La marcia dei 60 mila No Tav a Torino lancia la sfida: fermate il cantiere

Fuori dal tunnel. Grande corteo No Tav a Torino e formidabile risposta all’operazione mediatica della manifestazione delle “madamin”

 

Una piazza decisamente di sinistra, mentre i Cinque Stelle sono in forte difficoltà. Alberto Perino: «Non accettiamo nessun tunnel. Tutto queste deve finire». Lele Rizzo: «Noi abbiamo la vera idea di futuro. Siamo motivati non da interessi personali, pensiamo alla collettività»

TORINO.La testa del corteo percorre l’ultimo tratto di via Pietro Micca cantando Bella Ciao. «O partigiano, portami via». Qualche pugno chiuso si alza in mezzo alle bandiere con il treno crociato. È una giornata di cielo terso a Torino. Una decina di passi dopo, la marea No Tav entra in una piazza Castello già in pieno clima natalizio. La sfida con la manifestazione del 10 novembre – benedetta come «nuova marcia dei 40 mila» – è vinta. Il multicolore corteo contro la Torino-Lione supera le 60 mila unità. Ma la lunga e trentennale storia No Tav non può essere ridotta a una contesa numerica.

«QUESTA PIAZZA è commovente, vale la pena di vivere per vederla e ha gli stessi volti, entusiasmo, età che il movimento ha visto in tanti anni». Lo dice dal palco Nicoletta Dosio, storica attivista del movimento. «Questa piazza è l’opposto di quel sistema violento e distruttore che ci vorrebbe tutti muti e quieti. Invece – aggiunge – abbiamo la nostra voce, il futuro che vogliamo davanti a noi. «Non baratteremo lo stop alla Tav per l’Ilva, il Tap e il Terzo valico». Il corteo è partito da piazza Statuto percorrendo, poi, via Cernaia. Un corteo d’ogni età, aperto dallo striscione «C’eravamo, ci siamo e ci saremo» sorretto dalle donne No Tav. Sono venuti attivisti dalla Valle e da molte zone dell’Italia. Tanta musica e cartelli d’ogni genere. «Con un metro di Tav si coprono 80 borse di studio da 2 mila euro», hanno scritto gli studenti. «Meno Tav, più sostegno ai comuni terremotati», recita un altro slogan.

PROTAGONISTA anche uno spezzone dedicato ai bambini: «La Valle è nelle nostre mani». Più in là le «muntagnine informate e resistenti». Uno dei colori prevalenti è stato il rosso, quello delle tante anime sparse della sinistra, che in questa battaglia sembra trovare un punto d’unità: Rifondazione comunista con Maurizio Acerbo ed Eleonora Forenza, Sinistra italiana con Nicola Fratoianni e Marco Grimaldi, Potere al popolo, la Fiom ma soprattutto tanti apolidi di una sinistra senza partito, di un mondo che ieri ha voluto essere in piazza. Il sindaco di Susa Sandro Plano (Pd ma eretico) ha invitato a ribaltare il motto salviniano «prima gli italiani» utilizzato in chiave discriminatoria: «Noi diciamo prima le scuole e gli ospedali italiani, invece di disperdere i soldi per un’opera inutile».

E I CINQUE STELLE, che in questa battaglia avevano le radici? Sono stati meno visibili del solito. C’erano consiglieri regionali e comunali, il senatore Alberto Ariola, qualche assessore comunale e il vicesindaco di Torino Guido Montanari, con la fascia tricolore al centro dello spezzone degli amministratori: «Il Tav è una di quelle opere inutili che consuma energia». La sindaca Chiara Appendino era assente, Montanari è stato vittima di una isolata contestazione. Unico e breve momento di tensione in una giornata tranquilla. La partecipazione alla manifestazione di ieri rappresenta anche una sfida ai pentastellati. Proprio a loro si è voluto rivolgere Alberto Perino: «Chiediamo che tutto questo abbia fine, lo chiediamo con forza al M5S perché l’avevano scritto nel loro programma. Ci rendiamo conto che non sono soli al governo ma chiediamo loro di resistere e portare a casa quello che hanno promesso. Non accettiamo nessun tunnel». In questa fase di limbo i Cinque Stelle continuano a ribadire di essere in attesa dell’analisi costi-benefici. Ma non tutti vivono allo stesso modo l’indugio. La capogruppo in consiglio comunale a Torino, Valentina Sganga, invita i ministri Cinque stelle a fermare subito l’opera: «Questa massa democratica non può soggiacere a nessun valore economico». Va «oltre gli esiti, più che scontati, che potrà produrre la stessa analisi costi/benefici».

UNA COSA È CERTA: i Cinque stelle si trovano in forte difficoltà e, ieri, non è stata affatto una piazza grillina, come i media mainstream vogliono dipingere. Il popolo No Tav ha risposto nelle sue diversità alla chiamata: chi lo pensava in salute precaria dovrà cambiare opinione, farsene una ragione. Un mondo colorato e felice apparentemente rinvigorito dalla sfida lanciata dalle sette donne torinesi che, con la piazza del 10 novembre, pensavano di aver chiuso la partita, brindare alla crescita senza fine e spedire i No Tav in montagna tra pecore e mucche. «Ci fanno passare per retrogradi – ha detto Lele Rizzo, uno dei leader della protesta – ma noi abbiamo la vera idea di futuro. Siamo motivati non da interessi personali, ma da un linguaggio di chi pensa per la collettività».

E, MENTRE, IN FRANCIA impazza la protesta, a Torino è comparso in marcia un gruppetto di «gilets jaunes» dalla valle francese della Maurienne. In corteo anche il sindaco del comune francese di Villarodin Bourget, Gilles Margueron: «Siamo qui per dimostrare che anche in Francia e non solo in Italia si protesta contro il Tav. In Francia poche persone sanno quello che può succedere, non c’è informazione si dice sempre che il tunnel in Italia è partito e non è vero, così come da noi. Per ora ci sono solo i soldi dell’Europa per le discenderie non per l’opera».

MENTRE SULLE PENDICI del monte Musinè ricompariva la scritta «Tav=mafia», ieri si è visto un riscatto anche di quella sinistra senza casa, indignata per il decreto Salvini e per l’insipienza di Toninelli, che sparsa e delusa è voluta tornare in piazza per dire no a un modello di sfruttamento ambientale e spreco di risorse e sì a tante opere utili. Nell’anniversario della liberazione di Venaus (13 anni fa) e nella giornata contro le grandi opere inutili, anche altre realtà di movimento sono venute a Torino. Numeroso lo spezzone contro il Terzo Valico. Proprio ieri, è morto l’operaio di 57 anni caduto nel cantiere di Voltaggio (Alessandria)dopo un volo di 6 metri da un’impalcatura.

* Fonte: Maurizio Pagliassotti, Mauro Ravarino, IL MANIFESTO

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