Guatemala, rischio di amnistia per i crimini delle autorità durante la guerra civile

Il rischio è che venga approvata prima di giugno, quando si andrà al voto per eleggere il Congreso de la República e il nuovo presidente, che prenderà il posto di Jimmy Morales, l’ex attore comico eletto nel 2015

A fine gennaio organizzazioni contadine ed indigene del Guatemala sono scese in piazza per protestare contro la riforma della Legge di riconciliazione nazionale, che garantirebbe una sorta di amnistia – e quindi l’impunità – a tutti coloro che si sono macchiati di crimini contro l’umanità durante la guerra civile conclusa nel 1996. Il rischio è che venga approvata prima di giugno, quando si andrà al voto per eleggere il Congreso de la República e il nuovo presidente, che prenderà il posto di Jimmy Morales, l’ex attore comico eletto nel 2015. Morales lascia un Paese nel caos in una regione – il Centro America – che è tornata una polveriera. Alla situazione ha attivamente contribuito, ad esempio allontanando dal Paese la Commissione internazionale contro l’impunità in Guatemala (Cgic) appoggiata dalle Nazioni unite.

«LA DECISIONE DI CACCIARE i funzionari della Commissione è una chiara evidenza del fatto che il Paese è governato da gruppi criminali e delinquenti che difendono i propri interessi» racconta al manifesto Leiria Teresa Vay Garcia, che fa parte Comité de Desarrollo Campesino (Codeca) ed è la responsabile delle relazioni internazionali del Movimiento para la Liberacion de los Pueblos (Mpl), un soggetto politico nuovo sorto da movimenti di base per lo più indigeni e contadini.

«Morales s’è messo contro la Cigic per evitare che questa potesse investigare alti funzionari pubblici dei tre poteri dello Stato. Secondo il Commissario Iván Velásquez Gómez, anche il presidente sarebbe vincolato a gravissimi casi di corruzione e impunità. Siamo preoccupati: i delinquenti vogliono difendersi, e la repressione tocca in particolare attivisti e difensori dei diritti umani».

SECONDO L’ULTIMO RAPPORTO di Front Line Defenders, nel 2018 in Guatemala sono stati uccisi 28 difensori dei diritti umani. «Sei erano membri del Codeca» dice Leiria Vay Garcia. «Lottare per la vita è un lavoro ad alto rischio. La risposta è la repessione totale: si parte con la diffamazione attraverso i mezzi di comunicazione, per stigmatizzare i difensori e lasciarli soli, ma quando la lotta continua i passi successivi sono la criminalizzazione e quindi la persecuzione e l’omicidio.

Nel 2018, Morales in un discorso pubblico ha minacciato il Codeca, e poco è stata assassinato il nostro dirigente Luis Marroquíncon, con nove colpi alle nove del mattino, in un luogo pubblico, da un presidente municipale. Nonostante i testimoni, il responsabile non è stato incarcerato. Sono almeno 2.735 gli attivisti finiti a processo, 200 in carcere. Solo due giudizi sono arrivati in giudizio, riconoscendo l’innocenza». Contadini e indigeni protestano contro il saccheggio delle risorse, avviato subito dopo gli Accordi di pace del 1996.

«Con l’espansione delle coltivazioni su larga scala, le famiglie non possono più lavorare per la propria sussistenza. Fenomeni come la concentrazione delle proprietà, e la privatizzazione, portano ogni anno decine di migliaia di persone all’estero, negli Usa e in Canada». È a partire da quest’analisi che il Codeca ha avviato nel 2012 un processo di formazione socio-politica nelle comunità, con l’obiettivo di arrivare a costituire un soggetto politico autonomo, che oggi ha preso forma nel Movimiento para la Liberacion de los Pueblos.

* Fonte: Luca Martinelli, IL MANIFESTO

 

photo: De Ollantay Itzamná – Trabajo propio, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=75194114

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