Brescia. Piazza della Loggia, la storia di una strage fascista

SCAFFALE. «La morte a Brescia. 28 maggio 1974» di Paolo Barbieri per Red Star Press

Esce ora nella ricorrenza del 45/mo anniversario della strage di Piazza della Loggia (otto morti e più di cento feriti) La morte a Brescia. 28 maggio 1974: storia di una strage fascista di Paolo Barbieri (Red Star Press, pp. 128, euro 14). Lo stesso autore, all’epoca diciottenne, era su quella piazza al momento dello scoppio della bomba. Non fu investito dall’esplosione per una pura casualità, o come scrive, per «destino o fortuna».
A causa della pioggia battente si era rifugiato sotto i portici proprio dove pochi minuti dopo deflagrò l’ordigno collocato in un cestino porta rifiuti. Chiamato da un amico si era spostato rimanendo incolume. Nella sua memoria indelebili sono rimasti la visione del sangue e dei corpi straziati riversi a terra, gli attimi concitati del deflusso dei manifestanti, la paura, anche di un possibile golpe, il presidio successivo delle sedi del sindacato e dei partiti, l’immensa folla del giorno dei funerali con i fischi alle autorità politiche.

MA NON È UN LIBRO solo di ricordi. Tutt’altro. Si ricostruiscono, infatti, le tappe che avevano preceduto la strage con lo stillicidio delle azioni violente e degli attentati, in particolare quello del 20 maggio, quando un giovane neofascista, Silvio Ferrari, era saltato per aria in Piazza del Mercato con la sua motoretta con la quale trasportava un potente ordigno per un attentato. Un episodio che aveva spinto i sindacati e il Comitato unitario antifascista a indire la manifestazione del 28 maggio. Uno sciopero generale della città «contro ogni trama fascista».
La strage di Brescia fu la «più politica di tutte le stragi» messe a segno in quegli anni. Non si volle colpire «nel mucchio» in modo indiscriminato per scatenare il panico e suscitare una richiesta d’ordine, così come era accaduto per Piazza Fontana. L’intento era di «uccidere proprio quei cittadini». Come scrisse il giudice Gian Paolo Zorzi: «convenuti per manifestare la loro protesta nei confronti dei ripetuti atti terroristici di sicura marca neofascista».

La città, una ricca città di provincia, governata da sempre dalla Democrazia cristiana, stava vivendo una sua mutazione con l’ascesa dei «tondinari arricchiti» che rompevano con la tradizionale borghesia cattolica con radici antifasciste. Una frattura che aveva portato alcuni imprenditori a finanziare le organizzazioni nazifasciste in chiave antioperaia.
La lunghissima vicenda giudiziaria, ripercorsa minuziosamente da Paolo Barbieri, giornalista professionista per moltissimi anni all’Agenzia Ansa di Milano, si è conclusa in Cassazione il 20 giugno 2017 con la condanna all’ergastolo di due esponenti di Ordine nuovo, l’organizzazione nazifascista fondata da Pino Rauti: Maurizio Tramonte, al contempo informatore del Sid (il Servizio informazioni difesa) con il nome in codice di «Tritone», e Carlo Maria Maggi, il «reggente» nel Triveneto.

AMBEDUE avevano partecipato la sera del 25 maggio alla riunione ad Abano Terme tenutasi in preparazione della strage. Da qui la presenza dello stesso Tramonte in Piazza della Loggia la mattina del 28 maggio 1974. Presenza confermata da una foto scattata pochi istanti dopo l’esplosione. Il Sid coprì Tramonte e Maggi, pur sapendo dei loro progetti criminali e nulla fece per impedire la strage. I depistaggi furono una costante. Paolo Barbieri giustamente parla di una strage da ricondurre a quel «partito del golpe», presente nei vertici militari e in settori della classe dirigente politica, che operò in quegli anni per scardinare la democrazia nata dalla Resistenza.
Maurizio Tramonte è in carcere mentre Carlo Maria Maggi è deceduto il dicembre scorso. Ma non è stata ancora messa la parola fine. Due sono, infatti, gli stralci di indagine ancora aperti. Uno dalla Procura dei minori in cui si fa il nome di un altro ordinovista, Marco Toffaloni, un veronese all’epoca minorenne, ora in Svizzera con un’altra identità. L’altro riguarderebbe invece un notissimo dirigente sempre di Ordine nuovo. Entrambe le piste porterebbero nuovamente in Veneto e sarebbero compatibili con la sentenza emessa.

* Fonte: Saverio Ferrari, IL MANIFESTO

You may also like

0 comments

Leave a Reply

Time limit is exhausted. Please reload CAPTCHA.

Sign In

Reset Your Password