Christian Marazzi: «Il golpe della Troika contro il governo Tsipras»

L’economista Chri­stian Marazzi: «La Troika in Grecia come i mili­tari in Cile con Allende. L’aggressione è un avver­ti­mento a Pode­mos in Spa­gna. Oggi biso­gna andare allo scon­tro. Dob­biamo isti­tuire la demo­cra­zia reale in Europa»

Austerità. L’economista Chri­stian Marazzi: «La Troika in Grecia come i mili­tari in Cile con Allende. L’aggressione è un avver­ti­mento a Pode­mos in Spa­gna. Oggi biso­gna andare allo scon­tro, a piedi scalzi e con le armi della verità. Dob­biamo isti­tuire la demo­cra­zia reale in Europa». «La vit­to­ria del No al refe­ren­dum è impor­tante, ma l’esito della crisi non è scon­tato. La Grecia è sola»

Per Chri­stian Marazzi, eco­no­mi­sta e autore de Il dia­rio di una crisi infi­nita(Ombre Corte), «il refe­ren­dum indetto da Tsi­pras dome­nica in Gre­cia è una mossa eroica. Non vedo un ten­ta­tivo di addos­sare la respon­sa­bi­lità di una scelta sulle spalle del popolo greco di fronte ad una impasse evi­dente della trat­ta­tiva. Ci vedo invece un atto di grande one­stà e verità».

L'economista Christian Marazzi
L’economista Chri­stian Marazzi

Molti sosten­gono invece che quello di Tsi­pras sia un atto di dispe­ra­zione.
Niente affatto. La sua è una resa dei conti con le poli­ti­che neo­li­be­ri­ste che in Gre­cia si sono rive­late per quello che sono sem­pre state: un attacco siste­ma­tico alla demo­cra­zia, un totale disprezzo delle classi lavo­ra­trici, il per­se­gui­mento cri­mi­nale di poli­ti­che di arric­chi­mento dei più ric­chi. Oggi biso­gna andare allo scon­tro, non c’è altra solu­zione. Que­sta bat­ta­glia va fatta a piedi scalzi, con le armi della verità, con­tro la stra­te­gia della men­zo­gna della Troika e dei mass-media che misti­fi­cano i dati eco­no­mici e sociali e ser­vono gli inte­ressi dei poteri forti.

Se al refe­ren­dum vince il «No» cosa suc­cede?
Intanto sarei molto con­tento. La posi­zione di Tsi­pras si raf­for­ze­rebbe dal punto di vista della rap­pre­sen­tanza del popolo greco al tavolo della trat­ta­tiva. Si potrebbe creare una moneta paral­lela che non è un passo verso il ritorno alla Dracma, ma segne­rebbe lo sgan­cia­mento par­ziale dalle misure di auste­rità più repres­sive e darebbe la pos­si­bi­lità di pagare gli sti­pendi e assi­cu­rare le pre­sta­zioni sociali ancora in vigore. Non credo però che que­sto esito sia in alcun modo scon­tato. La Gre­cia è un paese allo stremo, si trova nella clas­sica situa­zione in cui il pri­gio­niero con­fessa il falso al suo peg­giore tor­tu­ra­tore, pur di sopravvivere.

Dai son­daggi risulta invece che la mag­gio­ranza voterà «Sì».
Per­ché i greci temono di essere iso­lati ancora di più. Il pro­blema è che nulla si sta muo­vendo per ren­dere il loro iso­la­mento meno pesante. Oggi la Gre­cia è sola, non ha avuto il soste­gno con­creto da parte dei paesi mem­bri, per non par­lare delle loro classi sociali anch’esse dan­neg­giate dalle poli­ti­che di auste­rità. Que­sta bat­ta­glia eroica la sta con­du­cendo con le sue sole forze. Ho sem­pre soste­nuto che per paesi come la Gre­cia fosse impor­tante restare nell’Eurozona. Essere den­tro e con­tro l’Europa, que­sta mi sem­brava la for­mula poli­tica più cor­retta da usare. Ma que­sta posi­zione oggi può però rive­larsi dispe­ra­ta­mente debole.

