“Sulle carceri Castelli non sa cosa dice”

«Prigioni come alberghi di lusso? Il ministro provoca». Parla Sergio Segio

il manifesto, 18 agosto 2002

MANUELA CARTOSIO
Poco tempo fa i detenuti del carcere di Bergamo hanno dovuto fare lo sciopero del vitto per ottenere un rotolo di carta igienica a testa alla settimana e non ogni 15 giorni. A Sergio Segio, coordinatore del Gruppo Abele a Milano, piacerebbe sapere «quante stelle vale» un rotolo di carta igienica per l’ingegner Roberto Castelli. Il ministro leghista della giustizia, visitando a Ferragosto il Buoncammino di Cagliari, ha omaggiato i 57 mila “ospiti” delle galere italiane con un “pensiero” che merita d’essere incorniciato: «Il regolamento va rivisto e modificato, era stato pensato come se il carcere fosse un grande albergo: c’è pure l’obbligo di mettere nelle celle la televisione a colori. Il nostro obiettivo è quello di garantire la dignità dei detenuti, non di farli vivere nel lusso».

Si presume che uno vada in carcere il 15 di agosto per portare conforto e solidarietà ai detenuti, non per offenderli o provocarli.

Alle cronache è sfuggito un particolare. Il ministro Castelli non ha passato venti minuti nel carcere di Cagliari perché da mesi i 400 detenuti protestano contro le condizioni del Buoncammino. C’è andato su invito di alcuni sindacati della polizia penintenziaria. E’ a loro che ha portato solidarietà.

Sia come sia, l’abominevole frase poteva risparmiarsela.

La scarsa conoscenza dell’universo penitenziario porta l’ingegner Castelli a dire spesso e volentieri cose infondate o provocatorie.

Scarsa conoscenza? La sua è feroce insensibilità umana. Una volta anche i peggiori ministri usavano l’onesta dissimulazione per tenere a freno gli spiriti animali della società. Adesso sbracano con protervia, il bar sport è direttamente al governo.

Non dò giudizi sotto il profilo umano. Valuto il ministro per quel che dice, per quel che fa o che non fa. Fin dalle prime uscite Castelli si è dimostrato inadeguato e incompente.  Appena paracadutato in via Arenula, per diminuire il sovraffollamento propose di riaprire Pianosa e l’Asinara.

Il nostro vero problema non è Castelli ma il 70%, o forse più, di italiani che sul carcere la pensano come lui.

Temo che la percentuale sia amaramente vera. Con uno sforzo d’ottimismo imputo anch’essa alla non conoscenza della quotidianità del carcere. Chi sta fuori crede davvero che le galere siano alberghi di lusso con il tv color. Se gli organi d’informazione avessero la costanza d’informare meglio e di più sul carcere il senso comune non sarebbe quello a cui Castelli dà voce.

Sei troppo ottimista: proprio il giorno di Ferragosto sui quotidiani c’erano i dati sul sovraffollamento, sui suicidi in crescita tra i detenuti. Comunque, cos’è questo regolamento carcerario che Castelli ritiene troppo lussuoso?

E’ una legge dello Stato del 2000 e, ovviamente, nelle sue parti innovative e migliorative non è mai stato applicato. Era successo altrettanto con il regolamento precedente del 1976. Le leggi che promuovono maggiori diritti per i detenuti restano sempre carta straccia, si scontrano con la costituzione materiale del carcere. Un solo esempio. Una guardia che chiude in ritardo in cella il detenuto dopo l’ora d’aria riceve una sanzione disciplinare; se lo manda all’aria in ritardo, non gli succede niente. E’ questa la mentalità che frena i cambiamenti in meglio.

Dunque, non è solo questione di scarsità di risorse se nelle celle continuano a non esserci docce e acqua calda, come vorrebbe il nuovo regolamento.

Soldi, volontà politica e mentalità vanno di conserva. Castelli si vanta d’aver firmato un decreto che stanzia mille miliardi di lire per le carceri. Non dice che sono quasi per intero soldi già stanziati dal governo di centro sinistra per l’edilizia penitenziaria. I governi cambiano colore, ma sul carcere l’unica cosa che sanno pensare è di costruire altre galere.

Si parla di carceri in leasing, costruiti da privati e affittati dallo Stato, e di carceri gestiti dai privati.

E’ il solito impasto di logica affaristica e di provincialismo. Castelli è andato negli Usa ed è tornato pieno di fervore imitativo. Non si è accorto che negli States, dopo vent’anni di privatizzazione penitenziaria, stanno riconsiderando criticamente la scelta.

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