Torino in crisi chiama Atene

L’assemblea. Via al confronto su come far ripartire la sinistra in una realtà impoverita e cambiata

Torino chiama Atene. E non è un col­le­ga­mento cau­sale: la prima è la città più impo­ve­rita del Nord Ita­lia, quella con il record di sfratti e di ore di cassa inte­gra­zione; la seconda, pur in una crisi dram­ma­tica, ha ridato spe­ranza alle lotte sociali e alla sini­stra. Qui Fas­sino e Renzi, là Tsi­pras e Varou­fa­kis, qui una sini­stra fra­sta­gliata, liti­giosa e poco effi­cace, là Syriza primo partito.

Non si tratta di una scom­po­si­zione mani­chea, ma della neces­sità di rico­struire rela­zioni e tes­suto sociale, par­tendo dalla scossa elle­nica, senza però l’illusione che modelli stra­nieri pos­sano risol­vere i nostri problemi.

Ecco per­ché, pro­prio a Torino, lunedì sera è ini­ziato, lon­tano da sca­denze elet­to­rali, un discorso su come la sini­stra possa ripar­tire calan­dosi in una realtà impo­ve­rita e cam­biata. «La sini­stra è sociale o non è, è utile o non è» è stato il filo rosso degli inter­venti dell’assemblea, svol­tasi alla Fab­brica delle E e orga­niz­zata da pezzi del sin­da­cato (Fiom), della poli­tica (Sel e Prc), dell’associazionismo (Gruppo Abele, Offi­cine Cor­sare) e dei movi­menti (col­let­tivi stu­den­te­schi), nel ten­ta­tivo, però, di evi­tare mere som­ma­to­rie e annul­lare così la divi­sione tra sociale e poli­tico, come nell’idea di coa­li­zione sociale auspi­cata da Mau­ri­zio Landini.

Non è una sfida sem­plice. Alla fine Marco Revelli, uno dei pro­mo­tori, è sod­di­sfatto di come sia andata: «La sala si è riem­pita, abbiamo vinto la par­tita nei con­fronti del posti­cipo di serie A. Il giu­di­zio è posi­tivo anche per la natura dei con­te­nuti, non è stata una pas­se­rella di maniera, c’è stata la con­sa­pe­vo­lezza comune di fare un salto di qua­lità. E que­sto, ripren­dendo il titolo della serata, non può che avve­nire dalle lotte sociale, che gra­zie al cielo ci sono. E dalla neces­sità di dare rap­pre­sen­tanza a una grande parte di società con una logica non testi­mo­niale, non mino­ri­ta­ria, ma con un’ambizione di governo, come ha inse­gnato Tsi­pras. Il tempo è ora».

Non pre­oc­cupa molto, al momento, che la mag­gio­ranza dei pre­senti in sala avesse i capelli bian­chi: «La forma assem­blea – risponde Revelli – sele­ziona, forse, in ter­mini gene­ra­zio­nali. Ora, biso­gna pas­sare alla pra­tica sociale, costruendo, con le nuove gene­ra­zioni, spazi fisici nei quar­tieri più sof­fe­renti, lavo­rando sul ter­reno degli sfratti, offrendo con­su­lenza legale». Sulla stessa lun­ghezza d’onda è Gior­gio Airaudo, par­la­men­tare indi­pen­dente di Sel, uno dei pro­mo­tori della serata: «Dob­biamo dare con­ti­nuità all’attuale ini­zia­tiva. La sini­stra deve, inol­tre, tor­nare a vivere i quar­tieri, essere con­creta e utile. Que­sto è un ter­ri­to­rio che sof­fre un impo­ve­ri­mento dif­fuso e un’enorme crisi occu­pa­zio­nale, Bar­riera di Milano, le Val­lette, Mira­fiori Sud, lì dob­biamo andare e dare voce a chi non ce l’ha. Con la vit­to­ria di Syriza abbiamo impa­rato che pos­siamo cam­biare i rap­porti di forza e aprire un nego­ziato. Lunedì sera abbiamo rac­colto tan­tis­sime firme per la legge popo­lare che dovrebbe libe­rarci dal pareg­gio di bilan­cio impo­sto dal governo Monti».

A dare la scossa alla sala è stato Argi­ris Pana­go­pou­los, otti­mi­sta che anche in Ita­lia le cose pos­sano cam­biare, spie­gando poi come il modello Syriza, di cui è diri­gente, si basi sull’unità di poli­tico e sociale, di mutua­lità e riforme strut­tu­rali che miglio­rino la qua­lità della vita delle per­sone, come la norma che con­sente elet­tri­cità gra­tuita e age­vo­la­zioni ali­men­tari a 300 mila fami­glie povere. Prima ancora, un lucido video-intervento del pro­fes­sor Luciano Gal­lino ha posto le fon­da­menta dell’analisi, dalla crisi eco­no­mica al Jobs act: «Un rat­toppo al mer­cato del lavoro sull’esempio tede­sco, un col­lage dei det­tami dell’Ocse, che già nel 1994 soste­neva che tanto più alto fosse l’indicatore di rigi­dità del mer­cato quanto più alta era la disoc­cu­pa­zione. Falso. Molti studi riten­gono che il 47% dei posti di lavoro sono a rischio in meno di dieci anni. L’alternativa è creare occu­pa­zione usando il potere dello Stato come suc­cesse per il New Deal ame­ri­cano». Andrea Bara­nes di Sbi­lan­cia­moci si è sof­fer­mato sulla fan­do­nia del debito e su come la crisi sia nata dall’ipertrofia della finanza.
Sono inter­ve­nuti, tra gli altri, sin­da­ca­li­sti Cgil, il segre­ta­rio tori­nese della Fiom Fede­rico Bel­lono («Il modello Fiat è diven­tato quello gene­rale delle rela­zioni sociali»), i segre­tari pro­vin­ciali del Prc Ezio Loca­telli e di Sel, Nico­letta Cer­rato, Marco Nei­tzert del col­let­tivo del Poli­tec­nico Alter­Po­lis, Leo­poldo Grosso che ha par­lato della cam­pa­gna Mise­ria Ladra del Gruppo Abele e di Libera (otto milioni e 173mila per­sone, il 13,8% della popo­la­zione ita­liana, sono in con­di­zione di povertà rela­tiva) e Luca Spa­don delle Offi­cine Cor­sare, secondo il quale «dob­biamo darci un’agenda con lotte sociali, ini­zia­tive di mutua­lità e bat­ta­glia per forme di red­dito diretto».
Il modello dell’assemblea sarà repli­cato in giro per il Pie­monte per «spe­ri­men­tare forme di inter­vento sociale unitario».

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