E se Tsi­pras sarà scon­fitto?
Ci potrebbe essere un rim­pa­sto di governo in vista delle ele­zioni. È lo sce­na­rio pre­fe­rito dalla Troika. Il com­mis­sa­rio euro­peo Mosco­vici aveva ini­ziato a lavo­rare in que­sto senso il giorno prima dell’indizione del refe­ren­dum, quando ha riu­nito l’opposizione nella sala atti­gua a quella dove si svol­geva l’incontro tra Tsi­pras e le «isti­tu­zioni». Una vera e pro­pria pro­vo­ca­zione fina­liz­zata a pre­pa­rare il rim­pa­sto. Biso­gna vedere cosa acca­drà den­tro Syriza. A quel punto la sini­stra sarebbe esclusa e ci si spo­ste­rebbe verso una com­pa­gine gover­na­tiva di cen­tro. Ma anche in que­sto caso la situa­zione potrebbe non miglio­rare affatto. E, alla fine, la Gre­cia potrebbe deci­dere di uscire dall’euro. Per forza mag­giore e per disperazione.

L’aggressione della Troika alla demo­cra­zia greca è un avver­ti­mento anche a Pode­mos in Spa­gna?
Indub­bia­mente è una misura pre­ven­tiva. Con il refe­ren­dum Tsi­pras ha fatto la mossa del cavallo alla quale la Troika ha rispo­sto con un’altra. La Troika è deci­sa­mente spa­ven­tata dalla pos­si­bi­lità che i movi­menti anti-liberisti abbiano presa anche in paesi cen­trali come la Ger­ma­nia, a sini­stra come a destra. Per que­sto i suoi stra­te­ghi stanno pic­chiando con­tro la Gre­cia in maniera così rozza. In loro non vedo nes­suna intel­li­genza, se non la volontà di distrug­gere Syriza, la sua legit­ti­mità e cre­di­bi­lità. Stanno agendo da golpisti.

A sini­stra molti fanno il para­gone con il colpo di stato con­tro Allende in Cile. Secondo lei è un para­gone appro­priato?
Può sem­brare for­zato, ma i ter­mini della que­stione sono que­sti. Nel 1973 i gol­pi­sti usa­rono l’esercito e la Cia. Oggi in Gre­cia indos­sano il dop­pio petto. Allora, in Suda­me­rica, non si poteva accet­tare un governo demo­cra­ti­ca­mente eletto, e di sini­stra. Oggi non lo si può accet­tare in Europa. Que­sta situa­zione è il pro­dotto di un fatto: la sini­stra non rie­sce a spin­gere in avanti lo scon­tro su scala euro­pea. L’unica cosa che mi con­forta è che saremo costretti a farlo presto.

Spin­gendo la Gre­cia verso il default, la Troika ha preso atto del fal­li­mento dell’Unione Euro­pea e la sta fram­men­tando modi­fi­can­dola pro­fon­da­mente?
Lo penso da tempo. Que­sta Europa è costruita sull’Euro, che è tutto tranne che una moneta in grado di con­tri­buire alla costru­zione di un’Europa fede­rale. Sin dall’inizio l’Euro si è anzi rive­lato un vei­colo di fram­men­ta­zione di una costru­zione che ha già dato abbon­danti segnali di implo­sione interna e di ten­denze verso la bal­ca­niz­za­zione. Da tutti i punti di vista: tassi di inte­resse, infla­zione, debito e defi­cit. Quella che è fal­lita è un’Europa finan­zia­ria che per­se­gue inte­ressi che non hanno nulla a che fare con l’armonizzazione dei per­corsi di cre­scita dei paesi membri.

