Festa della rivista A. Le ricette anarchiche reggiane

La festa . Nella prima casa del popolo italiana, a Massenzatico, si svolge domani la 47esima festa di compleanno della rivista anarchica A. Con dibattiti e una «cena del popolo»

L’anno di nascita è lo stesso del manifesto: il 1971. Con storie, periodicità, riferimento ideologico (mai abbandonato da nessuno dei due: «quotidiano comunista», «rivista anarchica») e tante altre cose diverse. Comune è invece il destino delle due testate: ancora vive in un panorama editoriale in progressiva desertificazione, entrambe nel loro quarantasettesimo anno di vita. Entrambe antifasciste e di sinistra.

Parliamo del mensile A, che ha organizzato la propria festa domani a Massenzatico (Reggio Emilia), ospite del circolo Arci “Cucine del popolo” (in via Beethoven 79) che si vanta di essere stata la prima casa del popolo in Italia (fu inaugurata il 9 settembre 1893). Da quelle parti il pensiero libertario è di casa e per questo nel penultimo weekend di settembre vi terranno il primo incontro internazionale dei geografi anarchici, che esistono e non sono pochi, in una tradizione che si riallaccia agli ottocenteschi Piotr Kropotkin ed Elisèe Reclus.

Tra i «casi di scuola» che saranno analizzati, quello della repubblica del Rojava, nata dalle ceneri della guerra siriana e sulla spinta dell’autonomismo dei kurdi, fondata sul confederalismo, l’egualitarismo e l’autogestione. Un modello che deve molto alla svolta «anarchica» del leader del Pkk Abdullah Ocalan, che dal carcere di Imrali dov’è sepolto da vent’anni ha rivisto la vecchia impostazione marxista-leninista.

Il programma prevede un dibattito dal titolo lungo e originale: «Non c’è bisogno che le donne tengano sempre la bocca chiusa e la vagina aperta», citazione aperta di Emma Goldman, femminista anarchica di un secolo fa, non suffragetta ma militante libertaria, incarcerata per propaganda anticoncezionale, espulsa dagli Stati Uniti nel 1919 e poi a colloquio con Lenin a Mosca, prima accesa sostenitrice poi disillusa critica della rivoluzione russa. Infine in Spagna, nella Barcellona anarchica del 1936. La sua autobiografia fa discutere ancora oggi e ne parlerà alle 16 Carlotta Pedrazzini, studiosa di Emma Goldman e redattrice di «A».

A parlare di Fabrizio De André e del suo pensiero (anche) anarchico sarà Paolo Finzi, figura storica del giornale, il più giovane tra gli anarchici fermati la sera del 12 dicembre 1969 dopo la strage di piazza Fontana e poi tra i fondatori della rivista festeggiata. Alle 18 dirà la sua sul pensiero di Faber, sull’anarchismo che fu per tutta la vita il suo pensiero di riferimento, sulla loro amicizia. Titolo: «Non ci sono poteri buoni», parole anarchiche ma non per soli anarchici. «Il nostro rapporto con Fabrizio De André è stato molto intenso, davvero speciale – dice Finzi – è sempre stata la sua rivista, quella che a volte teneva piegata in tasca, con la testata ben visibile, durante i concerti. Quella che leggeva per poi telefonare e dirci che cosa gli piaceva e che cosa no. Quella alla quale tante volte ha fatto pervenire il suo sostegno economico. Dopo la sua morte abbiamo voluto continuare il sodalizio tra lui e “A” creando e proponendo alcune iniziative editoriali per ricordare l’amico, il compagno, il pensatore, il poeta».

A sera, cena emiliana assolutamente scorretta (anche nel prezzo: 20 euro, ma in parte finiranno nelle casse di A, al manifesto ne sappiamo qualcosa), con variabile vegetariana e vegana.

Chiuderà la serata il cantastorie (anarchiche e sociali) Alessio Lega, appena uscito con il suo ultimo disco Mare Nero (e dall’ospedale per un intervento andato bene). Il cantautore salentino, immigrato a Milano, ritorna a Massenzatico con il suo ricco repertorio. Qualche classico dell’anarchismo spunterà, anche quella canzone su Lugano (bella?), la stessa che si ascolta a tutto volume anche in alcune iniziative del sindacalismo confederale (dove ci sono pure degli anarchici, ma in maggioranza si trovano oggi in sindacati libertari e alternativi, di base). Poi tutti a nanna. Con la consapevolezza che venti chilometri a sud/est sul palco ci sarà Vasco Rossi, roba da centinaia di migliaia di persone.

«Non son l’uno per cento, ma credetemi esistono», cantava degli anarchici Leo Ferrè, uno di loro, un De André francese. Forse saranno meno dell’uno per cento, ma in molte parti del mondo esistono. Magari sono molti più di quanti lo stesso Ferré potesse sospettare. E lottano insieme a noi. Vite spericolate, direbbe Vasco.

FONTE: Angelo Mastrandrea, IL MANIFESTO

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