Spie e ottusità a confronto

USA/CINA/GERMANIA
Molti mesi fa, prima dello scoppio dello scandalo dello spionaggio elettronico, il governo americano, e dietro di esso gran parte della stampa occidentale e italiana, si è esibito in una furiosa campagna contro la Cina,

USA/CINA/GERMANIA
Molti mesi fa, prima dello scoppio dello scandalo dello spionaggio elettronico, il governo americano, e dietro di esso gran parte della stampa occidentale e italiana, si è esibito in una furiosa campagna contro la Cina,

come del resto succede di frequente, sotto vari pretesti. Si accusava il paese asiatico e il suo maligno governo di condurre un’attività di spionaggio su vasta scala contro gli Stati Uniti. In particolare con un’estesa attività di pirateria informatica, senza risparmiare nessuno, l’amministrazione pubblica, le imprese, i centri di ricerca, le basi militari e così via. Da tale campagna, grottescamente, gli Stati Uniti apparivano come il soggetto debole, costretto a subire inerme gli attacchi di un nemico perfido e potente.

I cinesi, per la verità, non ribatterono troppo vistosamente alle accuse, anche se ignoriamo cosa sia eventualmente successo dietro le quinte. Si sa come sono poi andate le cose. È venuto alla ribalta lo scandalo della Nsa, organizzazione che sembra ormai spii le persone e le istituzioni di tutto il mondo, di giorno e di notte, senza risparmiare nessuno. Dal giorno dello scoppio dello scandalo la campagna di stampa contro la Cina è cessata di colpo e non sapremo mai quanto ci fosse di vero o inventato in essa. Sappiamo però con certezza che presto gli americani troveranno qualche altra colpa di cui accusare il paese asiatico, che certo peraltro avrà peraltro anch’essa qualche scheletro nell’armadio.

L’episodio mi è venuto in mente ieri, leggendo la lista delle accuse che ora sempre il governo statunitense ha lanciato contro il governo tedesco sui temi economici, anche se si percepisce chiaramente che le stesse polemiche si possono applicare alla Cina, presente ormai come un’ossessione al gruppo dirigente statunitense. Dobbiamo peraltro premettere che nei giorni scorsi era stata la stessa Commissione Europea di Bruxelles – fino ad oggi sempre stretta alleata della Germania – a fare delle osservazioni al paese teutonico.

Sul sito della Commissione è stato in effetti postato uno studio, opera di uno dei suoi economisti più autorevoli e più noti, Jan ‘t Veld. Nell’ambito della pubblicazione delle pagelle dei vari stati rispetto al rispetto delle regole a suo tempo concordate, la pubblicazione se la prende anche con la Germania per il fatto che essa ha superato la soglia massima ammessa per il surplus delle partite correnti. Tali surplus troppo elevati, secondo lo studio, aggravano la crisi dei paesi del Sud Europa e la Germania è quindi invitata a fare degli sforzi per esportare di meno; le si suggerisce invece un rilancio dei consumi interni. Come è noto, gli stessi rilievi della Commissione sono portati avanti da tempo da molte parti ed essi appaiono del tutto corretti. Ma rispetto ad essi la Merkel si è sempre limitata a una scrollata di spalle.

Ora critiche della medesima natura, con maggiore forza e certo con maggiore determinazione, sono mosse alla Germania dal Tesoro statunitense. L’ente pubblica semestralmente un rapporto sulle valute. Di solito negli ultimi anni tale rapporto serviva soprattutto ad accusare la Cina di tenere artificialmente basso il livello del renmimbi per favorire le sue esportazioni; seguivano minacce di vario tenore, più o meno velate, contro il paese asiatico.

Anche questa volta, e non poteva mancare, il documento accusa la Cina, e anche in qualche modo il Giappone, ma il posto d’onore sul banco degli imputati è sorprendentemente riservato alla Germania. Al paese si rimprovera anche da questa parte il vasto surplus delle sue partite correnti, surplus superiore ormai in valore assoluto persino a quello cinese. Esso, afferma il documento, fornisce una spinta deflazionistica rilevante all’area dell’euro e all’intera economia mondiale. Si afferma anche che l’andamento anemico della domanda interna tedesca e la dipendenza dell’economia dall’export hanno impedito il ribilanciamento dell’area dell’euro proprio nel momento in cui molti altri paesi erano sotto forte pressione per ridurre la domanda interna e comprimere le importazioni, per portare avanti gli aggiustamenti richiesti proprio dalla Germania. Invece il paese teutonico ha resistito a delle politiche almeno in parte alternative che incoraggiassero una crescita più elevata dei salari o che perseguissero un più largo deficit del bilancio pubblico per stimolare la domanda interna.

Tutto giusto ed è quanto in molti ripetono da anni. In astratto le accuse statunitensi, al contrario di quelle contro la Cina sullo spionaggio, colgono nel segno. Ma, come ha rilevato anche Gideon Rachman sul Financial Times (www.ft.com, 31 ottobre 2013), da che pulpito viene questa predica grossolana! Intanto l’attacco alla Germania interviene proprio nel momento in cui lo stesso paese accusa gli Stati Uniti di spiarla e quindi il momento per accusare il paese europeo sembra proprio inopportuno ( ill-timed , dice il giornalista). Ma, d’altra parte, se ci fosse da indicare un solo paese la cui irresponsabile politica economica ha posto un pericolo costante all’economia del mondo, afferma lo stesso Rachman, il primo candidato in classifica sarebbero proprio gli Usa. Va ricordato che proprio di recente il paese ha giocato pesantemente e per due volte di seguito con l’economia degli altri paesi, oltre che con la propria.

La prima volta minacciando di ritirare la politica monetaria lassista inaugurata molto tempo fa dalla Fed per contenere la crisi dell’economia reale; ne sono seguite subito, in particolare, delle rilevanti difficoltà finanziarie per molti paesi emergenti e anche le conseguenze per l’euro non sono state di poco conto. La seconda volta che le decisioni statunitensi hanno influito negativamente sui destini economici del mondo è stato con il folle duello tra democratici e repubblicani sulla minaccia di default del paese. Naturalmente Merkel si è arrabbiata con gli Stati Uniti per la seconda volta in pochi giorni.

A parte la questione dello spionaggio, sulla quale la Germania ha mostrato una dignità di comportamento che è mancata del tutto invece al governo Letta, la risposta dei tedeschi alle accuse sul surplus delle partite correnti è stata, incredibilmente, quella che la critica statunitense è incomprensibile e che non ci sono squilibri che hanno bisogno di essere corretti. In che mani siamo. Tra gli opportunismi imbelli di Obama e del Tea Party da una parte, le ottusità della politica economica della Merkel dall’altra.

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