Qual è il ruolo della Ger­ma­nia?
È da tempo che i suoi stra­te­ghi ordo­li­be­ri­sti hanno abban­do­nato l’idea di una reale uni­fi­ca­zione dell’Europa. L’hanno data in pasto ai mer­cati finan­ziari pen­sando di spo­stare l’asse stra­te­gico eco­no­mico tede­sco verso Est. Il loro gioco ha però tro­vato osta­coli in Ucraina e per le san­zioni alla Rus­sia. Per que­sto sono stati costretti a ripie­gare sull’Europa. Ora pre­ten­dono di imporre un sur­plus di ege­mo­nia tede­sca sul con­ti­nente. Sem­bra incre­di­bile, ma in que­sto momento la pic­cola Gre­cia conta per­ché rap­pre­senta un fat­tore di rischio per un simile pro­getto di uni­fi­ca­zione sotto il pugno di ferro tedesco.

Tre anni fa bastava che Dra­ghi dicesse «wha­te­ver it takes» per sal­vare l’Eurozona. Oggi sem­bra impo­tente. Come giu­dica il suo ruolo?
Tra il 2011 e il luglio del 2012 è stato molto abile. Il suo «atto lin­gui­stico» ha tenuto insieme una situa­zione che aveva toc­cato la soglia della rot­tura dell’eurozona. Dra­ghi è «l’ameriKano» in Europa e si scon­tra con i fana­tici dell’Ordoliberismo tede­sco, i Weid­mann, Schau­ble, la Bun­de­sbank. Oggi non sa da che parte girarsi. Ha fatto mosse schi­fose: minac­ciare di tagliare la liqui­dità dell’Ela alla Gre­cia, ha creato panico ed è respon­sa­bile della corsa ai ban­co­mat. È stato imper­do­na­bile esclu­derla dal «Quan­ti­ta­tive Easing» in una situa­zione in cui versa 60 miliardi al mese per evi­tare l’ampliamento degli spread. Comun­que, il suo QE va bene fino a un certo punto per­ché non mostra poteri tera­peu­tici. In Giap­pone, negli Usa o in Inghil­terra ha aumen­tato in maniera spet­ta­co­lare le dise­gua­glianze. Le imprese usano la liqui­dità per riac­qui­stare azioni, non certo per fare inve­sti­menti. I grandi inve­sti­tori pro­spe­rano sui mer­cati finan­ziari. La Bce non è in una situa­zione tale da con­tri­buire all’uscita da que­sta crisi.

L’alternativa alla stra­te­gia della Troika è la sovra­nità nazio­nale e il ritorno alle monete nazio­nali, come si sostiene anche a sini­stra?
A que­sta sto­ria della sovra­nità mone­ta­ria non ho mai cre­duto. La sovra­nità mone­ta­ria non c’è mai stata, nem­meno prima dell’Euro, ai tempi dello Sme. Ma poi, che signi­fica oggi una demo­cra­zia nazio­nale? Non basta lo spet­ta­colo che stanno dando i par­la­menti dal punto di vista delle garan­zie e dei diritti democratici?

La stessa cosa si può dire delle isti­tu­zione euro­pee, non crede?
Certo, per­ché sono la replica far­se­sca di quelle nazio­nali. Anzi, sono ancora più vuote. Volenti o nolenti, con­ti­nue­remo a muo­verci su un piano sovra­na­zio­nale con­ti­nen­tale. È un fatto irre­ver­si­bile. È solo su que­sto piano che oggi si può affer­mare una demo­cra­zia reale, e non formale.

Che cosa intende per «demo­cra­zia reale»?
Una demo­cra­zia è reale quando si appro­pria delle ric­chezze e le redi­stri­bui­sce, garan­ti­sce una red­dito di cit­ta­di­nanza e aumenta i salari. Eli­mina le media­zioni degli inve­sti­tori finan­ziari ed eroga diret­ta­mente risorse, ser­vizi e infra­strut­ture per i cit­ta­dini euro­pei. Que­sto può avve­nire a par­tire dalla stessa Ger­ma­nia, e non solo nei paesi peri­fe­rici. Biso­gna rilan­ciare un’idea di Europa poli­tica dove la poli­tica sia for­te­mente incar­nata in que­ste riven­di­ca­zioni per far fronte ai biso­gni di popo­la­zioni stre­mate dalla crisi. Lo scon­tro è a livello con­ti­nen­tale. Que­sto è il grande inse­gna­mento della Gre­cia: la sua lotta è la lotta per l’Europa.

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