Erri De Luca: “Gli intellettuali italiani conformisti e pavidi, ecco perché non mi manifestano solidarietà”

In calce all’appello “ Liberté pour Erri De Luca ”, apparso il 1 marzo sul quotidiano Libération, figurano firme illustri: l’attuale ministro della Cultura francese Fleur Pellerin, il suo predecessore Aurélie Filippetti, l’editore francese Antoine Gallimard, Salman Rushdie, Paul Auster, lo spagnolo Antonio Munoz Molina, l’editore Carlo Feltrinelli

L’HuffPost ha parlato con Erri De Luca nella tarda mattinata di domenica 22 marzo. Poco dopo si è saputo che lo scrittore, a Gaeta per una arrampicata, ha accusato un malore e per questo è intervenuto l’elisoccorso che lo ha trasportato in un ospedale di Roma.

ERRI DE LUCA

“Francois Hollande firma l’appello di solidarietà promosso dagli intellettuali francesi per difendere la mia libertà d’espressione perché in Francia i politici tengono conto dell’opinione pubblica, che in Italia è invece ammutolita. Il ceto culturale italiano si astiene dai temi scottanti e fa peccato di omissione: forse per paura, per conformismo, per invidia”. Sotto processo a Torino per avere sostenuto che “la Tav va sabotata”, Erri De Luca commenta in una telefonata con l’HuffPost l’adesione del presidente francese alla petizione firmata ormai da 300 personalità della cultura transalpina e internazionale, scandalizzate per il fatto che uno scrittore possa finire sul banco degli imputati per un reato d’opinione.

In calce all’appello “ Liberté pour Erri De Luca ”, apparso il 1 marzo sul quotidiano Libération, figurano firme illustri: l’attuale ministro della Cultura francese Fleur Pellerin, il suo predecessore Aurélie Filippetti, l’editore francese Antoine Gallimard, Salman Rushdie, Paul Auster, lo spagnolo Antonio Munoz Molina, l’editore Carlo Feltrinelli. La richiesta è anche concreta: si esorta il governo francese a fare pressione perché la società fraco-italiana Ltf, che ha denunciato Erri De Luca, ritiri la propria azione giudiziaria. Hollande ha spiegato: “Non posso intervenire negli affari giudiziari, ma a nome della Francia posso sostenere la libertà d’espressione. Questo vale per gli scrittori francesi ma anche per gli stranieri. Gli autori non possono essere perseguiti per i loro testi”.

Si aspettava un nome così importante schierarsi in sua difesa?
Non me lo aspettavo. La firma di Hollande significa che l’opinione pubblica francese ha un peso tale che i rappresentanti politici non possono non tenerne conto. Per contro, da noi l’opinione pubblica è ammutolita.

Cosa intende per opinione pubblica? Gli intellettuali?
Intendo coloro che formano l’opinione pubblica. Dunque anche gli intellettuali. Guardi, non mi aspettavo nulla, né dall’appello francese né dal ceto culturale italiano. Ma noto che in Italia l’ambiente culturale si astiene dai temi scottanti.

A suo sostegno si stanno schierando scrittori celebri come Paul Auster e Salman Rushdie. Perché pensa che questo sia un tema troppo scottante per gli italiani?
Esiste ed è sempre esistito il peccato di omissione. Parlo della tradizione cristiana, quando (nella preghiera della confessione, ndr) si ammette di peccare in pensieri, parole, opere e omissioni. Ecco, l’omissione è un peccato che in alcuni casi, come l’omissione di soccorso, diventa persino reato.

Crede che il ceto culturale italiano pecchi di omissione per paura, per invidia, per conformismo o per quale ragione?
Per tutte queste ragioni. L’omissione racchiude in sé tutti questi comportamenti. E sono convinto che questo appello francese sia un test per dimostrare la qualità dell’opinione pubblica italiana.

Eppure qualcuno in Italia ha manifestato pubblicamente solidarietà contro un processo che nasce da una intervista, no?
Ha usato giustamente la parola “ qualcuno”, perché sono numerabili. Pochissimi.

Non pensa che in Francia ci sia più sensibilità al diritto di opinione perché recentemente è stata colpita dall’attentato a Charlie Hebdo?
In Francia è sempre stata alta la considerazione nei confronti degli scrittori e degli intellettuali. Penso a Charles De Gaulle, quando Sartre e altri intellettuali promossero un appello alla diserzione nella guerra all’Algeria. Ebbene, a coloro che chiedevano di processare i promotori di quell’appello il generale rispose: “Non si processa Voltaire”. I francesi hanno sempre coltivato una sensibilità più alta su questi temi, sono i primogeniti dei diritti civili e l’hanno dimostrato con una magnifica risposta di popolo dopo l’attacco a Charlie Hebdo, scendendo in piazza a Parigi.

Il 16 marzo si è tenuta la seconda udienza del processo, il 20 maggio ci sarà la prossima. Cosa si aspetta dall’aula del tribunale?
Il 16 marzo è accaduto qualcosa di importante. Alla domanda del giudice se siano aumentati i sabotaggi alla Tav dopo la mia intervista, il responsabile della Questura di Torino ha dovuto rispondere: “No”. Hanno dovuto ammetterlo. D’altronde gli attacchi più violenti sono avvenuti nella primavera-estate del 2013, e cioè prima che io parlassi. In seguito alle mie frasi, invece, si può dire che le azioni contro la linea Torino-Lione sono diminuite. Il 20 maggio ci sarà il mio interrogatorio. Se mi chiede cosa mi aspetto, dico che non mi aspetto nulla. Ma voglio ricordare che, se l’opinione pubblica italiana è inerte, parallelamente centomila persone hanno deciso di acquistare il mio pamphlet “La parola contraria” (scritto da Erri De Luca per raccontare la genesi e il significato del processo a Torino, ndr). Un acquisto di solidarietà, e non solo letterario. Questo per me ha molto significato, così come significano molto i circoli di lettura sparsi in tutta Italia dove, sempre per solidarietà nei miei confronti, si leggono i miei libri.

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