Eduardo Galeano, la storia in controcanto

America Latina. Lo scrittore uruguayano si è spento all’età di 74 anni in un ospedale di Montevideo. L’ironia e l’impegno civile, la passione per il calcio, l’arte di raccontare il sogno e la disillusione

Quando se ne va un amico che ti ha aiu­tato a capire il segreto di una pro­fes­sione, del vivere con degli ideali o ti ha rega­lato il pia­cere della sua parola, come mi è suc­cesso con Eduardo Galeano, viene dif­fi­cile tro­vare le parole adatte per rac­con­tarlo. Tutto suona banale.

Eduardo era, fino a ieri, e da anni, il sag­gi­sta più acuto e one­sto nell’illustrare il fascino del con­ti­nente dove era nato e cre­sciuto, ma anche il nar­ra­tore più sar­ca­stico delle esa­ge­ra­zioni che l’attuale mondo iste­rico ci sbatte ogni mat­tino in fac­cia, sia in Ame­rica Latina che in tutto il mondo.

Così ora mi com­muove pen­sare all’attualità dei suoi iro­nici discorsi, pro­prio in que­sti giorni, in cui sono state spese tante parole sto­nate, dopo l’incontro sto­rico fra Obama e Raúl Castro che dovrebbe chiu­dere final­mente un’assurda “guerra fredda” non dichia­rata fra l’America Latina e gli Stati Uniti d’America, una “guerra fredda” suc­ce­duta alla sua fine uffi­ciale nell’autunno dell’89 e che costringe ora Obama a met­tere da parte per un po’ l’ingerenza nor­da­me­ri­cana nel con­ti­nente latino.

«Sono stato spesso cri­tico con Cuba, ma lo fac­cio con amore e rispetto. Se in Ame­rica Latina la metà della gente è povera, è il libero mer­cato ad aver fal­lito mise­ra­mente, ancora prima del socia­li­smo»Eduardo Galeano

Galeano, qual­che anno fa, pole­miz­zando con Mario Var­gas Llosa per la sua accusa alla mag­gior parte degli scrit­tori lati­noa­me­ri­cani di essere troppo con­di­scen­denti verso la rivo­lu­zione cubana, è stato franco fino al sar­ca­smo: «Var­gas Llosa vede sor­pren­den­te­mente l’America Latina come se fosse un viag­gia­tore nato in una con­tea inglese e non nel Perù del sot­to­svi­luppo e degli orrori. Amo molto Mario, uno dei più grandi scrit­tori viventi, per que­sto mi dispiace che stia facendo una spe­cie di gara con il Nobel Octa­vio Paz, per vedere chi corre più a destra».

E poi, entrando nella con­tesa: «Io sono stato spesso cri­tico con Cuba, ma lo fac­cio con amore e rispetto, non con odio e ran­core, come sem­bra suc­ce­dere a molti che, in altri tempi, si atteg­gia­vano a rivo­lu­zio­nari, e oggi vogliono can­cel­lare ogni trac­cia del pro­prio pas­sato a costo di igno­rare che, se in que­sto con­ti­nente la metà della gente vive sotto la soglia della povertà, è il libero mer­cato, quello che ora chia­miamo il neo­li­be­ri­smo, ad aver fal­lito mise­ra­mente ancora prima del socialismo».

Certo Eduardo non le man­dava a dire e per que­sto sono orgo­glioso di aver lavo­rato 10 anni con lui per fare uscire 7 delle sue opere, in Ita­lia, dove era stato pub­bli­cato, fino a quel momento, solo la tri­lo­gia di Memo­rie del fuoco.

UNA COM­MO­VENTE FOLGORAZIONE

Nel 1971 quando apparve il suo libro Le vene aperte dell’America Latina, fu per molti una vera e pro­pria fol­go­ra­zione, tanto che Hein­rich Böll, scrit­tore tede­sco Pre­mio Nobel per la Let­te­ra­tura 1972, disse: «Negli ultimi anni ho letto poche cose che mi abbiano com­mosso così tanto».

Galeano, in un libro van­gelo di un con­ti­nente allora di moda, aveva inven­tato, a tren­tun anni, un metodo per rac­con­tare la sto­ria par­tendo appa­ren­te­mente dalla pic­cola quotidianità.

Un repor­tage, un sag­gio, una pit­tura murale, un’opera di arti­gia­nato mira­bile, ter­mi­nato di scri­vere in esi­lio, lon­tano dal suo Uru­guay, dopo che aveva dovuto lasciare il suo paese e poi l’Argentina per sfug­gire alla fero­cia di quelle dittature.

Le vene aperte, pro­po­sto per primo dalla Fel­tri­nelli e poi tra­dotto in 18 lin­gue, ha avuto oltre 100 edi­zioni, solo in spa­gnolo. È un’opera tut­tora di straor­di­na­ria attua­lità che denun­cia, ana­lizza e spiega attra­verso epi­sodi appa­ren­te­mente senza impor­tanza e rife­ri­menti sto­rici, spesso tra­scu­rati, il pro­cesso di spo­lia­zione del con­ti­nente lati­noa­me­ri­cano, prima da parte dei con­qui­sta­do­res, poi delle potenze colo­niali e infine degli Stati Uniti.

