Stefano Cuc­chi, l’avvocato accusa: «Due carabinieri testimoniano contro i colleghi»

Potrebbe esserci una svolta cla­mo­rosa nell’inchiesta bis aperta dal pro­cu­ra­tore capo di Roma, Giu­seppe Pigna­tone, sulla morte di Ste­fano Cuc­chi, il 32enne romano morto nel reparto peni­ten­zia­rio dell’ospedale Per­tini

«Ci sono due nuovi testi­moni, due cara­bi­nieri che accu­sano i loro col­le­ghi». Potrebbe esserci una svolta cla­mo­rosa nell’inchiesta bis aperta dal pro­cu­ra­tore capo di Roma, Giu­seppe Pigna­tone, sulla morte di Ste­fano Cuc­chi, il 32enne romano morto nel reparto peni­ten­zia­rio dell’ospedale Per­tini sei giorni dopo essere stato arre­stato per pos­sesso di stu­pe­fa­centi, nella notte del 15 otto­bre 2009.

«Uno dei due cara­bi­nieri un paio di mesi fa ha con­tat­tato il mio stu­dio chie­dendo di par­larmi — rac­conta al mani­fe­sto il legale della fami­glia Cuc­chi, l’avvocato Fabio Anselmo — abbiamo rac­colto la loro ver­sione dei fatti e abbiamo por­tato la tra­scri­zione delle loro dichia­ra­zioni al pro­cu­ra­tore Pigna­tone, il quale suc­ces­si­va­mente li ha con­vo­cati e ascol­tati. Anche sul piano medico-legale — aggiunge l’avvocato — abbiamo rac­colto con­tri­buti che potreb­bero scio­gliere alcuni nodi impor­tanti. Ma la pro­cura sicu­ra­mente è andata molto oltre, acqui­sendo ele­menti che aprono una visuale diversa su tutta la vicenda».

La richie­sta di ria­prire le inda­gini fu avan­zata dalla fami­glia Cuc­chi all’indomani della sen­tenza del pro­cesso d’Appello che il 31 otto­bre scorso, ribal­tando il primo grado, assolse i sei medici, i tre infer­mieri e i tre agenti di poli­zia peni­ten­zia­ria impu­tati. L’inchiesta bis, affi­data da Pigna­tone al pm Gio­vanni Musarò, venne aperta però a gen­naio, dopo un for­male espo­sto pre­sen­tato dai legali di fami­glia e dopo che la stessa Corte d’Appello, nel moti­vare la sen­tenza, rico­nobbe che senza dub­bio Ste­fano Cuc­chi «fu sot­to­po­sto ad un’azione di per­cosse» e invitò per­ciò la pro­cura a inda­gare ulte­rior­mente pro­prio sui carabinieri.

La fami­glia infatti ha sem­pre soste­nuto che il gio­vane fosse stato pic­chiato in più occa­sioni, forse anche durante il tra­gitto dal car­cere di Regina Coeli, dove era stato rin­chiuso dopo l’arresto com­piuto dai cara­bi­nieri, fino al tri­bu­nale dove la mat­tina dopo venne tra­sfe­rito per l’udienza di con­va­lida d’arresto. D’altronde lo stesso pre­si­dente della Corte d’Appello, Mario Lucio D’Andria, scrive nelle moti­va­zioni della sen­tenza che «già prima di arri­vare in tri­bu­nale Cuc­chi pre­sen­tava segni e disturbi che face­vano pen­sare a un fatto trau­ma­tico avve­nuto nel corso della notte», e che non è da rite­nersi «astratta con­get­tura l’ipotesi pro­spet­tata in primo grado, secondo cui l’azione vio­lenta sarebbe stata com­messa dai cara­bi­nieri che lo hanno avuto in custo­dia nella fase suc­ces­siva alla per­qui­si­zione domiciliare».

Ieri il Cor­riere della Sera ha pub­bli­cato l’indiscrezione secondo la quale sareb­bero già tre i mili­tari finiti sotto la lente degli inqui­renti. In par­ti­co­lare un mare­sciallo dei cara­bi­nieri sarebbe inda­gato per falsa testi­mo­nianza. I nomi degli altri due mili­tari ripor­tati nell’articolo, invece, «non figu­rano — rife­ri­sce ancora Anselmi — nem­meno nei ver­bali di arre­sto di Ste­fano, il che sarebbe molto inquie­tante, se la noti­zia venisse confermata».

«Final­mente la verità sta venendo a galla — com­menta con sod­di­sfa­zione Ila­ria Cuc­chi, la sorella di Ste­fano — In que­sti anni non ci siamo mai fer­mati, né io né il mio avvo­cato. Incon­tre­remo lunedì il pro­cu­ra­tore capo. Que­sta è la prima delle novità che ci saranno sul caso della morte di mio fra­tello. Io l’avevo detto: non era finita».

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