Vincenzo Sparagna: tra satira e rivoluzione, il lungo viaggio sino a Frigolandia

Ha creato giornali che vendevano molto senza ricavarne una lira. Ha inseguito le rivoluzioni per mezzo mondo arrivando sempre troppo presto o troppo tardi, dialogando con governi e opposizioni, creando scompiglio con le sue imprese goliardiche e infine scappando in modo avventuroso. A Cuba si è permesso di smentire chi diceva che Castro era sempre stato marxista-leninista, in Portogallo a Otelo Saraiva del Carvalho, uno dei principali leader della Rivoluzione dei Garofani, ha cercato inutilmente di spiegare che «a Otè, qua il programma non ci sta. Il programma in senso gramsciano, sai, che è non mica una lista di cose da fare».

Entusiasta e scettico, pigro ma pronto a buttarsi se c’è un’impresa che lo convince, Vincenzo Sparagna, classe 1946, giornalista, disegnatore, editore, attivista, ha sempre avuto e ha l’aspetto di un leone che sa godersi l’attimo, non si agita a vuoto, sonnecchia godendosi il sole e il vento ma tiene occhi e orecchie bene aperti. Perché se c’è da fare, un attimo e il leone è in piedi. Oggi Sparagna vive in Umbria, a Giano, in una comunità in mezzo al bosco che ha chiamato Frigolandia e da cui vogliono cacciarlo insieme ai suoi collaboratori, alle redazioni dei due giornali che pubblica, all’archivio. Alla domanda «Dovessero riuscirci, dove andrete?», risponde ridendo: «Boh». Lui non si preoccupa mai. È vaccinato dalla sua napoletanità, dall’ironia, dall’essere abituato a cavarsela in tutte le situazioni, perché «so’ stato sempre in mezzo a’ guai».
Hai lavorato nella direzione del Male e di Cannibale, fondato tanti giornali tra cui Frìzzer, Tempi supplementari, Vomito, ma soprattutto giornali di satira politica e sociale come Frigidaire e Il Nuovo Male, che arrivavano a volte oltre le 100 mila copie, facevano parlare, suscitavano risate ma anche scandalo. Oggi sembra non esserci più spazio per giornali del genere. Perché, che cosa è cambiato?

È cambiato il sistema della comunicazione. La velocità, Internet. I testi devono essere sempre più corti, le edicole chiudono. Ma Frigidaire e Il Nuovo Male ancora esistono, in versione cartacea per gli abbonati, con pagine su Facebook e il sito frigolandia.eu, e non è vero che la satira sia morta. Viene data per morta da sempre ed è sempre stata viva.

Come lavoravate? Come confezionavate il vecchio Frigidaire, quello degli anni 80?
All’inizio aveva un nucleo centrale, Scozzari, Pazienza, Tamburini ed io. Sono sempre stato un direttore factotum, che segue dalla grafica all’impacchettamento delle copie, e anche un direttore-dittatore: si discuteva ma poi decidevo io per tutti e contro tutti. Ci sono stati momenti bellissimi, a metà degli anni 80 quando io e Pazienza inventammo in parallelo Frìzzer, che trattava di arte ma sempre con questo occhio beffardo. Si passavano in redazione intere giornate. Pazienza un certo punto spariva e si chiudeva in una stanza con una ragazza, Scozzari lo spiava dalla serratura e veniva a dirmelo. Io gli rispondevo ma che ti importa, ma lascialo fare…

Parlando di beffe, ne hai ideate tante: un falso Trybuna Ludu, organo ufficiale del partito comunista polacco in cui si annunciava lo scioglimento del partito, una falsa Pravda che dichiarava la fine dell’Unione Sovietica, una falsa Stella Rossa che avete distribuito ai soldati sovietici in Afghanistan. Praticamente delle fake news?
Oggi c’è il falso per il falso, e questo sono le fake news, mentre noi il falso lo usavano per raccontare la verità. La storia della falsa Pravda ebbe molto successo nei circoli dissidenti di Parigi, che mi spronarono a fare altre cose simili. In Afghanistan cominciavano a nascere delle proteste pacifiste e allora andammo lì, in accordo con i gruppi resistenti. Io, il fotografo Cesare Dagliana e Saik Shuster, un giovane ebreo lituano dissidente. Eravamo accompagnati da Abdul Haq, personaggio straordinario che in seguito combatterà anche contro i talebani, verrà tradito dai suoi stessi compagni e finirà catturato e ucciso dagli uomini di Bin Laden. La falsa Stella Rossa venne tradotta in varie lingue e distribuita a milioni di copie in varie parti del mondo, allora la vera Stella Rossa reagì attaccandoci, insultandoci. Naturalmente questa mossa si rivelò un boomerang, perché fece apparire i dissidenti numerosissimi e pericolosissimi.

