I No Tav non mollano. Il corteo più grande

La val di Susa torna in piazza compatta contro l’alta velocità . Sfilano in decine di migliaia, con loro i sindaci

La val di Susa torna in piazza compatta contro l’alta velocità . Sfilano in decine di migliaia, con loro i sindaci

 SANT’AMBROGIO (VAL SUSA). «La valle c’è» recita lo striscione che apre il lunghissimo corteo. La valle è la val Susa. C’è, continua a esserci, anche se qualcuno preferirebbe che non ci fosse. Ieri è scesa in piazza compatta, ancora una volta. Come fa ormai da più di sei anni. La val Susa non molla. Perché non si può rinunciare ai propri diritti, dicono con efficace semplicità i manifestanti. Migliaia, con bandiere e striscioni. Cinquantamila persone, forse. «Più della marcia dei quarantamila di gennaio», dicono in molti. «Molti di più – conferma Andrea – chilometri di corteo. E la questura già all’inizio dava ventimila persone». Un lungo corteo, di uomini, donne, giovani, bambini e venti trattori della Coldiretti. «Ad aprire i trattori – dice una manifestante con la sua bandiera No Tav in mano – e a chiudere le mucche». In mezzo un mare di gente, di tutti i tipi. Ci sono gli studenti e ci sono i pensionati, le donne, e gli amministratori. I sindaci hanno la fascia tricolore, ci sono i gonfaloni delle città valsusine. Una manifestazione importante quella di ieri, compatta, indetta da tutte le componenti del movimento no Tav. «È come se fossimo – dice Andrea – a una fase pre-2005, ma con molta più consapevolezza. Se nel 2005 – insiste – non sapevamo bene cosa poteva succedere, oggi siamo ancora più consapevoli della nostra forza». Una manifestazione «di quantità e di qualità» aggiunge un altro manifestante. Una manifestazione di valle: da fuori sono arrivate molte delegazioni, ma delegazioni appunto, non numerose. La valle invece si è riunita compatta. Molti negozi sono chiusi lungo il percorso del corteo, sette chilometri da Vaie e Sant’Ambrogio. Ogni comitato ha il suo folto spezzone nel corteo. Sventolano bandiere No Tav, pochissime le bandiere di partito.
Negli ultimi momenti di piazza della lotta No Tav questo è avvenuto già diverse volte, con sindaci e consiglieri organizzati dietro allo striscione «amministratori Valle di Susa». Quello di ieri, per stessa ammissione degli organizzatori, doveva essere un passo in più, ufficiale nella forma. Una manifestazione a cui si è arrivati dopo la deliberazione contraria al progetto, di quasi tutti i comuni della bassa valle di Susa, che una volta ricevuto il progetto preliminare della Torino-Lione, non hanno potuto che esporsi con gli atti a loro disposizione.
«Questa manifestazione riflette – ha detto nella conferenza stampa che ha preceduto l’inizio della manifestazione Sandro Plano, presidente della Comunità montana valli di Susa e Sangone – il disagio della val di Susa». Il presidente ha quindi aggiunto che «è scandaloso che siano stati invitati ai lavori a Roma i sindaci di Giaveno, Condove e Claviere che sono sindaci nella Comunità in opposizione mentre non è stato invitato nessun sindaco di maggioranza che è contraria al progetto Tav. È stato un grave sgarbo istituzionale. Qualcuno dovrebbe iniziare a prendere lezioni di democrazia e rispettare volontà elettori». In piazza c’erano praticamente tutti gli amministratori valsusini, che hanno approvato le delibere contrarie al progetto.
Di lezione di democrazia parlano in tanti in questo colorato e chiassoso corteo. E si ride del commento – quello si anacronistico – del senatore del Pdl, Napoli, che appunto aveva definito «anacronistica la manifestazione in Val Susa». Cinquantamila «anacronistici» che hanno mandato a dire al governo che in valle passare rimane e sarà sempre più duro. «A gennaio – dice Lele Rizzo del movimento No Tav – sono scese in piazza quarantamila persone anche sulla scia emotiva dei sondaggi che erano stati imposti a una comunità nottetempo e con la forza e la violenza. Ma in questa valle oggi (ieri, ndr) la gente non è scesa in strada spinta da qualche avvenimento emotivamente forte. Questa è una manifestazione politica e il dato è che i numeri e la qualità di questo corteo sono una garanzia. Si arriverà a qualunque cantiere con questa determinazione».
Dopo la stagione di opposizione ai sondaggi, la manifestazione dei quarantamila del gennaio scorso, il movimento si è dimostrato forte e sempre più popolare, partecipando ai momenti di resistenza, come a quelli di protesta con la stessa determinazione. Le amministrazioni, qualcuno dice, hanno un po’ nicchiato, schiacciate da equilibri politici delicati che hanno portato la Comunità Montana alla sua riforma. «Di fronte alla carta, cioè di fronte al progetto – dice Lele Rizzo – però anche le amministrazioni si sono pronunciate chiaramente». Le carte del progetto prospettano un futuro di abbattimenti di case, di furto di acqua, di invasione di un territorio, perché non esiste una Torino-Lione «sostenibile». Anche per questo gli amministratori hanno indetto la marcia di ieri, sottoscrivendo i punti del movimento: no al tunnel della Maddalena e no ai sondaggi, oltre ai no chiari all’opera.

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