Torino. Gli amici del «gigante buono» accusano
TORINO. Andrea Soldi è morto dopo essere stato sottoposto a Tso, trattamento sanitario obbligatorio. «I vigili l’hanno buttato a terra, ammanettandolo dietro la schiena», accusano ora gli amici, che lo hanno visto per l’ultima volta mercoledì pomeriggio, in piazza Umbria, nel quartiere San Donato, a Torino. Aveva 45 anni, lo descrivono come un «gigante buono», vista la stazza corpulenta, 150 chili. La sua morte lascia un mare di interrogativi. L’uomo, in cura psichiatrica da anni, avrebbe dato in escandescenze e il Centro di salute mentale dell’Asl 2 avrebbe richiesto, intorno alle 14,20, l’intervento degli agenti della polizia municipale e dei sanitari del 118, che sarebbero arrivati sul luogo dell’accaduto. Ma sulle cause della morte è giallo, a partire dal preciso momento in cui Andrea Soldi sarebbe deceduto.
Sull’episodio indaga il pm Raffaele Guariniello, nella sua qualità di coordinatore del pool «colpe mediche professionali» della procura di Torino, che per ora non si sbilancia: «Stiamo effettuando accertamenti sulla dinamica dei fatti, domani (oggi, ndr) potremmo fornire probabilmente i primi risultati», ha sottolineato il magistrato noto per i processi Eternit e ThyssenKrupp. Per, considerazioni più precise bisognerà aspettare lunedì quando un medico legale e un tossicologo eseguiranno l’autopsia e una serie di test. Non verrà più, infatti, effettuata dall’ospedale Maria Vittoria di Torino, come la struttura sanitaria aveva deciso in un primo momento, bensì si tratterà di «un’autopsia giudiziaria» che sarà coordinata dalla procura di Torino.
Riportiamo le note diffuse dalla polizia municipale e dall’ospedale. Secondo i vigili: «L’uomo, su richiesta del personale medico presente sul posto, al fine di assicurarne l’incolumità personale e per prevenire danni e lesioni a terzi, veniva costretto e accompagnato in ambulanza all’ospedale Maria Vittoria, dove, arrivato poco dopo, veniva ricoverato». Alle 16,13, aggiunge la polizia, è giunta la notizia del suo decesso «avvenuto per cause in corso di accertamento». Sul «ricovero», però, l’Asl Torino 2 ha sottolineato: «Con riferimento alla nota diffusa dalla polizia municipale si precisa che il paziente è giunto già in arresto respiratorio presso il pronto soccorso, dove è stato immediatamente preso in carico dal rianimatore, che lo ha sottoposto a rianimazione cardiopolmonare prolungata, purtroppo invano».
Le testimonianze degli amici di Andrea, rilasciate ai mezzi di informazione, descrivono la situazione come tesa e concitata; un agente avrebbe afferrato per il collo l’uomo per poi buttarlo a terra, vicino a una panchina. «Lo hanno ammanettato dietro la schiena», racconta un’amica. Ecco un particolare ricorrente in storie simili. È proprio sempre necessario ammanettare dietro alla schiena le persone, una pratica diventata erroneamente consuetudine?
Il comandante della polizia municipale di Torino, Alberto Gregnanini, assicura che la procedura di contenimento dell’uomo, ammanettato e immobilizzato prima di salire in ambulanza perché opponeva resistenza, è stata regolare e volta a garantire la sua incolumità e quella degli altri. «In ogni caso – ha dichiarato — è stato redatto dai pubblici ufficiali un rapporto sull’accaduto» e inviato alla procura.
In questa sede non si accusa nessuno, si pongono domande. Perché tale discrepanza di testimonianze? Perché effettuare un’immobilizzazione con tanta forza e perché, come si è detto, ammanettare alla schiena con la faccia a terra un uomo corpulento e affetto da problemi psichiatrici? Ritornano automaticamente alla mente, sperando di escluderli in questo caso, le vicende di abusi di polizia recenti o meno. Francesco Mastrogiovanni, un maestro elementare di 58 anni, che il giorno 4 agosto 2009 morì nel reparto di psichiatria dell’ospedale pubblico «San Luca» di Vallo della Lucania ricoverato in esecuzione di un’ordinanza di Tso, disposta dal sindaco del Comune di Pollica, il giorno 31 luglio, ed eseguita con un ingente dispiegamento di forze dell’ordine. Mastrogiovanni morì dopo quattro giorni dimenticato, accusano i familiari, da tutti senza cibo e acqua. O la vicenda del trentenne padovano Mauro Guerra, che dopo aver rifiutato un Tso è morto colpito da un proiettile partito dalla pistola di un carabiniere. E, infine, Riccardo Magherini, ex giocatore della Fiorentina, bloccato dai carabinieri mentre era in stato confusionario.
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