E poi imprese goliardiche, come la spallata al Muro di Berlino…
Volevamo andare con un bulldozer contro il Muro per distruggerlo, ma mentre stavamo per partire dalla Berlino occidentale il muro è caduto per conto suo.

Importantissimo nella tua vita è stato Cristoforo, tuo padre. Nel primo numero di Vomito-trimestrale di subletteratura, c’è una sua foto a tutta pagina, presa alla stazione. Alto, con la pelle scurita dal sole, cammina con passo deciso sorridendo e alzando un dito verso la tempia, come a dire: siete tutti matti, perché non vi sparate?
Una vita avventurosa. Partito da origini contadine, marinaio, autodidatta che leggeva Euripide e Sofocle in greco e ha tradotto i lirici greci. Mi ha trasmesso un’apertura verso gli artisti sconosciuti, mi ha insegnato che si può essere grandi e fare arte anche se nessuno lo sa.

Quando è arrivato il tuo impegno politico?
A tredici anni con le prime organizzazioni di studenti medi. Da subito critico rispetto ai regimi dell’Est europeo e ai partiti ufficiali.

In seguito approdi ad Avanguardia Operaia da cui vieni radiato con una motivazione che tra le varie accuse ne ha una, messa per iscritto, che riguarda la nascita di tua figlia Eleonora: «noto soggettivista piccolo borghese decide di fare un figlio quest’anno sottraendosi ai suoi impegni militanti».
Avevo creato praticamente tutta l’organizzazione del centrosud, ma non sopportavano che mi permettessi di criticare il loro leninismo e il loro essere filocinesi. Per non metterla in politica mi hanno accusato di essere piccolo borghese.

Dopodiché, cominci a viaggiare per il mondo, sulle orme della rivoluzione. Con la madre di Eleonora e suo padre al seguito. Un gruppetto familiare. Prima di tutto, andate in Cile…
Dove avevamo intenzione di creare una comunità autosufficiente ecologica. Abbiamo preso contatti col governo ed esplorato la zona, ma purtroppo quelli erano gli ultimi mesi di Allende, si era in piena crisi. Siamo riusciti a scappare il giorno prima del colpo di stato di Pinochet, in jeep attraverso le Ande, portando con noi due compagni di Lotta Continua. Uno era Paolo Hutter, che faceva un’analisi sballata della situazione già quando era in Cile: Allende avrebbe tradito e si sarebbe alleato coi militari. In base a questa analisi Paolo era dapprima restato in Cile dove stavano per ammazzarlo, così l’abbiamo salvato. L’altro era Paolo Sorbi, un cattolico di sinistra. Lotta Continua, a partire dalla sua mente Adriano Sofri, fece una campagna pure quella sballatissima: “Armi al Mir”. Pensavano che dopo il colpo di stato ci sarebbe stata la lotta armata il momento della lotta armata. Come se il problema fosse di comprare un po’ di armi e scontrarsi in una lotta civile, militari contro resistenti. L’illusione che tutto si possa risolvere con le armi ha avuto conseguenze nefaste anche in Italia, come si sa.

Poi a Cuba, dove ti fai la fama di “malo brigatista”.
Perché a una conferenza un membro del Partito Comunista aveva sostenuto che Fidel Castro era un marxista leninista ortodosso già da ragazzino. Ho detto no scusa, era democratico e poi ha avuto una sua evoluzione. Il dogmatismo filosovietico era arrivato al punto di falsificare la stessa storia della rivoluzione cubana.

