Soldi e diritti. Per gli schiavi

A Caserta la manifestazione dei migranti sfruttati e senza permesso di lavoro Con loro il sindaco, esponenti del volontariato e padri comboniani

A Caserta la manifestazione dei migranti sfruttati e senza permesso di lavoro Con loro il sindaco, esponenti del volontariato e padri comboniani

 CASERTA. Secondo giorno senza lavoro da schiavi per una paga da fame: i migranti del napoletano e del casertano sono tornati in strada ieri. Ma non alle rotonde, dove ogni giorno si tiene il mercato delle braccia: questa volta hanno invaso Caserta, capoluogo di Terra di lavoro diventato da due anni il laboratorio per la politica repressiva del ministro dell’Interno, Roberto Maroni.
Venerdì il movimento dei migranti e dei rifugiati chiedeva una paga giornaliera dignitosa, cinquanta euro, la stessa di un italiano quando viene pagato in grigio, quando cioè fa un lavoro straordinario fuori busta, come capita sempre più spesso ad esempio in edilizia.
Ieri sono arrivati in prefettura per chiedere anche i diritti. Così, davanti la sede che rappresenta il governo, tutti insieme hanno cominciato a gridare «No Permesso – No Kaliffo!». «Alla fine è partito uno slogan spontaneo che rimandava allo sciopero di ieri – racconta Alfonso De Vito, della Rete antirazzista -, la traduzione letterale è molto amara: se non mi dai nemmeno il permesso di soggiorno, lo schiavo a giornata non lo faccio più. Ma in realtà, dopo venerdì, significa molto di più». Perché questa settimana, raccontano, hanno imparato a tenere lo sguardo alto negli occhi del caporale: «Uno mi voleva convincere ad andare a lavorare – racconta un ragazzo – ma io gli ho gridato no, oggi non vengo neppure per ottanta euro».
La popolazione migrante che vive tra Napoli e Caserta è di circa 6.500 persone, di cui più della metà è senza permesso di soggiorno. Oggi sono ormai un movimento organizzato che, dopo l’eccidio di Castelvolturno ad opera del clan Setola, dopo Rosarno, ha deciso di non avere più paura, di metterci la faccia per chiedere rispetto. «Ieri i padroni, i padroncini e i caporali hanno scoperto che non possono contare su bestie da lavoro, ma hanno di fronte persone e lavoratori che hanno diritti e che sanno anche difenderseli e conquistarli con la lotta», racconta Mimma D’Amico, una dei coordinatori del Centro Sociale Ex canapificio, che da anni organizzano uno sportello di assistenza. Quasi tremila in corteo, c’era anche il sindaco di Caserta, Nicodemo Petteruti, esponenti del volontariato, i padri comboniani, soprattutto immigrati arrivati in treno e in pullman, molti proprio da Castelvolturno. Due giorni a loro modo storici perché «mai prima d’ora – il commento soddisfatto degli organizzatori – in Campania e in Italia, gli immigrati sfruttati in nero avevano scioperato così massicciamente, decidendo coraggiosamente di mostrarsi, col rischio di rappresaglie dei caporali o di compromettere il rapporto di lavoro con il padroncino di turno. Quando abbiamo iniziato ci credeva uno su dieci che si potesse fare».
Alla prefettura sono arrivate le rivendicazioni, a cominciare dal permesso di soggiorno non solo per colf e badanti e no ai Cie in Campania. «Questa volta all’incontro con noi si sono presentati tutti – racconta Mimma – dal prefetto al questore, alla procura ai carabinieri. Sono stati presi impegni importanti». A cominciare dal ridiscutere con il ministro Maroni la politica dei blitz contro i lavoratori, che lascia inalterato il sistema fatto di caporali e sfruttamento.
Il sindaco di Caserta dovrà finalmente nominare il membro Anci della Commissione per i rifugiati, diventato ormai una fabbrica di dinieghi; fino allo stilare un calendario di appuntamenti concordato con le associazioni per i permessi di soggiorno in questura. La procura dovrà vigilare sullo sfruttamento delle fasce deboli di lavoratori. Prossimo incontro il 15 ottobre in presidio nazionale sotto il ministero dell’Interno, per poi partecipare, il giorno dopo, al corteo dei metalmeccanici. Dal 20 al 22 ottobre l’appuntamento invece è a Villa Literno per il premio organizzato da Flai Cgil dedicato a Jerry Masslo, nel ventennale dell’assassinio del bracciante e rifugiato politico sud africano avvenuto proprio in quelle campagne da parte di balordi.

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