«Vogliamo tutto e subito»

Venezia 73. «Assalto al cielo» è il titolo del documentario di Francesco Munzi che viene presentato il 6 settembre alla Mostra di Venezia, dieci anni di movimento politico in Italia

Assalto al cielo si intitola il documentario di Francesco Munzi (l’autore di «Anime nere») in programma il 6 settembre alla Mostra di Venezia, dieci anni di movimento politico in Italia in 72 minuti, visione veloce in sintonia con i tempi contemporanei, da Potere studentesco a Parco Lambro. Sarà interessante vedere i materiali scelti da Munzi, nato nel 1969, cosa avrà suscitato il suo interesse, di quali archivi si sarà servito, cosa resta di valido per le nuove generazioni. Insomma prima di parlare del film approntiamo un manuale di istruzioni per l’uso di quelle immagini.

«Vogliamo tutto e subito» era uno slogan e un po’ lo abbiamo ottenuto. Innanzi tutto sarà bene ricordare a chi è troppo giovane per aver vissuto il 68, che la connessione tra i componenti del movimento era solo verbale, in quegli anni i ragazzi non vedevano la televisione a parte brevi aperture di telegiornali che lasciavano esterrefatti per la differenza tra eventi vissuti e fatti riportati, la prima prova evidente di manipolazioni delle immagini del potere politico che si aggiungeva alle prime pagine dei giornali con i loro titoli catastrofici (per lo più nelle case degli studenti della scuola di classe entrava solo stampa conservatrice e «il manifesto» esisteva ancora solo come rivista). L’effetto sembrava essere di criminalizzazione degli studenti che invece avevano la sensazione di cambiare il mondo, dalle lotte contro l’autoritarismo fino alle grandi strategie internazionali.

Un secondo elemento da tenere presente (questo succedeva alla Sapienza di Roma) era che il servizio d’ordine e l’assemblea all’unisono mandavano via le troupe televisive, solo i cinegiornali militanti avevano accesso, peraltro non c’era neanche il tempo di rivedersi né se ne sentiva il bisogno: gli stessi studenti erano protagonisti. Tra una assemblea e l’altra curiosamente le assemblee si ricostituivano in parte al Filmstudio per vedere underground o nelle sale specializzate nei classici o del nuovo cinema o in quelle dei western all’italiana o nei piani sequenza di Jancso o nei personaggi di Les enfants du Paradis.

Queste erano le prime immagini del ’68, poi l’organizzazione diventò più capillare, i nastri di Grifi, il primo a usare il videotape, furono mostrati oltre che agli studenti nelle università anche ai sottoproletari delle case occupate: «Avevamo bisogno, diceva Grifi (di cui pubblichiamo un suo scritto su Parco Lambro), di un cinema che rimettesse in funzione i nuovi bisogni, il fiorire di slanci, l’intelligenza e la creatività nate durante le insurrezioni metropolitane dei giovani».
Solo ci chiediamo che fine avranno fatto, in termini di immagini, i fiumi di parole che sono ininterrottamente sgorgate per mesi e mesi.

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