16 marzo 1978, il presidente DC Aldo Moro rapito dalle Brigate Rosse

È il 16 marzo 1978, una mattina in cui il presidente del Consiglio, Giulio Andreotti, si accinge a presentarsi alla Camera per chiedere la fiducia al suo quarto governo, nel quale prevede di coinvolgere il Partito Comunista Italiano

È il 16 marzo 1978, una mattina in cui il presidente del Consiglio, Giulio Andreotti, si accinge a presentarsi alla Camera per chiedere la fiducia al suo quarto governo, nel quale prevede di coinvolgere il Partito Comunista Italiano.

Alle 9,28 arriva la prima notizia dalle agenzia-stampa:  “L’on. Aldo Moro è stato rapito. La notizia è stata confermata all’Agenzia Italia dal ministro degli Interni. Il fatto sarebbe avvenuto una ventina di minuti fa nei pressi dell’abitazione dell’on. Moro. Il capo della Polizia Parlato e il ministro degli Interni Cossiga si sono immediatamente recati sul posto”. Notizia confermata due minuti dopo con la precisazione: “Dalle prime notizie risulta che i membri della scorta sarebbero stati uccisi”.

Già alle 9,37 arrivano le prime reazioni degli esponenti politici, radunati a Montecitorio, come riferiscono le agenzie: “Sgomento, raccapriccio, sdegno ha provocato nel Transatlantico di Montecitorio la notizia del rapimento di Aldo Moro e dell’uccisione dei cinque uomini della scorta. I deputati che già affollavano il Transatlantico in attesa dell’apertura della seduta convocata per le dichiarazioni programmatiche sono corsi nella sala stampa ove sono in funzione le telescriventi. Grande emozione, fortissima reazione da parte di tutti i deputati, di ogni colore politico. L’on. Corvisieri, accorsa davanti alle telescriventi, ha commentato: ‘è davvero incredibile’. Ugo Spagnoli, Comunista, ha esclamato: ‘è di una gravità inaudita: siamo alla guerra allo Stato’. Gerardo Bianco, Vice-presidente del gruppo Democristiano, dopo aver rilevato di aver accertato la consistenza delle prime voci, ha detto che a suo parere ‘c’è una strategia: proprio il giorno della presentazione del nuovo governo al Parlamento’. Quanto alla tecnica e alle modalità del rapimento Michele Zolla, anch’egli democristiano, ha detto: ‘Siamo di fronte a dei professionisti’. Francesco De Martino, Socialista, ha detto: ‘Io sono letteralmente sconvolto. Penso che ormai si debbano mobilitare tutte le forze del Paese’. A sua volta, il ministro della Sanità, Tina Anselmi, ha esclamato: ‘è la guerra civile'”.

«La pratica delle BR in questo momento si pone al di fuori di quelli che sono i processi di aggregazione proletaria, si pone come iniziativa soggettiva di partito senza contribuire alla costruzione di un potere effettivo da contrapporre ogni giorno al nemico di classe nelle fabbriche, nei territori, nelle scuole. Al contrario, il rapimento di Moro, se può avere degli effetti disarticolanti nei confronti dello stato, provoca gli stessi effetti anche all’interno del movimento di classe e dei settori rivoluzionari proprio perché non trova la sua definizione all’interno di un progetto compiuto di liberazione proletaria, nella pratica del programma comunista» .

Alle 10.10 il rapimento dell’on. Moro viene rivendicato dalle Brigate Rosse con una telefonata a un organo di stampa: “Qui Brigate Rosse. Abbiamo portato attacco al cuore dello Stato. L’ostaggio è nelle nostre mani. Viva le Brigate rosse”.

Alle 10,28 viene diffusa una prima ricostruzione dell’attentato:  L’agguato è avvenuto qualche minuto dopo le nove quando l’auto con a bordo l’on. Moro, seguita dalla macchina di scorta, è stata bloccata all’incrocio tra via Mario Fani e via Stresa, davanti al bar Olivetti. L’auto che ha fatto da tampone è un’utilitaria giardinetta targata cd 19707. L’automobile sulla quale viaggiava l’on. Moro e nella quale si trovano ancora i corpi dei due agenti uccisi, Iozzino e Rivera, è una Fiat 130 targata Roma l 59812. I due agenti Iozzino e Rivera occupavano i due sedili anteriori, alla guida era lo Iozzino. Sono stati assassinati prima ancora che facessero in tempo ad imbracciare il mitra che avevano accanto. Un tentativo di resistenza è stato forse tentato dal maresciallo Leonardi, che seguiva in una Alfetta 1800 targata Roma s 93393″.

