecchia società conservatrice». In buona sostanza, secondo Linkunten, «gli articoli del gruppo Springer vengono utilizzati dalla polizia per giustificare misure preventive contro il nostro festival». Reazione di parole e rivoluzione, per ora, solo semantica. «Da oggi Rigaerstrasse si chiama Dorfplatz»: la piazza del paese.
Fuochi
Aveva fatto notizia per la cancellazione del murale dell’artista italiano Blu che ha deciso di distruggere la sua opera per protestare contro la speculazione. Eppure, l’accampamento di Cuvrystrasse nel quartiere di Kreuzberg ha una storia parallela da raccontare.
Il 18 settembre 2014 un incendio distrugge la favela sulle rive della Sprea: è l’occasione per la polizia di recintare l’area e impedire la ricostruzione delle baracche abusive. Alla base ineccepibili motivi di sicurezza, anche se tutti a Berlino sanno che il terreno appartiene a un società immobiliare estera che aspetta solo lo sgombero per poter avviare il cantiere.
Pochi rimpiangono quella specie di terra di nessuno abitata da gente di ogni genere, molti rimpiangono una cittadella comunque alternativa.
Così all’inizio dell’estate con un blitz (non così) improvviso un gruppo di persone tenta la riconquista almeno del campo in erba. Vengono subito boccati dagli agenti in assetto anti-sommossa a tempi di record.
Lo schieramento è davvero da guerra e più di qualcuno nota che Kreuzberg «somiglia sempre più alla vecchia Belfast» con i check point piazzati a ogni angolo.
I cinici residenti, preoccupati della perdita di valore delle abitazioni, si augurano «fiamme purificatrici» contro le nuove occupazioni.
Deve essere quello che ha pensato l’insegnante di musica di Stieglitz, 48 anni, estremista di destra, infiammato da identica foga piromane ma ben più pericoloso.
Lo hanno arrestato dopo che ha dato fuoco a una decina di strutture, come minimo nevralgiche: dallo Schloss Bellevue, dove vive il presidente della Repubblica Joachim Gauck, alla Cancelleria dove lavora Angela Merkel, passando per la sede Cdu a Mitte.
Ma non finirà mai di fronte ad un tribunale: il 13 luglio, secondo le fonti ufficiali, si è ucciso nella sua cella. Come da tradizione tedesca.
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