La Napoli di Rom e Sinti

NAPOLI – Un popolo di bambini, quello di rom, sinti e camminanti. A raccontarlo il rapporto della Commissione straordinaria per la tutela e promozione dei diritti umani del Senato, presentato per la prima volta venerdì a Napoli.

NAPOLI – Un popolo di bambini, quello di rom, sinti e camminanti. A raccontarlo il rapporto della Commissione straordinaria per la tutela e promozione dei diritti umani del Senato, presentato per la prima volta venerdì a Napoli.

Il 60% della popolazione ha meno di 18 anni, il 30% tra zero e cinque anni, quasi la metà tra sei e 14, appena il 2,8% è sopra la sessantina. Un dato che però va incrociato con quello dell’aspettativa di vita, dieci anni in meno rispetto alla media europea, e questo dà già un quadro di quanto sia difficile la loro situazione. 
Il secondo dato fondamentale è che non esiste alcuna emergenza rom in Italia, dove vivono più o meno stabilmente appena 170mila persone, 40mila nei campi. Le condizioni abitative non sono sostanzialmente cambiate dagli anni sessanta a oggi, a fronte di una popolazione che ha quasi completamente abbandonato il nomadismo. A Roma sono stati censiti oltre 100 campi, di cui 7 villaggi autorizzati, 14 tollerati e oltre 80 abusivi: in questi spazi vivono 7.177 persone. A Milano (dati Ismu) esistono 45 campi con una popolazione di circa 4.310 persone. A Napoli e dintorni intorno alle duemila su una popolazione di tremilioni e mezzo di abitanti. I campi consistono in roulotte, container o piccole baracche in lamiera o altri materiali di fortuna. In quelli non autorizzati manca l’acqua corrente, i sistemi fognari, l’illuminazione e il riscaldamento. Le condizione igieniche e sanitarie spesso drammatiche.
Spiega la Comunità di Sant’Egidio: «La risposta istituzionale è stata quella di trovare soluzioni per popolazioni nomadi. Molte regioni italiane hanno approvato leggi che prevedevano la creazione di «campi». Ma i campi realizzati (generalmente) sono state strutture pensate per la sosta temporanea, senza strutture d’accoglienza previste per legge (acqua corrente, fogne, luce) e ciò ha comportato che 2-3 generazioni di rom siano sostanzialmente nate e vissute in luoghi non molto dissimili da discariche». Così è accaduto ad esempio per 30-35 mila rom di origine jugoslava. Il primo gruppo è arrivato negli anni ’60-’70, il secondo a partire dagli anni ’90 a causa della guerra da Bosnia e Kosovo. Il gruppo giunto quarant’anni fa è sostanzialmente vissuto e cresciuto in vere e proprie discariche, in totale isolamento dalla vita civile e da qualsiasi rapporto positivo con le istituzioni. «Tutto ciò – spiegano – ha creato spaesamento soprattutto tra le nuove generazioni, cresciute nella realtà opulenta delle città senza possedere gli strumenti culturali e relazionali per confrontarsi con la società circostante. Una delle conseguenze è stata la crescita della devianza minorile. Ci sono famiglie che hanno subito anche 30 sgomberi. Soprattutto le legislazioni speciali hanno aggravato le cose. Nel 2006/2007 si è registrato un più 36% di bambini scolarizzati. Oggi, dopo anni di commissariati speciali, siamo tornati ai dati pre 2006».
Documenti e alloggi sono le precondizioni per superare i danni del passato. Napoli, una volta tanto, è in controtendenza. Uno sforzo da 26 milioni di euro, coordinato dalla prefettura, per un progetto ideato dall’assessorato comunale alle Politiche sociali per superare i campi. Già aperto il cantiere per trasformare il palazzo ex Amnil di via delle Industrie in 72 appartamenti per 480 persone. Sul tetto pannelli fotovoltaici per rendere la struttura indipendente dal punto di vista energetico. «Abbiamo intitolare questa struttura – racconta l’assessore Giulio Riccio – a Eldeban, Sebastian, Elena Patrizia e Raoul, i quattro bimbi rom morti a Roma il 6 febbraio. Ci è voluto il loro sacrificio perché la questione dei rom e delle loro disperate condizioni di vita tornassero alla ribalta nazionale». Al piano terra la possibilità di ospitare ‘non stanziali’ che necessitano di ricovero in un centro di accoglienza. Sempre al piano terra spazi per attività collettive e sale polivalenti, infermeria e uffici. Lavori anche per l’ex scuola materna di via Sambuco (Ponticelli) e l’ex deposito dell’Economato in via Argine, dove saranno realizzati complessivamente circa 200 unità abitative. In via di ristrutturazione anche l’ex scuola Grazia Deledda di Soccavo, dove sono già ospitati nuclei familiari rom. Unico progetto bloccato per motivi burocratici in regione quello per assorbire i campi di via Cupa Perillo a Scampia. L’ex Centrale del latte dovrebbe trasformarsi in appartamenti affidati all’autocostruzione. Più difficile la situazione nel comune di Giugliano, dove l’insediamento rom risale a 25 anni fa. Nel tempo sono stati inglobati nella zona industriale Asi, altamente inquinata da rifiuti tossici. Il procuratore Aldo De Chiara ne ha disposto lo sgombero, la prefettura ha previsto la sistemazione in un campo attrezzato da realizzare nel comune di Quarto, su un terreno confiscato alla camorra. Un trasferimento difficile, come spesso accade per siti appartenuti ai clan, fino alle minacce armi in pugno. La comunità rom è disponibile ad acquistare un terreno per l’autocostruzione, a patto che le istituzioni provvedano a far superare i pregiudizi.

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