Scoppia la rivoluzione in Portogallo e arrivi lì… quindi Guatemala, Messico. Sempre con spirito propositivo e d’avventura, eppure sempre con occhio scettico. Ma c’è una rivoluzione che ti ha convinto, almeno una?
Ci sono state delle grandi potenzialità di cambiamento positivo in tutte queste rivoluzioni. In Guatemala si è riusciti a capovolgere la feroce dittatura, in Argentina si è usciti dall’incubo di Videla, in Spagna è stato abbattuto il franchismo. Le rivoluzioni sono anche tentativi che poi cambiano forma, sono un processo che continua del tempo.

Hai conosciuto tutti. Una persona che è stata particolarmente importante per te?
Amedeo Bordiga. Su di lui e sulla sua esperienza socialista ho scritto una tesi di laurea. Aveva una visione un po’ deterministica dello sviluppo della rivoluzione su cui non ero d’accordo, ma negli anni 20 aveva avuto il coraggio di criticare Stalin e l’Unione Sovietica, definendola un capitalismo di stato anche più oppressivo del capitalismo occidentale. Era coerente, capace di andare contro sia il fascismo sia l’antifascismo ufficiale. «La peggiore eredità del fascismo è stato l’antifascismo» disse una volta, e aveva ragione.

Lotta armata in Italia. La tua posizione?
Pur essendo amico di capi della lotta armata e considerando molti di loro ottime persone, ero assolutamente in dissenso. Erano in buonafede, ma l’errore in buona fede è più micidiale dell’errore in malafede.

A un certo punto lasci la tua casa a Trastevere e fondi non più un giornale, ma proprio una comunità: Frigolandia, in Umbria. Che anno era?
2005. Un luogo di incontro, una repubblica immaginaria a cui hanno partecipato migliaia di persone. Uno spazio in cui incontrarsi per esplorare il presente e l’avvenire, non solo raccogliere la memoria del passato. Ha tre edifici che abbiamo ristrutturato, sistemato. C’è il museo dell’arte mai vista, l’archivio delle opere, la redazione di Frigidaire e Il Nuovo Male, e naturalmente le stanze anche per gli ospiti, i bagni, le cucine. Tutto immerso in due ettari di bosco. Era una proprietà abbandonata che abbiamo affittato, paghiamo un canone annuo.

Ora siete a rischio sgombero. Gira una petizione per impedirlo.
Abbiamo contro l’amministrazione di Giano. Prima ci hanno fatto una causa civile e l’abbiamo vinta, adesso il sindaco leghista che vuole mandare via le “zecche comuniste” (testuale e un po’ comico…) ha tirato fuori un’ordinanza di sgombero appellandosi alla direttiva Bolkestein per le concessioni balneari. Il fatto è che c’è un odio per la cultura a prescindere. Abbiamo bisogno di solidarietà e di un intervento del ministero dei Beni Culturali, Franceschini. Ci sono state lettere di intellettuali, una petizione, un’interrogazione parlamentare, ma per ora tutto tace.

Immagino tu sappia che molti parlano di te come di un furbacchione, che da tutti i fallimenti editoriali riusciva a cavare denaro e pure a intascarselo…
E come no… È iniziato tutto nell’85, quando ci tolsero i soldi legittimi che dovevamo avere per rimborsi carta, poi, all’inizio dell’86 e in contemporanea con la morte di Tamburini, scoprimmo che la commissione per l’editoria presieduta da Amato ci aveva cancellato dalla lista delle riviste culturali, una lista in cui figurava Cronaca Vera, tanto per dirti. Ho dovuto fare cambiali, ipoteche, andare dagli strozzini… le avventure finanziarie mie sono irraccontabili. Sono arrivato ad avere sette ipoteche sulla mia casa. Ho continuato ad avere debiti seri fino al 2017, quando qui a Frigolandia è arrivato il capo della Library dell’Università di Yale, il prof. Kevin Repp, e ha comprato tutta la collezione delle nostre riviste, una parte del nostro archivio, lettere arrivate a Frigidaire, manoscritti miei: una mezza tonnellata di carta. Io avevo chiesto 150 mila euro, lui mi ha proposto 200 mila. Ho venduto anche la casa di mio padre. Ora sono senza debiti. È incredibile. E dopo tutta ‘sta fatica mi vogliono cacciare?