Forse è per que­sta inci­si­vità che nel 2009, al sum­mit delle Ame­ri­che, a Tri­ni­dad e Tobago, l’ex Pre­si­dente vene­zue­lano Hugo Chá­vez non poté fare a meno di rega­lare a Barack Obama que­sto libro van­gelo di un con­ti­nente dicen­do­gli, con la solita iro­nia: «Pre­si­dente, se vuoi capire qual­cosa di Ame­rica Latina, leg­giti que­sto libro».

Abbiamo il dub­bio che il Pre­si­dente nor­da­me­ri­cano non abbia avuto il tempo di con­sul­tarlo se i rap­porti con Cuba, il Vene­zuela e l’America Latina hanno dovuto aspet­tare altri 6 anni per diven­tare una speranza.

TANTI RICORDI E SENSO DELL’AMICIZIA

I ricordi di un’amicizia sono tanti. Una volta ci ritro­vammo a Bue­nos Aires per un omag­gio alla memo­ria di Osvaldo Soriano. C’era anche la vedova Cathe­rine Bru­cher. Tutti era­vamo emo­zio­nati e per la prima volta anche il severo Eduardo che aveva un senso dell’amicizia fortissimo.

Come tutti i lati­noa­me­ri­cani ado­rava il cal­cio tanto che non obiettò nulla quando io gli dissi che, la casa edi­trice, avrebbe fatto uscire Le vene aperte dell’America Latina in con­co­mi­tanza a El fút­bol a sol y som­bra (tra­dotto in Ita­lia con il titoloSplen­dori e mise­rie del gioco del cal­cio). «Sarà un suc­cesso» disse ed ebbe ragione.

Una volta si accorse che c’era una par­tita di Coppa Ita­lia all’Olimpico, Roma-Inter, semi­fi­nale. Mi chiese di andare con lui allo sta­dio. Ci ave­vano con­si­gliato di uscire 5 minuti prima per evi­tare l’ingorgo. La Roma vinse 2 a 1 e dovetti penare molto per tra­sci­narlo via una man­ciata di secondi prima della fine.

Aveva anche il culto dell’impegno civile. Lui così schivo nella vita accettò una volta di par­te­ci­pare con altri intel­let­tuali al con­trollo delle ele­zioni in Vene­zuela, stra­vinte da Chá­vez, e si arrab­biò molto quando lesse cosa rac­con­ta­vano i ridi­coli cro­ni­sti del mondo occi­den­tale, pur smen­titi nel loro ten­ta­tivo di sva­lu­tare le ele­zioni. Tanto il con­teg­gio del gruppo d’intellettuali, quanto quello della fon­da­zione Jimmy Car­ter, ex Pre­si­dente degli Stati Uniti, ave­vano con­cor­dato, infatti, nell’assoluta cor­ret­tezza delle vota­zioni, ma l’opposizione a Chá­vez non voleva sen­tir ragioni.

Amava la nuova Ame­rica Latina pro­gres­si­sta e nelle sue note non lo nascon­deva, come non nascon­deva la sim­pa­tia per il Sub­co­man­dante Mar­cos e l’Ezln (Eser­cito zapa­ti­sta di libe­ra­zione nazio­nale) da cui andò un paio di volte.

LA VOCE DEI LEA­DER E DEI REIETTI

Ha scritto di lui Isa­bel Allende nel pro­logo all’ennesima edi­zione di Le vene aperte dell’America Latina (pub­bli­cato in Ita­lia da Sper­ling & Kup­fer): «Galeano ha per­corso l’America Latina ascol­tando anche la voce dei reietti oltre che quella di lea­der e intel­let­tuali. Ha vis­suto con indios, con­ta­dini, guer­ri­glieri, sol­dati, arti­sti e fuo­ri­legge; ha par­lato a pre­si­denti, tiranni, mar­tiri, preti, eroi, ban­diti, madri dispe­rate e pazienti pro­sti­tute. Ha patito le feb­bri tro­pi­cali, ha cono­sciuto la giun­gla ed è soprav­vis­suto anche a un grave infarto. È stato per­se­gui­tato sia da regimi repres­sivi, sia da ter­ro­ri­sti fana­tici. Ha com­bat­tuto le dit­ta­ture mili­tari e tutte le forme di bru­ta­lità e sfrut­ta­mento cor­rendo rischi impen­sa­bili in difesa dei diritti umani. Non ho mai incon­trato nes­suno che abbia una cono­scenza di prima mano dell’America Latina pari alla sua, che ado­pera per rac­con­tare al mondo i sogni e le disil­lu­sioni, le spe­ranze e gli insuc­cessi della sua gente».

Ci man­cherà molto.

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