Podemos e la sfida del suo rinnovamento

Spagna oggi. Con i suoi 5 milioni di voti, il partito di Iglesias è ora di fronte alla prova dell’opposizione

II plauso e il giubilo di conservatori, speculatori e corrotti, per il governo che avrà la Spagna e per il suo presidente che sarà di nuovo Mariano Rajoy, dopo quasi un anno, due tornate elettorali e grazie all’astensione del Psoe. Meno entusiasmo per gli oltre dieci milioni di elettrici ed elettori che, con il loro voto, speravano di realizzare una alternativa di sinistra. Al di là di questi sentimenti contrapposti è evidente che si sta formando un governo che continuerà a demolire lo stato sociale, a distruggere l’ambiente e a togliere libertà e diritti, soprattutto alle donne e ai soggetti politici antagonisti.

Una triplice alleanza, come già l’ha battezzata Pablo Iglesias, tra PP, Psoe e Ciudadanos. Oggi è questa l’essenza della governabilità della Spagna che taglia fuori quella metà del paese che non ha votato per nessuno di loro. Una nomina per Rajoy, frutto di una decisione storica del Psoe e di quei baroni socialisti che affermano, per calmare una base in rivolta, che l’astensione serve solo ad impedire terze elezioni e non a rinunciare a costruire dall’opposizione l’alternativa alle destre. Opposizione su cosa, quando, con chi? Forse i deputati socialisti si opporranno alla nuova ondata di sacrifici e tagli allo stato sociale che Rajoy farà per obbedire alla Commissione europea? O finirà l’assurda chiusura socialista ai 67 deputati di Unidos-Podemos, a cui l’astensione socialista lascia ora il compito di organizzare, in parlamento e nel paese, l’opposizione?

Uno dei tanti tweet in rete, lapidario, profila lo scenario dei prossimi giorni <@Psoe dopo questo, sinceramente passo a Podemos. Straccio la tessera. Già avete un socialista in meno>. Ma non sarà un compito facile, quello di Podemos, perché comunque la crisi socialista rischia di disperdere forze e soprattutto perché in questi mesi Podemos è apparso ininfluente, chiuso in un dibattito interno che ne ha di fatto paralizzato l’iniziativa politica e sociale. Situazione di stallo per una causa oggettiva, l’assoluta impraticabilità della sua proposta di alternativa alle destre basata su una alleanza con il Psoe, avversata in primo luogo dagli stessi socialisti.

La sfida che ora vive Podemos è occupare lo spazio di opposizione che gli è stato lasciato, riprendere l’iniziativa, non solo in parlamento, dove i deputati non sono sufficienti a cambiare le cose, ma soprattutto nel paese per evitare che la crisi del Psoe sfoci di fatto in una crisi più generale dell’intera sinistra. Le condizioni per ribaltare i rapporti di forza, oggi favorevoli alle destre, ci sono. Il governo che si insedierà nei prossimi giorni è debole, travolto dagli scandali e destinato ad alimentare una conflittualità sociale che metterà a dura prova non solo Rajoy, ma anche la scelta fatta dai socialisti di astenersi.

Spesso, da giornali e televisioni, viene data una rappresentazione di Podemos e del suo dibattito, come di un partito bloccato in una lotta per l’egemonia, tra i due maschi dominanti Pablo Iglesias e Íñigo Errejón, o diviso tra il dare maggiore importanza alla strada o il consolidare la sua forza nelle istituzioni. Se fosse solo così Rajoy e il suo governo potrebbero dormire sonni tranquilli. Ma Podemos è più complesso di come, spesso, viene raccontato. Basta guardare il percorso che gli ha permesso in pochi anni di raccogliere oltre cinque milioni di voti. Un risultato che non è dipeso solo dall’essere un partito espressione del movimento degli indignati del 2011, ma soprattutto dalla capacità di raggiungere e mettere in rete i volti con cui quel movimento si è radicato nel territorio, di dargli una rappresentanza istituzionale. In tutti i grandi comuni dove governa insieme ai movimenti contro gli sfratti, alle maree che hanno animato la lotta per l’istruzione e la sanità pubblica, da Barcellona con la sindaca Colau a Madrid con la sindaca Carmena, dai Paesi Baschi, dalla Galizia a Valencia.

Anche l’assemblea cittadina di Podemos Madrid, riunita in questi giorni per il rinnovo della direzione regionale, influenza ulteriormente il dibattito interno, verso un Podemos rinnovato, decentrato e dove non solo le donne contino di più, ma proprio le femministe con le loro idee di politica e di vita materiale. Podemos è un partito ancora in costruzione. Se nel congresso che si terrà a gennaio prevarrà questo volto di Podemos e si riuscirà a trasformare queste, che per ora sono state solo alleanze elettorali, in un’idea nuova di partito in grado di modificare i rapporti di forza fra destre e sinistre e impedire che la crisi del socialismo spagnolo si risolva in una dissoluzione di un patrimonio storico, cosa che renderebbe impraticabile la possibilità di far crescere in Spagna l’alternativa alle destre.

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