Perdona la domanda sfacciata, ma di cosa vivi?
Vivo con la pensione sociale di 600 euro non avendo mai potuto pagare i contributi. I 600 euro mi permettono di mangiare e pagare la benzina della macchina, una macchina che mi hanno regalato.

Torniamo alla politica. Per dirla con Demetrio Stratos: oggi, a livello italiano, come stiamo messi?
Peggio del solito. Gli italiani hanno la particolare caratteristica di darsi martellate dove sappiamo. Il parlamento attuale è frutto di questa ondata di stupidità antipolitica pentastellata, a cui si aggiunge l’ondata di sovranismo fascistoide. L’Italia non se ne libera mai, del fascismo. Oltre ad averlo inventato lo riproduce continuamente. Inutile dire che non è fascismo in senso storico: lo è come mentalità volgare, come idea che tutti i problemi si risolvano con la bacchetta magica, come incapacità e non volontà di vedere la complessità del mondo, il tutto galleggiante su una base di egoismo sconvolgente.

E il mondo?
Avviato pericolosamente verso uno scontro tra blocchi commerciali. Da lì si passa spesso alle figure armate. Se non si stabilisce un altro ordine mondiale fondato sulla collaborazione tra i grandi blocchi, la vedo molto male. C’è poi un cancro profondo che è l’estremismo islamico che si è esteso dopo quella folle guerra in Iraq nel 2003. L’Occidente non capisce che alla base di questi cosiddetti atti terroristici c’è un’ideologia religiosa che ha radici profonde, e ha assunto una posizione pericolosissima: il rispetto formale. Ma guardiamo alcune semplici cose. Intanto, nel cristianesimo il Padre eterno è un padre, nell’Islam Dio è il padrone, e non siamo per niente tutti fratelli come per Cristo, gli infedeli non sono considerati fratelli. Poi, nessuno dei paesi musulmani ha sottoscritto la dichiarazione dei diritti umani. E infine, quando l’Isis catturava le donne e le faceva schiave, stava solo rispettando i testi sacri. Solo che se dici queste cose passi per islamofobo.

Le vignette di Charlie Hebdo. Dovevano pubblicarle o no?
Conoscevo la redazione di Hebdo, erano amici. Hanno fatto benissimo. Non possiamo avallare l’idea che possiamo parlare di tutto meno che di questi. Quando la fede individuale diventa un programma di sterminio delle altri fedi, cosa rispetti?

Una battaglia che oggi vorresti combattere.
Intanto regolarizzare i clandestini. La cosa incredibile è che sui migranti nessuno dice che abbiamo leggi che li obbligano, ad essere clandestini. Bisogna accoglierli dando loro istruzione, un alloggio, capendo cosa possono e vogliono fare. E poi potenziare l’istruzione e la scuola, non con un’idea economicista di preparazione al lavoro, ma di educazione e cultura. Devi preparare la mente ad avere uno sguardo critico sulla realtà, devi insegnare ad imparare.

I giovani. Se ne parla sempre come di indifferenti a tutto quello che non sia divertimento o sballo, oppure poveretti ossessionati dal futuro che non offre prospettive. È così? Tu li frequenti, vengono da te?
Frequento solo giovani, i vecchi si sono tutti ritirati. Mi contattano, arrivano da me leggendo il Frigidaire degli anni 80, c’è un elemento mitico. Amano autori entrati nella leggenda come Pazienza, Tamburini, un po’ io stesso. Il Frigidaire attuale lo fanno loro. La mia principale collaboratrice, Maila Navarra, che cura grafica, siti web e disegna benissimo, l’ho conosciuta perché era venuta a farmi vedere suoi disegni, e aveva sei anni quando c’era Frigidaire.

Cosa ti domandano, a cosa sono interessati?
Sono interessati alla parte più avventurosa del mio passato, i falsi, le corse attraverso il Mediterraneo… E io a mia volta, non essendo un nostalgico, prendo da loro. Mi danno la sensazione che quello che ho fatto e continuo a fare non è inutile.

Vai ancora ogni tanto a fare cose pericolose in giro per il mondo?
E mo’ con la pandemia è più complicato… prima, sì. Certo non potrei più scarpinare per quindici giorni sulle montagne dell’Afghanistan, ma quando c’è da fare, volentieri. Sono ancora vivo, come dice Papillon.

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