La seduta della Camera, convocata in mattinata per le dichiarazioni del presidente del Consiglio Andreotti, viene rinviata ad ora da destinarsi, mentre il presidente della Camera Pietro Ingrao del Partito Comunista convoca e ascolta i capigruppo parlamentari di diversi partiti. Lo stesso fa il presidente del Senato, il democristiano Amintore Fanfani. Il nuovo governo Andreotti nasce in serata, con un voto di fiducia plebiscitario: Alla Camera presenti 578; votanti 575; astenuti 3; maggioranza 288; favorevoli 545; contrari 30. Hanno votato a favore Dc – Pci – Psi – Pri – Psdi – Indipendenti di sinistra e Democrazia nazionale. Contro: Pli – Msi-Dn – Democrazia proletaria e Radicali; astenuti gli Altoatesini.

Intanto, già in giornata, cominciano le richieste di leggi speciali e addirittura, da parte del Repubblicano Ugo La Malfa dell’istituzione della pena di morte: ” ‘Se necessario, per casi specifici, va ripristinata la pena di morte’: questa la risposta dell’on. Ugo La Malfa ad una domanda sulle misure eccezionali da adottare per lo ‘stato di guerra’ in cui, a suo dire, si trova il Paese. Su questa eventualità, e su quella della proclamazione dello stato d’assedio, l’Agenzia Italia ha raccolto dichiarazioni tra i parlamentari. Per il dc Massimo De Carolis, ‘a guerriglia si risponde con misure adeguate: sui terroristi in azione, si deve sparare, se poi si prendono vivi, ci vogliono processi immediati. Circa lo stato d’assedio, non serve neppure questo: c’è invece da pensare a sostituire Cossiga agli Interni’. Il dc Pontello ha detto di non essere d’accordo sulla pena di morte, invece concorda sulle altre misure di cui parla La Malfa: coprifuoco e legge marziale”.

Mentre in diverse città vi sono manifestazioni e scioperi convocati dai sindacati CGIL-CISL-UIL, gli inquirenti diffondono in prima serata le foto di nove brigatisti rossi ricercati, accompagnate da questo avvertimento: “Ecco le foto di alcuni appartenenti alle Br ricercati perché colpiti da ordini di cattura. Chiunque sia in grado di fornire notizie utili per la cattura dei ricercati può telefonare al numero di Roma 06/47.56.989. La polizia assicura che le informazioni saranno coperte dalla massima segretezza”. Tra di esse quelle di Prospero Gallinari e Mario Moretti.

All’indomani del sequestro, Prima Linea esprime al riguardo la propria posizione, decisamente critica, pubblicando un editoriale sulla rivista “Senza Tregua”. In esso viene affermato: «La pratica delle BR in questo momento si pone al di fuori di quelli che sono i processi di aggregazione proletaria, si pone come iniziativa soggettiva di partito senza contribuire alla costruzione di un potere effettivo da contrapporre ogni giorno al nemico di classe nelle fabbriche, nei territori, nelle scuole. Al contrario, il rapimento di Moro, se può avere degli effetti disarticolanti nei confronti dello stato, provoca gli stessi effetti anche all’interno del movimento di classe e dei settori rivoluzionari proprio perché non trova la sua definizione all’interno di un progetto compiuto di liberazione proletaria, nella pratica del programma comunista» .

 

Memoria e nuove generazioni

Nel 1993 la sinistra giovanile ha realizzato un sondaggio nelle scuole superiori di 11 grandi città. Il titolo dell’indagine e l’oggetto della ricerca erano: Cosa sanno i giovani del terrorismo? .
Alla prima domanda, su «quale organizzazione terroristica fu responsabile del rapimento Moro», l’82% ha risposto le BR. Chiamati a indicare tre esponenti del terrorismo italiano, davanti a una lista di nomi le risposte degli intervistati sono state sorprendenti (sorprendenti?): il 25% ha indicato Alberto Franceschini, il 20% Francesca Mambro e Valerio Morucci. Ma al terzo posto emergono Rossana Rossanda e il DC Paolo Cabras. Seguono Francesco Rutelli e la giornalista Sandra Bonsanti. Il 3% come terrorista ha indicato Indro Montanelli. Complessivamente, solo il 5% degli intervistati ha azzeccato i tre nomi richiesti.
Circa le vittime del terrorismo, al primo posto, con il 30%, viene indicato Walter Tobagi, al secondo Pio La Torre (26%), invece ucciso dalla mafia, poi Guido Rossa e Benigno Zaccagnini e addirittura Stefano Delle Chiaie, estremista nero colluso con i servizi segreti, tuttora vivo e vegeto. Il 7% tra le vittime ha segnalato l’attuale Capo dello Stato Giorgio Napolitano, il 2% Francesco Cossiga. In modo esatto hanno risposto solo tre studenti su 100.
Circa il numero delle persone arrestate per quei fatti solo il 13% si è avvicinato alla cifra reale, parlando di 4-5.000 persone. Solo uno su tre ha saputo dire che la bomba di Piazza Fontana è scoppiata in una banca.

[Dal libro di Sergio Segio, “Una vita in Prima linea”, Rizzoli editore, 2006]

 

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