? "Peate non dolet" di Anselm Kiefer, 2006

Addii. La passione della storica della cultura Luisa Mangoni. Un ricordo a un mese dalla sua morte
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Un corpo a corpo con la realtà nel rispetto delle fonti

? “Peate non dolet” di Anselm Kiefer, 2006

Addii. La passione della storica della cultura Luisa Mangoni. Un ricordo a un mese dalla sua morte

? “Peate non dolet” di Anselm Kiefer, 2006

Addii. La passione della storica della cultura Luisa Mangoni. Un ricordo a un mese dalla sua morte

Dubito che Luisa Man­goni avrebbe gra­dito essere defi­nita una sto­rica inat­tuale. Eppure è così che, durante il mese che è ormai tra­scorso dalla sua scom­parsa, la sua figura e il suo lavoro si avvi­ci­nano ad essere pen­sate da chi ne ha seguito l’attività, dalle prime ricer­che sulle rivi­ste fra età libe­rale e fasci­smo (L’interventismo della cul­tura, Laterza 1974; «Pri­mato» 1940–43, Anto­lo­gia, De Donato, 1977), alla scon­fi­nata rico­stru­zione del primo periodo di Einaudi (Pen­sare i libri, Bol­lati Borin­ghieri, 1999), alla sto­ria della Laterza, cui stava lavo­rando nono­stante la malat­tia fosse ormai avanzata.

Dubito che avrebbe gra­dito, per­ché il suo modo di ope­rare mai sug­ge­riva un distacco dal pre­sente, né tan­to­meno vi si scor­ge­vano tracce di depre­ca­tio tem­po­rum o di ammo­ni­menti nor­ma­tivi, che spesso tra­spa­iono invece dai testi di molti degli sto­rici nostri con­tem­po­ra­nei, nono­stante il suo dis­senso rispetto all’organizzazione acca­de­mica degli studi sia stato così pro­fondo da farle abban­do­nare l’Università con grande anti­cipo rispetto all’età della pen­sione, a metà degli anni Novanta. E tut­ta­via molto della sua opera si col­loca su un piano diverso e auto­nomo rispetto allo stato attuale di gran parte degli studi sto­rici nel nostro paese: anche per que­sto è così grande la per­dita per la sto­ria della cultura.

Una sto­ria della cul­tura, la sua, side­ral­mente lon­tana dalla sto­ria cul­tu­rale che oggi affolla gli scaf­fali delle libre­rie, inten­sa­mente crea­tiva per la libertà intel­let­tuale con cui avvi­ci­nava il suo oggetto, intrec­ciando bio­gra­fie intel­let­tuali, isti­tu­zioni, testi sullo sfondo di momenti cri­tici di pas­sag­gio nella vita sociale e poli­tica, e pro­fon­da­mente tut­ta­via inner­vata in una inin­ter­rotta tra­di­zione di studi, fon­data diret­ta­mente sulla ricerca e costruita dalla rifles­sione sui docu­menti: come nella magi­strale rico­stru­zione dell’itinerario intel­let­tuale di Delio Can­ti­mori attra­verso il fasci­smo, pre­sen­tata nel sag­gio intro­dut­tivo alla rac­colta dei suoi scritti (Poli­tica e sto­ria con­tem­po­ra­nea: scritti, 1927–1942, Einaudi, 1991).

Fer­tili divaricazioni

Le domande su cui si impo­stano le sue ricer­che non nascono mai dalla tra­spo­si­zione di una cate­go­ria antro­po­lo­gica, o di una qua­lun­que scienza sociale, agli studi sto­rici, ma sono gene­rate dall’oggetto stesso, che emerge nella sua pre­cisa sin­go­la­rità, anche quando il suo peri­me­tro viene defi­nito dall’occhio dell’autrice: come avviene nello stu­dio sulla crisi cul­tu­rale in cui affon­dano le radici dell’età dei nazio­na­li­smi, inda­gata nella cir­co­la­zione di idee all’interno dei cir­cuiti intel­let­tuali fra Ita­lia e Fran­cia (Una crisi fine secolo, Einaudi, 1985).

Dubito, peral­tro, che Man­goni avrebbe apprez­zato una let­tura dico­to­mica, che con­trap­po­nesse il suo lavoro ad un oriz­zonte avverso, cui qui siamo ricorsi nel discorso. Una lezione che si può trarre anche solo dalla let­tura, tal­volta ardua, dei suoi testi, è il rispetto filo­lo­gico per le fonti, insieme alla con­ti­nua ricerca di intrecci, di sug­ge­stioni e rispo­ste, di ter­reni comuni e suc­ces­sive diva­ri­ca­zioni, che ven­gono rico­struiti intes­sendo rife­ri­menti alla let­tera dei docu­menti, esatti fino all’acribia, con ele­menti di con­te­sto, attra­verso asso­cia­zioni mai imme­diate e «rice­vute», ma frutto sem­pre del suo inter­vento crea­tivo, che rile­vava le asso­nanze così come i silenzi e i non detti, come nello scavo nella bio­gra­fia intel­let­tuale di don Giu­seppe De Luca, dove gli ele­menti di con­te­sto, come il rias­setto degli equi­li­bri all’interno del mondo cat­to­lico suc­ces­sivo alla sti­pula dei Patti Late­ra­nensi, veni­vano pre­sup­po­sti come inne­sco di un per­corso ana­li­tico in grado di dare ragione delle azioni di poli­tica cul­tu­rale del prete lucano, nei suoi rap­porti con i cir­cuiti intel­let­tuali e poli­tici del tempo (In par­ti­bus infi­de­lium, Einaudi, 1989).

