Bologna. Studenti arrestati e cariche di polizia alla biblioteca universitaria

BOLOGNA. «Avanti cinque metri, le prime file lancino e dietro tutti fermi». Sono le 19, e in via San Giacomo, a poche decine di metri dal rettorato, un centinaio di studenti a volto coperto avanza versi gli agenti in tenuta antisommossa. Parte un lancio coordinato di bottiglie di birra che si schiantano su asfalto e scudi. La polizia risponde con una carica, gli studenti non si fanno raggiungere, altre bottiglie centrano gli agenti da una laterale. «Prendete quello con la giacca verde, è lui che ha lanciato. Arrestatelo». E un ragazzo, poco più di vent’anni, viene fermato e portato via. Ieri sera nella zona universitaria di Bologna si sono viste vere e proprio scene di guerriglia urbana.

Da un lato i collettivi universitari, dall’altro le forze dell’ordine che poco prima delle 18 hanno sgomberato a spintoni e manganellate la biblioteca di italianistica occupata dagli studenti poche ore prima. «Sono entrati di colpo, stavo studiando e sono scappato via. Ma non a tutti è andata bene», racconta un iscritto a ingegneria.

È stata la scintilla che ha dato vita a due ore di scontri con tanto di barricate in Piazza Verdi.

Per superare lo sbarramento fatto con transenne e campane del vetro ribaltate dagli studenti, intenzionati ad usarle come arieti contro la polizia, gli agenti sono partiti alla carica accompagnati dagli Iveco della celere a sirene spiegate. Poi un rincorrersi tra le parti, con gli studenti, centinaia, divisi a gruppi che tentano di avvicinarsi il più possibile alla biblioteca sgomberata, mentre poliziotti e carabinieri provano con fatica a coprire tutti gli accessi a via Zamboni.

Alle 20 è tutto finito, Piazza Verdi è ricoperta da un tappeto di cocci di vetro e sedie rovesciate.

Il Collettivo universitario autonomo rivendica gli scontri con la polizia e annuncia una manifestazione questo pomeriggio alle 16, ma solo dopo un ultimo corteo selvaggio serale per il centro città.

Se la fiammata si è vista solo ieri in realtà la tensione si stava accumulando dal 23 gennaio, giorno in cui l’università ha installato dei tornelli di controllo degli accessi nella biblioteca di Discipline umanistiche dell’Università di Bologna e della relativa sala studio.

Il sistema di controllo degli accessi, con porte di vetro oltrepassabili solo col badge dell’Alma Mater, è rimasto in funzione poche ore. Poi, per la pressione del Collettivo universitario autonomo e di altri studenti presenti, le porte sono state sistematicamente rese inutilizzabili spalancando le uscite di emergenza. «È un luogo di socialità, non una banca. Tutti devono poter entrare e studiare», hanno spiegato gli attivista del Cua.

I vertici dell’Unibo hanno giustificato la misura con i nuovi orari serali della biblioteca e con numerose segnalazioni arrivate dal personale. «Di sera al 36 entrano punkabbestia con cani, spacciatori e c’è anche chi va a bucarsi nei bagni».

Il braccio di ferro è andato avanti per giorni, finché dopo un incontro infruttuoso col rettore gli attivisti non hanno deciso di rimuovere fisicamente, cacciavite alla mano, i tornelli. La risposta dell’Alma Mater è arrivata ieri mattina: portone chiuso fino a data da destinarsi.

Nel pomeriggio la contro mossa: gli studenti sono entrati nella biblioteca da un accesso laterale e hanno riaperto i locali di studio, dichiarandoli occupati.
Poi lo sgombero e la guerriglia, l’ultima scena di un copione che affonda le sue radici nella storica contrapposizione tra autonomia da una parte e istituzioni universitarie e cittadine dall’altra.

«Zecche rosse dei centri a-sociali», urla Matteo Salvini. «Le cariche dentro la biblioteca universitaria sono un fatto grave e inaccettabile», replica il deputato Giovanni Paglia di Sinistra Italiana, annunciando un’interrogazione. «Quanto avvenuto non deve accadere mai più! Saremo di nuovo in corteo per liberare la zona universitaria», si legge invece sulla pagina facebook del Cua.

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