L’ultimo scout delle Aquile che disobbedivano a Mussolini

Mario Isella morto a 90 anni. Il gruppo si riuniva nonostante i divieti

«Aquile randagie»: Si facevano chiamare così i ragazzi del gruppo di scout di Milano e Monza che svolgeva attività giovanili clandestine durante il periodo del fascismo, dopo che lo scoutismo era stato messo fuori legge.

Mario Isella morto a 90 anni. Il gruppo si riuniva nonostante i divieti

«Aquile randagie»: Si facevano chiamare così i ragazzi del gruppo di scout di Milano e Monza che svolgeva attività giovanili clandestine durante il periodo del fascismo, dopo che lo scoutismo era stato messo fuori legge.

«E il ritmo dei passi ci accompagnerà» recita, su una musica ritmata e incalzante, una delle più celebri canzoni degli scout italiani. Poi le note paiono acquietarsi, come a suggerire una nuova dolcezza, e il testo riprende: «… Là, verso gli orizzonti lontani si va».

È una canzone che conosceva bene anche Mario Isella detto «Bufalo», che si è spento la sera del primo gennaio, a novant’anni compiuti, nella sua casa di Merate.
Isella era l’ultimo testimone rimasto di una storia unica, quella delle «Aquile randagie». Così si chiamavano fra loro i membri lombardi dell’Asci, l’Associazione Scoutistica Cattolica Italiana, che, contravvenendo all’ordine di sciogliere i ranghi decretato dalle autorità fasciste, restarono fedeli alla loro promessa e, sfidando pestaggi, prigionia e deportazioni, proseguirono le attività in maniera clandestina sino al termine del conflitto.
L’uomo che nel 1933 introduce Isella, appena decenne, allo scoutismo clandestino non è un personaggio qualsiasi: si chiama Beniamino Casati, istruttore del terzo reparto scout di Monza. «Ben» è considerato uno dei nomi-chiave delle «Aquile» insieme a Giulio Cesare Uccellini, detto «Kelly», e a monsignor Andrea Ghetti, più noto come «Baden», gli animatori dello scautismo clandestino a Milano.
Quando ritrovarsi in città diventa impossibile, le «Aquile» adottano come base clandestina una valle incastonata fra la riva settentrionale del Lago di Como, la Val Chiavenna e la Valtellina. È la Val Codera, ancor oggi completamente priva di strade asfaltate: se la si vuol vedere, serve farsi coraggio e salire a piedi da Novate Mezzola, oppure seguire il percorso del «Tracciolino», che origina a Verceia e rimonta la Val dei Ratti.
Sulle rive del torrente Codera, a poca distanza dal paese omonimo, si tenevano i campi per i ragazzi più giovani. E i sentieri che si arrampicano verso le pendici del Pizzo Badile furono impiegati dai più grandicelli, negli anni della Seconda guerra mondiale, come preziosa via di collegamento con la vicina Svizzera.
I ragazzi come «Bufalo», entrati nell’associazione ancora bambini, vissero i loro vent’anni proprio nella stagione più drammatica del conflitto, quando la missione di formare giovani esploratori non era la più rischiosa che le «Aquile randagie» avevano deciso di assumersi. Erano divenuti, alla prova dei fatti, i custodi della valle, e pare che da lì siano transitati numerosi antifascisti, famiglie ebree in fuga ed esponenti del CLN: se pure non imbracciarono in prima persona le armi, le «Aquile randagie» diedero certamente il loro contributo materiale alla Resistenza.
L’eredità più grande che hanno lasciato alla società italiana, tuttavia, è di natura morale, e si traduce nell’aver preservato per oltre quindici anni lo spirito e le tradizioni di un movimento che, nell’Italia del Dopoguerra, si sarebbe dimostrato più vivo che mai.
Non a caso, ancora oggi la fiabesca valle sospesa fra Lombardia e Svizzera è una delle mete più gettonate dagli scout italiani per i loro campi itineranti: si va come in pellegrinaggio, a ricordare tempi nei quali portare un fazzolettone al collo era pericoloso, e l’avventura era quella di salvare innocenti e portare a casa la pelle.
Percorrendo in fila indiana quegli aerei sentieri, è difficile non emozionarsi ascoltando dai più grandi la storia di «Ben», «Kelly», «Baden» e dei loro ragazzi come Mario Isella, detto «Bufalo».
È a loro che pensano, i «rover» e le «scolte» di oggi, mentre stringono gli spallacci dello zaino e rilanciano l’andatura cantando: «E il ritmo dei passi ci accompagnerà…»

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