Le domande ricorrenti

Non che il suo lavoro, così attento alla pre­cisa indi­vi­dua­zione dei suoi oggetti, man­casse di una ispi­ra­zione uni­ta­ria, che Alber­tina Vit­to­ria ha accu­ra­ta­mente richia­mato (sull’«Unità» del 5 gen­naio 2014), situan­dola nel par­ti­co­lare rap­porto fra poli­tica e cul­tura come tratto distin­tivo della sto­ria ita­liana nove­cen­te­sca. Attra­verso l’arco della sua opera si pos­sono tut­ta­via scor­gere alcune domande ricor­renti e sot­ter­ra­nee – per richia­mare una defi­ni­zione cui Man­goni ha spesso fatto ricorso – che gui­da­vano la defi­ni­zione dei per­corsi di ricerca, non tutti riu­niti in volume, ma anche dis­se­mi­nati in arti­coli e saggi, spesso pub­bli­cati su «Studi Sto­rici», di cui era parte inte­grante, come della Fon­da­zione Isti­tuto Gram­sci. Il tema delle forme sta­tuali rispetto alle esi­genze di con­trollo del potere da parte dei vari set­tori delle classi diri­genti nei momenti di crisi e tra­sfor­ma­zione sociale, che è for­ma­liz­zato nei saggi più risa­lenti su cesa­ri­smo e bona­par­ti­smo e sulla rifles­sione poli­tica di Anto­nio Gram­sci, innerva anche le ricer­che sulle rivi­ste e l’organizzazione degli intel­let­tuali, dall’Inter­ven­ti­smo della cul­tura, a «Pri­mato», al sag­gio sul Fasci­smo nel primo volume della Let­te­ra­tura ita­liana curata da Asor Rosa (Il let­te­rato e le isti­tu­zioni Einaudi, 1982), e rie­merge in forma spe­ci­fica con i saggi su Vit­to­rio Ema­nuele Orlando e la cul­tura giu­ri­dica fra età libe­rale e fasci­smo. I

l tema della moder­nità nove­cen­te­sca, e dei ripen­sa­menti degli stru­menti cul­tu­rali con cui affron­tarla cui ven­gono obbli­gati i gruppi intel­let­tuali di diversa col­lo­ca­zione poli­tica, attra­versa in modo par­ti­co­lare In par­ti­bus infi­de­lium e Una crisi fine secolo, ma sot­tende ai con­tri­buti sui gruppi intel­let­tuali tra età libe­rale, fasci­smo e periodo repub­bli­cano, apparsi nei volumi della Sto­ria dell’Italia Repub­bli­cana (Einaudi) o della Sto­ria d’Italia (Laterza). E infine il tema gene­ra­zio­nale, che appar­tiene in primo luogo alla rifles­sione sulle moda­lità di costru­zione di una presa ege­mo­nica sulla società da parte del fasci­smo attra­verso la for­ma­zione delle nuove gene­ra­zioni, si riflette nei lavori più recenti, in par­ti­co­lare cen­trati sul com­plesso momento di pas­sag­gio tra fasci­smo e anti­fa­sci­smo di par­ti­co­lari figure intel­let­tuali, rac­colti nell’ultimo volume pub­bli­cato, Civiltà della crisi (Viella, 2013).

Coe­rente percorso

Luisa Man­goni era una storica-storica, senza agget­tivi. Molto credo ci sia da lavo­rare sull’eredità che ha lasciato. Ma ora, ricor­dan­done la lezione, con insi­stenza si pre­senta alla memo­ria una sua osser­va­zione al car­teg­gio di Leone Ginz­burg, dove riflet­teva sulla sua con­ce­zione di «intran­si­genza» citando un pas­sag­gio di un suo scritto del 1933 che com­men­tava l’obbligatorietà dell’iscrizione al Par­tito fasci­sta, Via­tico ai nuovi fasci­sti: «Salvo il cini­smo di certi intel­let­tuali, tutti si ver­go­gnano ancora di que­sta irreg­gi­men­ta­zione for­zata. Non sta­remo ad avvi­lirli di più. Biso­gna aver tra­scorso gli ultimi anni in Ita­lia o in istretto con­tatto con coloro che vi sono rima­sti, per non disgiun­gere più la carità (che non esclude l’intransigenza) dai giu­dizi sulla morale col­let­tiva (… ) Noi, che abbiamo scelto vie più dif­fi­cili, e cer­chiamo di lavo­rare per tutti, abbiamo il diritto di mani­fe­stare l’immensa pietà per loro, che ci ha presi, e il dovere di soc­cor­rerli, per quanto pos­siamo. Non per­met­te­remo che si avvi­li­scano di più, che da un primo com­pro­messo accet­tato a malin­cuore siano tratti a desi­de­rarne e pro­muo­verne altri, per oscu­rare il ricordo di quello». E Man­goni chio­sava: «Il per­corso è netto e coe­rente, l’umana pietà non con­sente in alcun modo di tra­vi­sare il giu­di­zio morale e sto­rico. Que­ste let­tere ce lo ricordano».

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