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Hitchens contro Mamet

“DA HEGEL ALLA DIFESA DELLA PALIN LA SUA SVOLTA A DESTRA È RIDICOLA”    Il nuovo libro del drammaturgo americano fa discutere gli Usa e il polemista lo stronca “È superficiale”.  La sua scoperta dei grandi pensatori conservatori come Hayek è tardiva superficiale e si basa su un fraintendimento.  È giusto criticare il “politically correct” e il bigottismo della sinistra. Ma lui scambia le mele con le pere   

“DA HEGEL ALLA DIFESA DELLA PALIN LA SUA SVOLTA A DESTRA È RIDICOLA”    Il nuovo libro del drammaturgo americano fa discutere gli Usa e il polemista lo stronca “È superficiale”.  La sua scoperta dei grandi pensatori conservatori come Hayek è tardiva superficiale e si basa su un fraintendimento.  È giusto criticare il “politically correct” e il bigottismo della sinistra. Ma lui scambia le mele con le pere   

Questo è un libro che fa venire il nervoso, scritto da una di quelle persone che ritengono, tutte compiaciute, che se hanno perso la fede significa ipso facto che hanno trovato la ragione. Per farvi persuadere da The Secret Knowledge (La conoscenza segreta) di David Mamet (che si è autodefinito “un conservatore dell´ultima ora” ndr.) dovete essere pronti ad accettare frasi come questa: «La sfrenata animosità della sinistra nei confronti di Sarah Palin non nasce dal fatto che è una donna o dal fatto che è di destra, ma dal fatto che è una proletaria». Oppure questa: «L´America è un Paese cristiano. La sua Costituzione è il distillato della saggezza ed esperienza di uomini cristiani, nel solco di una tradizione codificata nella Bibbia».
Alcune delle apodittiche affermazioni di Mamet sono espresse in forma perfino più succinta. In una pagina definisce la discriminazione positiva «ingiusta come la schiavitù pura e semplice», in un´altra sostiene che è comparabile all´internamento dei giapponesi durante la Seconda guerra mondiale. Scopriamo che il 1973 è l´anno in cui gli Stati Uniti hanno “vinto” la Guerra del Vietnam, e che Karl Marx (che a quanto è dato sapere era un po´ più industrioso di Sarah Palin) «non lavorò neanche un giorno in tutta la sua vita». Forse quando sostiene che il magnate dei giornali scozzese-canadese lord Beaverbrook era un cortigiano ebreo nella tradizione di Disraeli e Kissinger si può pensare che sia una svista dovuta a sciatteria o distrazione, ma dire che Bertrand Russell, autore di uno dei primi resoconti da Mosca che analizzavano e criticavano aspramente Lenin, era un utile idiota e turista credulone alla Jane Fonda non è solamente ignoranza, è peggio.
Opere propagandistiche di questo genere possono risultare perfino più noiose che irritanti. Ad esempio, Mamet in The Secret Knowledge scrive che «agli israeliani piacerebbe vivere in pace all´interno dei loro confini; agli arabi piacerebbe ammazzarli tutti». Si può pensarla come si vuole sul conflitto arabo-israeliano, ma questa asserzione di Mamet (ripetuta due volte) elimina ogni necessità di analizzarlo o anche semplicemente discuterlo. Definirla “semplicistica” sarebbe fargli un complimento. A questo punto forse non sarete sorpresi di sapere che Mamet considera il riscaldamento globale un falso allarme e pretende che qualcuno gli dica «secondo quale processo magico», gli adesivi sui paraurti delle auto possano «salvare le balene e liberare il Tibet». Un altro esempio tipico del suo stile insensatamente aggressivo: chi mai sostiene che possano farlo? Se fossi incline a parlare per slogan come Mamet, non mi avventurerei in comparazioni con adesivi propagandistici.
Sulla pagina dell´epigrafe, e poi di nuovo nell´ultima pagina, Mamet si ripropone di spiegare il titolo del libro. Cita l´antropologa Anna Simons riguardo ai riti di iniziazione, nel senso che il grande segreto molto spesso è che non esiste nessun grande segreto. Poi parla in prima persona e afferma: «Non esiste nessuna conoscenza segreta. Il Governo federale è solo un assessorato all´urbanistica scritto in grande». Anche qui non si capisce bene con chi ce l´abbia. Le convinzioni sull´esistenza di poteri arcani, esoterici od occulti sono distribuite equamente in tutto lo spettro politico, incluso l´opinionista radiofonico Glenn Beck, inserito nella sezione “Ringraziamenti” del libro per aver aiutato Mamet ad affrancarsi dal «confuso e triste paternalismo» delle radio liberal. E non è l´unico segnale della profonda confusione che è la sola cosa che riesce a rendere sopportabile l´entusiasmo di Mamet per le opinioni a senso unico o la faziosità più assoluta.
