LE CARCERI INUMANE

L’autonomia della politica è cosa buona e giusta, ma da parecchio tempo anche poco praticata. Matteo Renzi, l’uomo nuovo per la sinistra e non solo, ha ben chiaro questo concetto. A ogni passo, a ogni discorso, sembra voler ribadire la necessità di tornare a governare (un partito, un Paese) senza prestare troppa attenzione ai distinguo suggeriti, in qualche caso anche imposti, da poteri più o meno forti, istituzionali, economici o culturali che siano.

L’autonomia della politica è cosa buona e giusta, ma da parecchio tempo anche poco praticata. Matteo Renzi, l’uomo nuovo per la sinistra e non solo, ha ben chiaro questo concetto. A ogni passo, a ogni discorso, sembra voler ribadire la necessità di tornare a governare (un partito, un Paese) senza prestare troppa attenzione ai distinguo suggeriti, in qualche caso anche imposti, da poteri più o meno forti, istituzionali, economici o culturali che siano.

La politica deve impegnarsi a fare, libera anche di sbagliare ma sciogliendo con decisione lacci e lacciuoli che l’hanno via via ridotta all’angusto compito di amministrazione dell’esistente. Una svolta, questa del sindaco di Firenze, ancora più radicale della rottamazione dei dirigenti di lungo corso e persistente potere. Ma anche la strada buona e giusta dell’autonomia della politica non è priva di insidie. Per esempio, Renzi dice, tra le tante cose, che è contrario a indulto e amnistia. Poi spiega, pungolato dalle critiche, che la sinistra è da sempre per la legalità. Domanda: è legale la condizione delle carceri italiane? Risposta: no per tutti, dal capo dello Stato al più ignoto dei reclusi. Dopo Serbia e Grecia, l’Italia è il Paese del Consiglio d’Europa (47 Stati membri) con il peggiore indice di sovraffollamento: 147 umani dove ce ne dovrebbero stare 100. Terzi, dietro Ucraina e Turchia, anche per detenuti in attesa di giudizio. Una situazione palesemente incivile, e contro i basilari diritti dell’uomo, compreso l’uomo o la donna condannato.
Invocare come argomento anti-clemenza il «se sono dentro qualcosa avranno fatto, quindi niente pietismi» equivale a dire che i naufraghi morti a migliaia a Lampedusa e dintorni «un po’ se la sono cercata perché potevano starsene a casa loro». Questa Renzi finora se l’è risparmiata (Grillo no) ma non è mai troppo tardi.
Indulto e amnistia, o amnistia, o indulto, hanno uno scopo che neppure al leader in pectore del Pd e, chissà, di un futuro governo, può sfuggire: sono provvedimenti tampone, pensati e riproposti in queste settimane non tanto per placare l’ira di Berlusconi, che comunque non ne godrebbe, ma per affrontare un’emergenza sociale, che è poi quella di svuotare di un po’ di inumanità le nostre prigioni.
L’Italia è specializzata in soluzioni a tempo, anche di questioni meno attinenti ai princìpi base della Costituzione. Basti pensare all’ingresso frettoloso delle Poste per rallentare il tracollo di Alitalia. Ma quello alla gente sembra interessare meno, i conti li pagherà più avanti senza neanche ricordarsi il perché l’Iva sale o spunta una nuova tassa con un acronimo inintelligibile. Alla gente, cioè agli elettori, specie in momenti di spavento come questo, importa solo essere rassicurata. «Fuori i delinquenti dalle galere? Ci manca solo questa». Ed ecco che Renzi, più attento ai sondaggi che ai valori, liscia il pelo di chi potrebbe votarlo, andando in contromano rispetto ai sentimenti che dovrebbero, sottolineo “dovrebbero”, distinguere una persona di sinistra da una di destra.
Fare politica usando come bussola i radaristi dell’opinione pubblica è stato uno dei pilastri della filosofia berlusconiana di governo. Non è vietato. Ma un leader non si fa guidare dalla pancia pigra di un Paese. Un leader guida, anche prendendosi dei rischi, nel nome di un interesse più alto e più grande: la coerenza con i propri ideali, e con quelli della base che si propone di rappresentare. Un leader, un vero leader, non fa il furbo.

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