Gre­cia, restare sul ring per tenere aperta la possibilità dell’alternativa

oggi, almeno vir­tual­mente, votiamo anche noi. Come andrà a finire la vicenda greca riguarda tutti gli euro­pei. Per­ché il governo di Syriza ha aperto, final­mente, un con­ten­zioso di carat­tere gene­rale

Non sono greca e per­ciò dome­nica non voto. Tan­to­meno sono auto­riz­zata a sug­ge­rire ai greci come votare. Ma non me la sento nem­meno di dire che que­sta mia asten­sione deriva dal fatto che i loro sono affari che non mi riguar­dano. Se un anno fa in tanti ci siamo ritro­vati a soste­nere (o meglio a costruire) una lista che si è chia­mata l’«altra Europa con Tsi­pras» non è stato per via di una stra­va­ganza moda­iola, per­chè Siryza stava vin­cendo e noi in Ita­lia no. E’ stato per­chè abbiamo capito che la par­tita che Ale­xis stava ingag­giando con i mostri dell’euro capi­ta­li­smo era anche la nostra partita.

Per que­sto oggi, almeno vir­tual­mente, votiamo anche noi. Come andrà a finire la vicenda greca riguarda tutti gli euro­pei. Per­ché il governo di Syriza ha aperto, final­mente, un con­ten­zioso di carat­tere gene­rale su cosa debba e cosa non debba essere l’Unione Euro­pea, una que­stione che è desti­nata a segnare il nostro futuro e dun­que tutti ci coinvolge.

Fino al luglio scorso su quale fosse la nostra parte poli­tica non ci sono stati dubbi. È facile quando le cose si svi­lup­pano in modo lineare. Pur­troppo, però, non accade quasi mai. Non è acca­duto nep­pure in que­sto caso.
Sap­piamo tutti di cosa sto par­lando: della rot­tura che si è veri­fi­cata in Syriza per via di un diverso giu­di­zio su un que­sito reso dram­ma­tico dalle con­di­zioni feroci in cui è stato posto: accet­tare, pur con­si­de­ran­dolo tre­mendo, di gestire il memo­ran­dum che con­te­neva il dik­tat della Troika, spe­rando di riu­scire ad evi­tare i danni peg­giori, e cioè cer­cando di ren­dere almeno un po’ più equa la stu­pida auste­rità impo­sta, oppure rifiu­tare, e sce­gliere la strada imper­via di una iso­lata uscita dall’Eurozona.

Io sono fra coloro che riten­gono la scelta di Tsi­pras sacro­santa. L’uscita iso­lata dall’euro avrebbe avuto costi inso­ste­ni­bili per un paese che non è auto­suf­fi­cente in quasi nulla, che sarebbe stato comun­que obbli­gato a ripa­gare il debito, che si sarebbe tro­vato nelle con­di­zioni di non riu­scire a far fronte alle esi­genze più ele­men­tari di sopravvivenza.

Fran­ca­mente il Piano B pre­sen­tato da Varou­fa­kis e l’opzione soste­nuta da chi da Syriza ha pen­sato di dover­sene andare non mi convince.

Sono d’accordo con Tsi­pras non per­chè ritengo si debba in ogni cir­co­stanza pri­vi­le­giare lo stare al governo seb­bene impo­tenti anzi­chè all’opposizione.

Ma per­ché quello su cui occorre deci­dere è quale delle due opzioni per­mette di accu­mu­lare più forza per costruire una alter­na­tiva reale. Per dif­fi­cile che sia, nella con­creta situa­zione greca, rinun­ciare a quel tanto di potere che ha anche un governo stretto dalla Troika lasce­rebbe il paese alla fru­stra­zione e allo sbando.

Dome­nica non si vota per sce­gliere fra Piano A — cer­care di gestire al meglio il Memo­ran­dum e pren­dere tempo — e Piano B, andar­sene dall’Euro man­dando al dia­volo Bru­xel­les. Il con­flitto su que­ste due pos­si­bili opzioni ha lace­rato Syriza, ha diviso com­pa­gni con cui abbiamo lot­tato e cui ci legano ami­ci­zia e anche affetti di lunga data. È un dibat­tito legit­timo, almeno fin quando non assume i toni rituali della peg­gior tra­di­zione comu­ni­sta: l’accusa reci­proca di tra­di­mento. È un dibat­tito che non è desti­nato ad esau­rirsi il 20 di settembre.

Seb­bene io con­di­vida la scelta di Tsi­pras e della mag­gio­ranza di Syriza ritengo che l’opzione di porre fine alla moneta unica euro­pea sia una discus­sione degna di atten­zione. Se però si trat­terà di una scelta con­di­visa da almeno un certo numero di governi e comun­que da un forte schie­ra­mento poli­tico sociale euro­peo; e da un pro­getto alter­na­tivo che non rischi di man­dare all’aria, assieme all’Unione Mone­ta­ria, anche la spe­ranza di una unione politica.

Di cui abbiamo biso­gno se vogliamo ridare alla poli­tica, e dun­que a un con­trollo del mer­cato da parte dei cit­ta­dini, qual­che spe­ranza. Per­ché a livello nazio­nale non sarà mai più pos­si­bile, e a livello glo­bale è illu­so­rio, L’articolazione regio­nale che si chiama Europa è l’ultima pos­si­bi­lità che abbiamo: per­chè si tratta di una dimen­sione ragio­ne­vole e per­ché que­sto ter­ri­to­rio, nono­stante tutti cri­mini che le sue classi diri­genti hanno per­pe­trato nei secoli, è anche e direi sopra­tutto, il con­ti­nente dove la sto­ria ha pro­dotto il più alto livello di lotte libe­ra­to­rie e di con­qui­ste sociali e poli­ti­che. Non è poco, e non vor­rei met­tere a rischio que­sto patri­mo­nio che rap­pre­senta una base solida da cui ripar­tire per ritro­varmi una pagliuzza dispersa nel globo. Per que­sto ritengo che si debba rima­nere sul ring, e non andar­sene come un pugile fru­strato, cac­ciato dall’arroganza di Scheu­bele. Io dome­nica, col cuore, voto per Ale­xis. E lo vote­rei anche se fossi con­vinta che occorre uscire dall’Euro. Per­chè ognuna delle due ipo­tesi ha biso­gno che al governo in Gre­cia non torni la destra. Per lasciar aperta una spe­ranza è neces­sa­rio sal­va­guar­dare il primo governo di sini­stra della Gre­cia, quello di Syriza.

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