Granelli di parole per formare la storia dei vinti

Memoria. Un’intervista con la scrittrice Elsa Osorio. Una biografia scandita dal sogno della rivoluzione e il doloroso dramma dei desaparecidos sono alcuni dei materiali usati per tessere la materia vivente di una intera epoca

Elsa Oso­rio è una scrit­trice argen­tina che ha nar­rato la cru­dele sto­ria del Sud Ame­rica. Nel 1998 è uscito in Europa uno dei suoi romanzi più noti, I vent’anni di Luz (Guanda), che rac­conta il dramma dei desa­pa­ra­ci­dos attra­verso la vicenda di una figlia rubata.
Elsa è venuta a Roma per inau­gu­rare «Chiari di luna», gli incon­tri let­te­rari, musi­cali e gastro­no­mici che d’ora in avanti, ogni lunedì, ani­me­ranno la vita della Casina di Roma. L’incontro, al quale ha par­te­ci­pato, ha visto la par­te­ci­pa­zione anche di Tamara Bar­to­lini e Michele Baro­nio, due arti­sti che hanno por­tato in scena La mili­ziana, uno dei ver­tici let­te­rari della Oso­rio, un romanzo sulla vita di Mika Etchè­bé­rère, argen­tina ebreo-russa che ha attra­ver­sato da rivo­lu­zio­na­ria l’intero XX secolo, muo­ven­dosi tra la Pata­go­nia e la Ger­ma­nia nazi­sta, tra la guerra civile spa­gnola e il Mag­gio parigino.

Chi è Mika Etchebérère?

È stata l’unica capi­tana donna delle mili­zie del Poum che hanno com­bat­tuto con­tro il regime fran­chi­sta. L’ho cono­sciuta attra­verso il rac­conto orale di un grande nar­ra­tore, Juan José Her­nán­dez, che par­te­ci­pava alla rivi­sta Sur di Vic­to­ria Ocampo. In una notte un po’ ubriaca, ricolmo di vino, Juan mi parla di un’argentina che aveva coman­dato una colonna nella guerra civile spa­gnola. Il mat­tino dopo gli chiesi: «Ma chi è Mika? Un tuo per­so­nag­gio?». Mi rispose: «No, è una per­sona reale, vive a Parigi». A par­tire da quel momento Micaela Feld­man – que­sto il suo vero nome, sco­perto più tardi – ha fatto parte della mia vita. Ci sono voluti poi 23 anni di inda­gini per scri­verne la storia».

«Spaz­zo­lare la sto­ria con­tro­pelo», diceva Wal­ter Ben­ja­min, nel senso di sal­vare dall’oblio i vinti anzi­ché salire sul carro dei vin­ci­tori. Che sen­ti­mento ti suscita aver «sal­vato» una figura can­cel­lata dalla sto­ria ufficiale?

Mi rende felice, anche per­ché il gruppo cui Mika appar­te­neva durante la guerra rap­pre­senta, per così dire, «i dop­pia­mente vinti». Il Poum non solo perse la guerra ma fu anche scon­fitto dai comunisti.

Che signi­fica per te la rivoluzione?

Un sogno che abbiamo nutrito per anni. Una bella parola: signi­fica cam­biare un ordine impo­sto per l’uguaglianza e la feli­cità di tutti. Quanto allora ripo­nevo nella rivo­lu­zione, però, oggi lo riverso nella giu­sti­zia uni­ver­sale, l’idea che cia­scun cit­ta­dino possa acce­dere alla giu­sti­zia. Oggi si può essere rivo­lu­zio­nari anche se si com­batte per la libertà e per la creatività.

Pensi che in Argen­tina un per­corso di giu­sti­zia sia stato com­piuto o che man­chi ancora molto?

Cer­ta­mente manca molto, ma siamo entrati in un vero cam­mino di giu­sti­zia: sono state abo­lite le leggi d’impunità (l’obbedienza dovuta e il punto finale) che per­met­te­vano a molti cri­mi­nali di rima­nere a piede libero. Essi oggi hanno quel che non die­dero alle loro vit­time: la pos­si­bi­lità di avere un giu­di­zio giu­sto. E que­sto è frutto non solo della volontà poli­tica del governo, ma anche della lotta delle madri e nonne di Plaza de Mayo.

La Spa­gna con Bal­ta­sar Gar­zón ha aiu­tato l’Argentina. Ora l’Argentina aiuta la Spagna?

Sì. In un pro­cesso di giu­sti­zia uni­ver­sale, la grande novità è che in Spa­gna, per un arti­colo di legge, si è potuto giu­di­care indi­pen­den­te­mente dalla nazio­na­lità della vit­tima e del car­ne­fice. I pro­cessi di Madrid hanno influito sull’Argentina, che nel recente pas­sato aveva ritro­sia a por­tare in giu­di­zio chi è stato coin­volto nella omi­cida repres­sione urante il regime militare.

E Ber­go­glio? La Chiesa aprirà gli archivi?

Nutriamo molta spe­ranza. È un buon segno che sia stato nomi­nato un papa lati­noa­me­ri­cano. Gli abbiamo già fatto molte richie­ste. Mi auguro dav­vero che gli archivi ven­gano ria­perti. Cri­stina Kirch­ner è entu­sia­sta che vi sia un papa argen­tino, è cat­to­lica. Il paese ora è diviso, suc­ce­dono cose per­sino «diver­tenti». Per esem­pio, un gior­na­li­sta di estrema destra ha scritto una let­tera a Ber­go­glio sug­gern­do­gli di non rice­verla. Come se potesse dare con­si­gli al papa!

La tua opera let­te­ra­ria: dalla let­te­ra­tura fan­ta­stica all’impegno civile.

Non ho mai avuto inten­zione di fare let­te­ra­tura della memo­ria. Mi si è sem­pli­ce­mente impo­sta una sto­ria: cosa suc­ce­de­rebbe a uno di que­sti bam­bini rubati durante la dit­ta­tura se nes­suno lo cer­casse? A par­tire da qui ho potuto ren­dere conto di qual­cosa di cui la memo­ria col­let­tiva ha biso­gno. Quello che scrivo è un gra­nello nella sab­bia, ma penso che possa essere impor­tante per la memo­ria col­let­tiva. Al di là della fasci­na­zione che eser­ci­tano su di me le parole, in sé stesse, anche la let­te­ra­tura è un’arma per lotta. Se devo usarla la uso.

Il pros­simo romanzo?

È un poli­zie­sco basato su un fatto sto­rico. Mi piace com­porre senza con­trad­dire la sto­ria, anzi, facen­done uso. Ma i per­so­naggi sono com­ple­ta­mente inven­tati, non come Mika. Con­ti­nuerò però a scri­vere anche rac­conti fan­ta­stici. Credo che un autore scriva quello che ha neces­sità di scrivere.

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