Un giudice brasiliano: Bat­ti­sti sia espulso

Brasile. Dietro le quinte, si profila la possibilità di uno «scambio» tra l’ex militante dei Pac e il sindacalista Pizzolato

Uno schiaffo al garan­ti­smo e un colpo basso all’ex pre­si­dente bra­si­liano Lula Da Silva. Sono in molti a leg­gere in que­sto modo il pro­ce­di­mento di espul­sione deciso da un giu­dice fede­rale bra­si­liano nei con­fronti di Cesare Bat­ti­sti, ex mili­tante dei Pro­le­tari armati per il comu­ni­smo, un gruppo attivo in Ita­lia nella tem­pe­rie degli anni ’70. Nel 2010, l’allora pre­si­dente Lula gli aveva rico­no­sciuto l’asilo poli­tico, rifiu­tando l’estradizione chie­sta dall’Italia nell’ultimo giorno del man­dato. Uno smacco per il governo ita­liano di allora, una que­stione sem­pre sul piatto per quelli che sono venuti dopo, il «rom­pi­capo» degli anni ’70 essendo ancora un pas­sato indigeribile.

Ora, però, secondo quanto ha sug­ge­rito la stampa bra­si­liana e hanno con­fer­mato in ano­ni­mato fonti ben infor­mate, la que­stione potrebbe essere tor­nata in campo a seguito di una vicenda italo-brasiliana: quella del sin­da­ca­li­sta Hen­ri­que Piz­zo­lato, mili­tante del Par­tito dei lavo­ra­tori (Pt), il par­tito di Lula e dell’attuale pre­si­dente Dilma Rous­seff. Piz­zo­lato, alto diri­gente del Banco do Bra­sil si è tro­vato al cen­tro di una com­pli­cata vicenda giu­di­zia­ria. Un pro­cesso poli­tico e media­tico che gli è costato una con­danna a oltre 12 anni di car­cere per cor­ru­zione e rici­clag­gio. Un processo-farsa, secondo i suoi legali e il campo che lo difende (movi­menti sociali e cri­stiani, sin­da­cati, asso­cia­zioni demo­cra­ti­che), pronti a con­si­de­rarlo «un nuovo caso Tor­tora». Un capro espia­to­rio — ha detto alla stampa Piz­zo­lato — punito da una con­danna ingiu­sta per la sua «sto­ria nel movi­mento sin­da­cale legata stret­ta­mente a quella dell’ex pre­si­dente Lula, vero ber­sa­glio di tutta la trama poli­tica del mensalão».

Lo scan­dalo del men­sa­lão (men­sile) è scop­piato a giu­gno del 2005 e ha pro­vo­cato una crisi poli­tica nel Bra­sile allora gui­dato da Lula. Il nome fa rife­ri­mento a una tan­gente cor­ri­spo­sta ai par­la­men­tari in cam­bio di voti com­pia­centi nel varo delle leggi. Allora si è par­lato di impea­ch­ment al pre­si­dente. Una minac­cia uti­liz­zata anche nei con­fronti dell’attuale pre­si­dente Rous­seff a pro­po­sito dello scan­dalo Petro­bras, il pro­cesso per tan­genti che inte­ressa l’impresa petro­li­fera di stato.

Piz­zo­lato è di ori­gini ita­liane e, dopo la con­danna, è tor­nato in Ita­lia con docu­menti falsi, si è costi­tuito e ha chie­sto di restare. In Bra­sile — sostiene la difesa — dato l’alto livello di insi­cu­rezza esi­stente nelle car­ceri, rischie­rebbe la vita. A otto­bre, la Corte d’Appello di Bolo­gna ha negato l’estradizione, ma la Cas­sa­zione ha annul­lato la sen­tenza. E tutto è ora nelle mani del mini­stro della Giu­sti­zia Andrea Orlando. A lui si sono rivolti 21 sena­tori — primi fir­ma­tari Lo Giu­dice e Man­coni (Pd) — che hanno pre­sen­tato un’interrogazione in favore di Piz­zo­lato. Un altro gruppo si sta muo­vento all’europarlamento. Spiega al mani­fe­sto Fau­sto Gia­nelli, legale di Piz­zo­lato: «In attesa delle moti­va­zioni della sen­tenza, abbiamo pre­pa­rato un ricorso alla Corte euro­pea dei diritti umani, che in casi ecce­zio­nali ha la pos­si­bi­lità di sospen­dere la pena e deci­dere misure inter­mit­tenti». Lo scam­bio con Bat­ti­sti? «Non si fa mer­cato sulle per­sone», risponde l’avvocato.

E men­tre Piz­zo­lato attende in car­cere, Bat­ti­sti aspetta di essere espulso. In base alla legge, non può più essere estra­dato. Però, poi­ché non pos­siede docu­menti ed è entrato in Bra­sile con quelli falsi, un giu­dice fede­rale ne ha dispo­sto l’espulsione: molto pro­ba­bil­mente verso i paesi da cui è arri­vato, Fran­cia e Mes­sico. Ma gli si potrebbe anche con­sen­tire di sce­gliere la destinazione.

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