Scrivo questa recensione nella stessa settimana in cui sono impegnato in un estenuante botta e risposta con Noam Chomsky sulle pagine di una piccola rivista. Non faccio fatica a capire perché gli ex progressisti e gli ex radicali arrivino a non poterne più del bigottismo di sinistra. Ho insegnato a Berkeley e alla New School, e so di cosa parla Mamet quando evoca l´atmosfera opprimente della political correctness universitaria. In un paio di occasioni, come quando attacca le femministe per il loro silenzio sulla sordida vita sessuale di Bill Clinton, o quando fa notare quanto risulti macabro usare la parola “zar” in senso positivo per definire un superesperto capace di risolvere problemi politici, ha indiscutibilmente ragione, o quanto meno possiede solidi argomenti. Ma quando scrive: «La fuga di petrolio dalla piattaforma Bp nel Golfo del Messico (…) è stata un male. La fuga di notizie su migliaia di documenti militari riservati a opera di Julian Assange e di Wikileaks è stata un bene. Perché?», è semplicemente una stupidata, un tentativo di comparare le mele con le pere, un inciampo che fa sembrare che Mamet non sia tanto sicuro che la fuga di petrolio sia effettivamente un “male”, uno sforzo di fare ironia dove non c´è traccia di ironia.
L´ironia è uno degli elementi della tragedia, un argomento di cui Mamet si è molto occupato. Ha letto – magari anche prima che Glenn Beck la promuovesse alla radio – La via della schiavitù, la famosa difesa del mercato di Friedrich von Hayek (ma mi sa che non ha letto un altro saggio dello stesso autore, Perché non sono un conservatore). Per farla breve, Hayek individuava quella che definiva “la Visione Tragica” del libero mercato, cioè la necessità di operare scelte difficili tra beni in competizione tra loro. L´economia classica aveva già un nome per questa cosa, e cioè “costo di opportunità”, definizione altrettanto accurata, ma meno strappalacrime. È un concetto noto da tempo in altre massime («governare vuol dire fare delle scelte»), o in proverbi popolari su botti piene e mogli ubriache. Ma secondo Mamet, Hayek è il brillante correttivo ai disastri di Franklin Delano Roosevelt, che «smantellò il libero mercato e quindi l´economia», e che condivide questo poco invidiabile primato con nazisti, stalinisti e altri “socialisti”. Disastri e crimini più recenti nella finanza privata, e il salvataggio bushian-obamiano che ne è seguito, per lui rappresentano cospicui passi avanti nella stessa direzione.
Mamet cominciava il libro in modo più promettente, riesaminando le discordie politiche tra destra e sinistra alla luce della sua arte: «Trovavo questa contrapposizione seducente come drammaturgo, perché un buon dramma aspira a essere, e una tragedia deve essere, la raffigurazione di un´interazione umana in cui entrambi gli antagonisti possono sostenere di essere nel giusto».
Certamente questa era la definizione di tragedia che dava Hegel. Da un drammaturgo, però, ci si sarebbe potuti aspettare anche una trattazione di quello che pensavano i tragediografi attici, in particolare che la tragedia nasce dal difetto fatale di qualche nobile persona o nobile impresa. In questo modo, Mamet avrebbe potuto avventurarsi nel campo dell´ironia e delle conseguenze indesiderate, che è esattamente il punto di partenza di molte delle migliori critiche dell´utopismo.
Mamet rifugge dall´ironia, per i suoi precetti preferisce restare sul letteral-tradizionale. Nel caso non ci fosse mai capitato di leggerla, ci propina due volte la definizione della regola d´oro e dell´essenza della Torah offerta dal rabbino Hillel: «Ciò che non è buono per te non lo fare al tuo prossimo». Come per l´hayekiano imperativo della scelta, l´apparente ovvietà di questo concetto non basta a preservarlo interamente dalla contraddizione. Al colonnello Gheddafi, a Charles Manson e a Bernard Madoff mi piacerebbe che succedessero cose che non sono buone per me. Di che utilità è un principio che vale solo per la persona che lo pronuncia? È della stessa utilità della “decana” della sinistra americana (di cui non fa il nome), che secondo Mamet consiglia di appurare sempre che cosa pensa e fa il sito MoveOn.org, e dopo di che pensare e fare la stessa cosa. Sospetto che si tratti di un antagonista fittizio, di comodo, così come fittizio è questo libro, che cerca la tragedia nei posti sbagliati.
© 2011 “The New York Times”
(Traduzione di Fabio Galimberti)

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