Roma. La sindaca, contestata dai movimenti, promette tolleranza zero. Il Comune esclude le «frange estreme»: «Vogliono solo scavalcare chi è in graduatoria»
Il nuovo fronte sociale della giunta romana è quello della casa. Ieri Virginia Raggi è stata duramente contestata dagli occupanti dei movimenti cittadini che da mesi chiedono che il comune adoperi i fondi per le case stanziati dalla delibera regionale strappata dopo anni di lotte. Raggi, reduce da un vertice in prefettura, ha sostanzialmente ribadito quanto annunciato da un post su Facebook, prontamente rilanciato dal blog di Grillo: spenderanno i primi 30 milioni di euro provenienti dalla Regione, ma non ha intenzione di dare spazio a quelli che lei definisce «abusivi».
«Dobbiamo dare priorità alle persone che aspettano la casa e sono in graduatoria da decenni», ribadisce Raggi. Che fine faranno tutti quelli che stanno per strada dopo gli ultimi sgomberi? «Abbiamo offerto aiuto per le fragilità, ma è stato più volte rifiutato», dice Raggi, delegando agli assistenti sociali una vicenda tutta politica. Poi prosegue: «Parallelamente stiamo lavorando sul tema dell’emergenza abitativa, ma sia chiaro che il percorso non può deviare dal solco della legalità. Non possiamo creare guerre tra poveri».
LA PARTITA SI GIOCA su due piani, intrecciati dal precipitare degli eventi ma formalmente distinti. Da una parte ci sono le emergenze legate agli sgomberi di quest’estate, ultimo e più clamoroso quello di via Curtatone.
Dall’altra c’è una vertenza che va avanti da anni, censimenti e liste di attesa compilate da tempo e frutto delle trattative tra movimenti di lotta per la casa e istituzioni. Sebbene nei dispacci della sindaca si mescolino le ombre di Mafia Capitale con i riferimenti a oscure «frange estreme» di occupanti, bisogna sapere che chi ha contestato ieri Raggi costruisce da anni vere e proprie forme di welfare autogestito, che la giunta grillina rifiuta di riconoscere in quanto «illegali». La delibera al centro del conflitto definisce una cornice di interventi per il diritto alla casa e stabilisce che il 30% delle assegnazioni venga riservato agli occupanti.
Si tratta, invece, di persone (almeno 10 mila, stando alle stime più prudenti) che tutto hanno fatto tranne che starsene in panciolle ad aspettare le chiavi di una casa popolare: vengono da anni di durezze e conflitti, lavori di autorecupero di stabili abbandonati e intervento sociale nei quartieri. Per di più pare che Raggi non abbia intenzione di impiegare i fondi regionali per riqualificare pezzi di città e destinarli ad abitazioni: c’è il rischio che si costruiscano nuovi ghetti in periferia o che si acquisisca l’invenduto dei signori del cemento capitolino. Il contrario di quanto aveva proposto Paolo Berdini, l’assessore all’urbanistica che nella scorsa primavera ha abbandonato la giunta in polemica con le scelte della sindaca.Ma per Raggi, questi sarebbero dei semplici abusivi che vogliono scavalcare onesti cittadini.
IN SERATA è arrivato un durissimo comunicato della Federazione romana del sindacato di base Usb, che al principio aveva aperto delle linee di credito verso l’amministrazione targata Movimento 5 Stelle. «È sconcertante vedere una giunta che aveva saputo intercettare le aspettative di centinaia di migliaia di romani su un programma che prevedeva la salvaguardia del carattere pubblico delle aziende, il sostegno alle periferie, una forte attenzione al diritto alla casa, una politica di reale inclusione, produrre adesso questo autentico voltafaccia», si legge nel comunicato, che rilancia con maggiore vigore uno sciopero cittadino per il 29 settembre prossimo.
Raggi, come se non bastasse, promette tolleranza zero contro le occupazioni. Si temono nuovi sgomberi, questa volta in concordia con il Viminale e le scorciatoie poliziesche delle norme varate da Marco Minniti con la scusa del «decoro».
FONTE: IL MANIFESTO
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