Spigolature dal Novecento. La agenda Rivoluzionaria 2017

In libreria l’agenda Rivoluzionaria 2017 (Mimesis editore: un antidoto alla perdita della memoria

«Gli avvocati sono coscienze prese a noleggio», ebbe a dire a suo tempo Lenin. Con la sfera della giustizia il padre della Rivoluzione russa aveva avuto inevitabilmente a che fare: chi non ha conosciuta la galera non può dirsi davvero rivoluzionario. Pur avendo studiato giurisprudenza, prima di essere espulso dall’università a causa delle manifestazioni politiche che promuoveva, Lenin evidentemente non coltivava una buona opinione della professione forense.

A ricordare anche quella pietra miliare della Storia del secolo scorso, è da poco arrivata in libreria l’agenda Rivoluzionaria 2017 (Mimesis editore, 16 euro). Curata da Davide Steccanella, un legale milanese che, diversamente, ha avuto la propria coscienza presa non in affitto da qualche cliente bensì in ostaggio da una forte passione: quella per le vicende del Novecento e, in particolare, per quel suo significativo frammento che sono stati gli anni Settanta.

Secolo e anni di rivolte, guerriglie, rivoluzioni. Riuscite raramente e degenerate altrettanto, tentate spesso, fallite il più delle volte.

Quella italiana, oltre a essere stata sconfitta, assieme a lunghi periodi di carcere per svariate migliaia di militanti che hanno osato tentarla, ha subìto la più tremenda delle sanzioni: la dannazione della memoria, la sua mistificazione e trasformazione in storia criminale.

Pure per questo motivo è particolarmente benvenuta e utile quest’iniziativa editoriale controcorrente. 365 notizie, una per giorno, spaziano in tutti i paesi e lungo tutto il Novecento a rinfrescare memorie stanche, a rinfrancare quelle avvilite, a nutrire quelle imberbi e acerbe.

Di necessità sintetiche nonostante la rilevanza di molti dei fatti richiamati, le notizie di questa particolare cronologia se non hanno la possibilità di riferire con esaustività hanno almeno il pregio di richiamare nomi ed eventi troppo spesso malamente archiviati. Chi vorrà, troverà lo spunto e la spinta per approfondire, per capire meglio e demistificare la storia ufficiale, che ha trasformato in cronaca quella che non di rado è stata la colonna sonora di un secolo di cambiamenti. Sanguinosi anche; necessari spesso. Col merito aggiuntivo di mandare in libreria questo utile strumento nella ricorrenza di quella Rivoluzione d’ottobre che è scoppiata a novembre: a ricordare paradossi della Storia e differenze di calendari. Vero è, infatti, che l’insurrezione bolscevica culminò il 6-7 novembre 1917, secondo il calendario gregoriano, corrispondenti al 24-25 ottobre del calendario giuliano allora ancora in vigore in Russia. Tredici giorni prima: ché, come è normale, le Rivoluzioni forzano e anticipano i cambiamenti, sovvertono mondi e calendari, sparano sugli orologi, come nella Comune di Parigi.

Il volume si apre con una notizia del 1° gennaio 1969: la contestazione studentesca davanti alla Bussola di Viareggio, luogo di divertimento e dei capodanni della buona borghesia, repressa dalla polizia, che spara e ferisce alla schiena il giovane Soriano Ceccanti, rimasto paralizzato.

L’ultima pagina richiama invece la morte, avvenuta il 31 dicembre 1987, di “nonna Mao”, al secolo Cesarina Carletti. Figlia di un operaio anarchico ucciso a botte dai fascisti nel 1940, divenne partigiana nelle valli di Lanzo; fu ferita, torturata e deportata dai nazisti nel lager di Ravensbruck. Nel 1975 venne arrestata dai magistrati democratici in quanto sospetta appartenente alle Brigate Rosse.

Due episodi tra i tanti, ma già capaci di incrinare, nella loro asettica obiettività, molti dei luoghi comuni con i quali sono stati trasmessi gli anni Settanta italiani.

L’agenda racconta, a salti e in piccole pillole, i nostri tempi di oggi e le loro radici di ieri. Con qualche incursione anche nell’altroieri, ovvero nel Sette e Ottocento (o persino nel Seicento, con la morte di Masaniello); pretesa forse eccessiva. Tanto più dovendo, stante lo spazio limitato, di necessità operare una selezione, non sempre comprensibile quanto a criteri utilizzati, tra fatti di analogo o superiore rilievo. Selezione che, quanto alle esperienze di lotta armata italiana, ma anche europee, privilegia, manco a dirlo, quella delle Brigate Rosse.

Lo spazio costretto poteva essere ragione in più per concentrarsi su un filo conduttore più riconoscibile e coerente, sacrificando piuttosto, notizie decisamente più eccentriche quali l’assalto jihadista con la strage a “Charlie Hebdo”, l’inizio della guerra tra Croazia e Slovenia nel 1991 o l’invasione del Biafra nel 1967, solo per fare alcuni degli esempi possibili.

Inevitabile qualche piccolo neo, per imprecisione od omissione, in un’opera decisamente e complessivamente meritoria e – perché – inattuale. Uno per tutti: la mancata citazione del suicidio di Enrico De Simone, il compagno che gestiva la comunità “Sotto i ponti” di Bene Vagienna, che il 23 settembre 1998 decise di seguire la sorte di Maria Soledad “Sole”, la giovane anarchica che si era uccisa l’11 luglio in quella stessa comunità dove era ospitata agli arresti domiciliari, e del suo compagno Edoardo Massari “Baleno”, impiccatosi il 28 marzo nel carcere delle Vallette di Torino. I due ragazzi, prontamente e spregiativamente definiti squatter dalla stampa, erano stati arrestati dai magistrati torinesi nel quadro di una ingarbugliata inchiesta sui cosiddetti “Lupi grigi” della Val di Susa, dove si intrecciavano traffici di armi, mafiosi, neofascisti, servizi segreti, ex carabinieri del nucleo antiterrorismo del generale Dalla Chiesa.

Una piccola e infame strategia della tensione piemontese, premessa del grande business dell’Alta velocità. Strategia passata per la Brown Bess, un’armeria di Susa dalla quale sparirono 397 pistole e per Franco Fuschi, un inquietante personaggio legato ai servizi segreti che confesserà ben 11 omicidi, e che si è scaricata per intero sul capro espiatorio della situazione: tanto per cambiare, gli anarchici. Baleno, Sole e Silvano Pellissero, l’unico sopravvissuto della tragica vicenda consumatasi in pochi mesi. E, appunto, il sempre dimenticato Enrico.

Del resto, la dannazione della memoria che colpisce inesorabilmente rivoluzionari e sovversivi, se sconfitti, serve non solo a demonizzare, inibire e ridurre i processi storici a sequenze di episodi di cronaca nera, ma anche a coprire e nascondere i tanti episodi indicibili che hanno visto all’opera la faccia nascosta e criminale dello Stato e dei suoi apparati.

Argomento, ci auguriamo, per una prossima cronologia e Agenda.

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