Segio, la lotta armata tra errori e riflessioni

Non è un libro semplice Miccia corta di Sergio Segio. La sua introduzione rappresenta uno dei documenti più impietosi sulla ”guerra di bassa intensità” combattuta in Italia tra gli anni Settanta e Ottanta

Non è un libro semplice Miccia corta (pagg. 224, euro 15, Derive e approdi). La sua introduzione rappresenta uno dei documenti più impietosi sulla ”guerra di bassa intensità” combattuta in Italia tra gli anni Settanta e Ottanta. Secondo il suo autore, Sergio Segio, è un tentativo di «memoria non viziata, parziale e distorcente qual è quella cristallizzata nelle carte giudiziarie e non superficiale o inevitabilmente lacunosa, densa di stereotipi e inesattezze, quale quella che deriva da molte delle cronache e da parecchi dei libri pubblicati sulla lotta armata». Poi, c’è il suo corpo centrale, rappresentato dal drammatico racconto della liberazione manu militari, realizzata nel gennaio 1982 da un commando diretto dallo stesso Segio, di quattro donne, militanti di ”Prima Linea” (tra le quali la sua compagna, Susanna Ronconi) dal carcere di Rovigo. E, infine, una post-fazione che rappresenta una ricerca di superare in positivo quegli anni in un Paese, che Leonardo Sciascia ha definito «senza memoria e verità». Quindi, Miccia corta è insieme saggio, romanzo-verità e autobiografia. Anche in Sergio Segio convivono sia il politico, che dopo essersi riscattato dalla follia della lotta armata, è impegnato sulla questione-carcere (insieme a Sergio Cusani), ma anche lo scrittore cresciuto al fianco di Luigi Ciotti, che gli permise di trascorrere in semi-libertà gli ultimi dei suoi ventidue anni di pena nel Gruppo Abele di Torino. Il titolo un po’ da western all’italiana ricorda la miccia troppo corta che fece esplodere il muro di cinta del carcere di Rovigo, uccidendo Angelo Furlan, un pensionato a passeggio col cane. Ma anche la tragica scorciatoia presa da Segio e tanti altri giovani intorno al ’77. Un libro utile a fare verità sull’origine e le ragioni dei ”vinti e sopravvissuti” dei cosiddetti ”anni di piombo”, di coloro che, come Segio, hanno commesso il doppio errore «di stare dalla parte del torto e di sopravvivere». Ricordando il loro folle protagonismo che li portò a perdere ogni innocenza adolescenziale, arrivando ad ammazzare selettivamente servitori, veri o presunti dello Stato da abbattere. Ma non dimenticando il contesto, e cioé un’Italia afflitta dalla strategia della tensione

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