“Se condannato mi ritiro dalla vita pubblica” La sfida di Vendola

I pm chiedono 20 mesi per abuso d’ufficio, il 31 la sentenza   

I pm chiedono 20 mesi per abuso d’ufficio, il 31 la sentenza   

BARI — Ancora centoventi ore e Nichi Vendola saprà se sarà riconosciuto innocente o no. E soprattutto, se potrà continuare a gareggiare per le primarie del centrosinistra. Ma se mercoledì della prossima settimana il giudice Susanna De Felice lo condannerà per concorso in abuso d’ufficio perché aveva caldeggiato la nomina di un primario al già direttore generale di Asl Bari Lea Cosentino, il leader di Sinistra e libertà non ha dubbi: «Per me sarebbe un punto di non ritorno, segnerebbe il mio congedo dalla vita pubblica. Ma un verdetto ispirato a verità e giustizia, credo che restituirà al sottoscritto quanto mi è dovuto, cioè la mia totale innocenza».
L’udienza a porte chiuse con il rito abbreviato, reclamato dallo stesso governatore della Puglia per uscire prima di subito dal pantano dei sospetti, alla fine consegna a microfoni e taccuini un uomo politico scosso, ma deciso a difendersi con le unghie e con i denti. L’aggiunto Lino Giorgio Bruno e i pm Francesco Bretone e Desirée Digeronimo pretendono “in nome del popolo italiano” che sia Vendola, sia la Cosentino siano puniti con venti mesi di reclusione: non c’era un «fondato motivo di pubblico interesse» perché fossero riaperti i termini del concorso e «sulla base di una motivazione pretestuosa e in sé contraddittoria» si concedesse l’occasione di dirigere la chirurgia toracica dell’ospedale San Paolo al dottor Paolo Sardelli. Un medico a cui, proprio per questo, Vendola avrebbe procurato un ingiusto vantaggio patrimoniale.
Il grande accusatore del presidente della Regione era la Cosentino, che raccontava ai requirenti di essere stata «costretta» a fare quello che non avrebbe potuto fare. «Ti copro io» l’avrebbe rassicurata Vendola. Qualsiasi cosa, insomma, purché «fra i soli tre candidati presenti alla prova del colloquio tenutasi il 30 marzo 2009», a Sardelli fosse conferito il prestigioso incarico. Ieri, però, il colpo di scena. Rimescolare le carte concorsuali, non significa violare il codice penale. Parola, rivela Vendola, dei «difensori della dottoressa Cosentino: hanno fatto un passo indietro » rispetto agli interrogatori della celebrata “Lady Asl”. E l’ex manager conferma questa interpretazione: «I miei avvocati hanno spiegato, tecnicamente, che non c’è reato». Vendola aggiunge: «Io non ho interferito perché fossero commessi degli illeciti. Nel nostro Paese in questi ultimi anni sono stati riaperti 181mila concorsi. E’ una consuetudine, a garanzia della qualità della selezione. Probabilmente c’è stato un risentimento di chi in una certa fase mi ha accusato, anche se oggi le parole dei due difensori della Cosentino hanno negato l’esistenza di un reato o di una volontà di commettere illeciti».
E’ tutto un equivoco? Non giustifica la pesante richiesta — 1 anno e 8 mesi per entrambi — da parte dei pubblici ministeri. Una richiesta che Vendola definisce «esorbitante rispetto al teorema accusatorio». Nelle “dichiarazioni spontanee” davanti ai magistrati, aveva precisato: «Io Sardelli non lo conoscevo, non era mio amico, né mio parente, e apparteneva a un ambiente politicamente orientato a destra. Sapevo, tuttavia, che era un ottimo professionista. Ho cominciato ad avere rapporti con lui nel momento in cui si trattava di far diventare la chirurgia toracica un reparto di eccellenza. E mi sento francamente orgoglioso del fatto che al San Paolo abbiamo uno dei tre reparti qualitativamente migliori d’Italia».

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