Addio a Paolo Bolo­gna, quel partigiano che a 16 anni salì in montagna

Il ricordo . È morto Paolo Bologna, ex partigiano protagonista della Repubblica dell’Ossola

Era andato coi par­ti­giani a sedici anni, Paolo Bolo­gna. Nella bri­gata Mat­teotti, con la quale prese parte alla straor­di­na­ria espe­rienza della Repub­blica dell’Ossola. Poi si era aggre­gato alla divi­sione Val­toce, e con loro era fug­gito in Sviz­zera alla ricon­qui­sta della valle da parte tede­schi e fascisti.

Paolo Bolo­gna è morto nella notte di mer­co­ledì nella sua casa di Domo­dos­sola. Dopo la guerra era stato per vent’anni pre­si­dente dell’Anpi della sua città, e poi aveva scritto alcuni libri sulla Resi­stenza osso­lana. Quando qual­che mese fa ero andato da lui, per un’intervista sulla sua scelta par­ti­giana, mi aveva detto: «Non amo par­lare di me». È che Paolo amava, come me, le sto­rie degli altri, ascol­tarle e intrec­ciarle. Tra i suoi libri c’è «Il prezzo di una capra mar­cia», in cui, ispi­ran­dosi al modello di La strada del Davai di Nuto Revelli, aveva rac­colto molte testi­mo­nianze dirette di par­ti­giani ossolani.

«Il prezzo di una capra mar­cia» era l’espressione che aveva usato un con­ta­dino per dire di quando aiu­tava la gente a espa­triare per le mon­ta­gne in cam­bio di mille lire a per­sona, il prezzo di una capra, appunto, ma di una capra «mar­cia» («si faceva per umanità»).

Quel con­ta­dino di Crodo, che si chia­mava Secondo Jorda, era stato bec­cato dai tede­schi la volta che avrebbe dovuto far scap­pare un certo Mike Bon­giorno: qual­cuno aveva fatto la spiata. Quat­tro mesi a San Vit­tore, e poi al campo di lavoro di Bol­zano. Era solo una delle tante sto­rie rac­colte da Paolo in quel libro del 1969, in cui c’era anche un inter­vento di Gian­franco Con­tini. Dieci anni dopo aveva pub­bli­cato il libro su «La bat­ta­glia di Megolo» (dove era morto il coman­dante Bel­trami), con la pre­fa­zione di Pajetta, il cui fra­tello era morto in Ossola.

Quando, a casa sua, gli avevo detto che sarei tor­nato, aveva rispo­sto: «Eh, non so se la pros­sima volta ci sono ancora». Pen­sai fosse spi­rito val­li­giano osso­lano. Lo era, in effetti. Ho solo fatto in tempo a tele­fo­nar­gli, qual­che giorno fa, che ancora non sapevo della gra­vità delle sue con­di­zioni, per chie­der­gli una foto da par­ti­giano da met­tere nel mio libro. Aveva ancora voglia di scher­zare, con la stessa leg­ge­rezza di quel ragazzo di sedici anni che era salito in montagna.

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