Roma risponde: in 20mila per la Gre­cia

Atene chiama. Un lungo corteo per le vie della capitale. Bandiere rosse e greche si mescolano nella richiesta di farla finita con l’austerità in Europa

Cosa uni­sce «così forte» Atene e Roma, il governo greco e la sini­stra ita­liana lo spiega pro­prio alla fine Argi­ris Pana­go­pou­los: «Chi governa ora in Gre­cia viene da lon­tano, viene da Genova, viene dal G8 del 2001, viene da piazza Ali­monda: il patri­mo­nio poli­tico è quello». Il gior­na­li­sta di Avgi e diri­gente di Siryza con­clude così dal camion-palco un lungo pome­rig­gio romano che ha visto quasi 20mila per­sone sfi­lare per le vie della capi­tale a soste­gno della bat­ta­glia euro­pea di Ale­xis Tsi­pras e Yanis Varoufakis.

Il sole e le poche nuvole al posto della piog­gia annun­ciata sono il segnale che la mani­fe­sta­zione orga­niz­zata in pochi giorni «può con­si­de­rarsi un grande suc­cesso». Lo si capi­sce già dalla par­tenza alle 14 a piazza Indi­pen­denza. A pri­meg­giare sono le ban­diere rosse, spe­cie quelle della Fiom, pro­prio lì dove Lan­dini e i suoi furono man­ga­nel­lati dalla poli­zia durante la ver­tenza delle accia­ie­rie di Terni. Ma a parte i metal­lur­gici è tutta la Cgil ad essere pre­sente «in forze». C’è Susanna Camusso che sfila assieme a buona parte del gruppo diri­gente (Ago­stino Megale segre­ta­rio dei ban­cari della Fisac, il segre­ta­rio con­fe­de­rale Franco Mar­tini, Clau­dio Tre­ves dei pre­cari del Nidil) e c’è l’organizzazione che al Colos­seo porta gli stri­scioni legati ai pal­loni “No auste­rity” e “Change Europe”.

Le ragioni della pre­senza le spiega la stessa Camusso: «La Cgil è in prima fila a que­sto cor­teo per­ché l’austerità ha deter­mi­nato impo­ve­ri­mento dei lavo­ra­tori, disoc­cu­pa­zione, ha sca­ri­cato sul lavoro le scelte fatte dalla finanza. Per dare una pro­spet­tiva al lavoro, alla piena occu­pa­zione serve un’altra poli­tica, non quella dell’austerità e non quella del rigore». In chiu­sura arriva l’attacco al governo Renzi che «non segna una discon­ti­nuità rispetto alla logica del rigore. Basta dire che ha scelto la strada dei licen­zia­menti e non quella della crea­zione di lavori».

Le bandiere rosse della galas­sia ancora fra­sta­gliata della sini­stra ita­liana la fanno da padrone. Come chie­sto dagli orga­niz­za­tori però si mesco­lano, senza tron­coni pre­de­fi­niti. I fiori per ricor­dare i migranti — dal palco lo si farà non col silen­zio ma con un minuto di parole e musica di «Non è un film» di Fio­rella Man­noia — non sono molti, ma ci sono. Come c’è lo stri­scione di aper­tura «Basta con le morti nel Medi­ter­ra­neo, no all’Europa for­tezza» che accom­pa­gna l’altro con­te­nente l’oggetto stesso della mani­fe­sta­zione: «No all’austerità, dalla parte giu­sta: cam­bia la Gre­cia, cam­bia l’Europa».

Si parla tanto, ci sono pochi cori, slo­gan o canti. Il più in voga è «Syriza, Pode­mos, ven­ce­re­mos!». I car­telli hanno come ber­sa­glio pre­fe­rito la tro­jka, la Mer­kel e la Bce e spesso sono in inglese per essere in sin­to­nia con le altre piazze euro­pee che in con­tem­po­ra­nea mani­fe­stano per la stessa ragione. Parec­chie ban­diere gre­che e di Syriza, tanti car­telli e in chiu­sura di cor­teo anche una impro­ba­bile com­pa­gine russa con un ritratto di Putin.

Appena si scende per via Cavour tutti si girano indie­tro ad ammi­rare sod­di­sfatti «quanto lungo è il cor­teo» e rin­fran­cati proseguono.

Arri­vati al Colos­seo, la scelta degli orga­niz­za­tori è di far par­lare più per­sone pos­si­bile: tre minuti a testa. Quella della Cgil è di lasciare la voce a lavo­ra­tori e dele­gati, gran parte gio­vani. Pier­paolo Pul­lini, omone grosso quanto gen­tile, dele­gato Fiom alla Fin­can­tieri di Ancona è il più applau­dito, spe­cie per il pas­sag­gio finale: «Dob­biamo ribel­larci a que­sti figli di tro­jka, all’idea che per i pro­fitti di pochi si cal­pe­stino i dirtti di tanti, appli­cando come fa Renzi la let­tera dik­tat della Bce del 2012 di Tri­chet e Draghi».

Per il resto sfi­lano tutte le facce della sini­stra di oggi e di ieri: si rivede per­fino Turi­gliatto. Il mondo della cul­tura che aveva ade­rito con tanti bei nomi — Toni Ser­villo, Anna Bona­iuto, Licia Miglietta — in realtà è rap­pre­sen­tato dal solo Moni Ova­dia. Il suo discorso però è fra i più apprez­zati. «Ne sento da molti lustri di belle parole sul costruire la sini­stra. Abbiamo un solo modo per fare in modo che que­sta volta non sia la solita illu­sione. Non c’è più tempo — con­ti­nua — dob­biamo fare come spa­gnoli e greci, dare forma ad una forza poli­tica: Syriza e Pode­mos sono adesso, non domani. Se non lo faremo la nostra gene­ra­zione avrà fal­lito», con­clude sovra­stato dagli applausi.

Arri­vano i movi­menti, pas­sano e si diri­gono verso la sede dell’Unione euro­pea a viale IV novem­bre — con­tro la quale par­tono uova e petardi — lan­ciando già il pros­simo appun­ta­mento: il 18 marzo a Fran­co­forte per «occu­pare» la Bce — «siamo dei mode­rati, non vogliamo met­tere una ban­diera rossa sull’Eurotower, solo aprirla ai biso­gni reali delle per­sone», pre­cisa Pana­go­pou­los. La bat­ta­glia dun­que con­ti­nua. E come dice Haris Gole­mis, il diret­tore del Haris Gole­mis — l’istituto Gram­sci elle­nico — con i suoi capelli spet­ti­nati e i baffi bian­chi «dob­biamo lot­tare tutti assieme, avanti popoli — e il plu­rale va sot­to­li­neato — alla riscossa». Si chiude con la can­zone della resi­stenza greca e “Bella ciao”. «E da domani si torna a combattere».

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