La strada di una sessantottina americana davanti alla violenza

Carole Beebe Tarantelli, «Sotto un sole metallico. La mia vita raccontata a Alessandro Portelli», per Donzelli. I ricordi della compagna di vita di Ezio Tarantelli ucciso dalle Br il 27 marzo 1985 e che scelse di incontrare chi sparò a suo marito

Carole Beebe Tarantelli, «Sotto un sole metallico. La mia vita raccontata a Alessandro Portelli», per Donzelli. I ricordi della compagna di vita di Ezio Tarantelli ucciso dalle Br il 27 marzo 1985 e che scelse di incontrare chi sparò a suo marito

 

Sotto un sole metallico, libro appena uscito per Donzelli (pp. 144, euro 24) dice di sé che si tratta del racconto che della propria vita Carole Beebe Tarantelli fa a Sandro Portelli. Naturalmente non è proprio così, perché così sembra si tratti di una mera trascrizione. Siccome Sandro è un maestro di storia orale, senza farsene accorgere, riesce a dare alla narrazione di Carole un tono di naturalezza che altrimenti non potrebbe risultare. La traccia, insomma, diventa un colloquio e si capisce che i due stanno chiacchierando fra loro di cose che ambedue conoscono bene, con la naturalezza di chi riscopre una memoria comune.

È PER QUESTO, credo, che si legge con piacere la storia di questa ragazza americana sessantottina e poi, via via, la sua scoperta di un altro mondo, l’Europa, anzi di più: l’Italia. Sicché per una lunga prima parte, perduti anche noi lettori nei tanti campus universitari fra i quali Ezio e Carole si sono conosciuti, si finisce per dimenticare che il libro ha un avvenimento drammatico centrale come punto d’arrivo: l’omicidio di Ezio Tarantelli, compiuto dalle Brigate Rosse il 27 marzo 1985. Che dunque arriva al lettore d’improvviso, proprio come accadde nella realtà, quando quei colpi sparati dal nucleo terrorista guidato da Barbara Balzarani, spezzò la vita di una giovane coppia felice.

Lo si percepisce così anche per via del riserbo di Carole, che riduce la cronaca dell’evento a pochissime pagine e con una narrazione minimalista, asciugata di qualsiasi aggettivo che riveli lo sconquasso che quell’assassinio produsse agli umani che ne venivano più direttamente colpiti – la moglie e il figlio della vittima – ma anche in tutti noi. Penso ricordiate tutti bene l’angoscia – politica – che ci pervase quando sapemmo di questo ennesimo assassinio. Quegli anni ’80 furono del resto tremendi per tante ragioni: i missili Nato e sovietici installati ovunque, il disfarsi della Repubblica che avevamo conosciuto, la controffensiva che indusse le prime grandi sconfitte operaie. Tutte vicende che si intrecciano.


IL LIBRO RICORDA
questo contesto, che io, e credo anche Sandro, abbiamo vissuto in qualche momento diversamente da Carole, e in proposito cito la vicenda della scala mobile e il funebre referendum che finì per sotterrare quella conquista subito dopo la morte di Berlinguer che quella consultazione aveva fortemente voluto. Ezio Tarantelli aveva in proposito assunto una diversa posizione, proponendo, insieme alla Cisl con cui collaborava, una soluzione che prevedeva un complicato accordo con la controparte che avrebbe potuto a suo parere evitare un aggravamento dell’inflazione. Questo pezzo del racconto mi ha dato tristezza ulteriore, perché è la prova dell’insensatezza del terrorismo italiano che uccise Tarantelli – così come aveva fatto con i magistrati – solo perché identificabili con un pezzo dello Stato, nel caso di Ezio credo perché era collegato in qualche modo alla Banca d’Italia. Non dunque per motivazioni che avevano a che vedere con quel, o un altro, confronto politico in atto. Risultava, anzi, totalmente estraneo a quel dibattito, di cui credo non avesse nemmeno compreso il senso. Perché i terroristi rimasero del tutto estranei al dibattito che caratterizzò quella difficile fase: loro erano, a prescindere, per l’abbattimento dello Stato, indifferenti rispetto alle divisioni che segnavano l’area della sinistra ormai assai differenziata rispetto alla definizione della linea politica da prendere.

Carole nel suo racconto coglie, mi sembra, questa estraneità e dunque la debolezza di quel fenomeno. Non esprime giudizi di merito, perché questo le basta a formulare un giudizio; e credo abbia ragione.

SUI TERRORISTI i giudizi sono stati molto diversi, a cominciare dagli stessi dirigenti del Pci, fra i quali una sua ala importante finì per considerarlo creatura dei più loschi servizi segreti, chi invece prese troppo sul serio, pur non condividendola, la loro strategia, o comunque il significato di una protesta sociale.

Io mi limito a dire qui che ho avuto molta pena per chi è andato a sparare – fateci caso, quasi tutti operai e donne (sempre le più conseguenti), ma grande rabbia verso gli intellettuali che pur non avendo mai tirato un colpo, hanno indotto tanti a scegliere una insensata lotta armata.

Ma questo è un dibattito che non c’entra con questo libro, che non è di questo che intende trattare. Quel che è straordinaria è invece la cronaca di quanto, e da subito, rinunciando a rancori pur così giustificati, ha fatto Carole: andare a incontrare gli assassini del suo compagno di vita per cercare di capire, per ascoltarli e anche aiutarli a riflettere criticamente sul loro operato.

Io Tarantelli non l’ho conosciuto ma di Carol so molto. So che non aveva a che fare con l’aborrito craxismo, come prova il suo impegno quando fu eletta nelle liste del Pci come indipendente. Ma, sopratutto, so, dopo aver letto questo libro come sia stata straordinaria nell’andare in giro per le carceri a ricercare un rapporto umano con i terroristi, per ascoltarli. Senza rancori.

Da quel che ho imparato dalla cronaca di questo libro – quanto ricco di esperienze e di riflessioni comuni sia stato il suo rapporto con la moglie -, ho anche capito che con Ezio Tarantelli ci saremmo trovati assai più consonanti di quanto non fummo a proposito della scala mobile.

* Fonte/autore: Luciana Castellina,  il manifesto

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