Cile. Arrestato in Argentina il torturatore di Pinochet dopo la nuova fuga

Cile. Walter Klug Rivera, condannato per la tortura e la sparizione di 23 persone, era di nuovo scappato nonostante le rigide misure anti-Covid per l’espatrio, dopo la libertà concessagli dalla giustizia del Cile

SANTIAGO DEL CILE. Walter Klug Rivera è scappato per la seconda volta dal Cile, ma dopo una rocambolesca fuga è stato arrestato la mattina del 12 giugno nella provincia di Buenos Aires. Il feroce gerarca della dittatura di Pinochet era stato estradato dall’Italia all’inizio del 2020.

CONDANNATO per il sequestro, la tortura e la sparizione di 23 persone, si era dato alla fuga approfittando della libertà che gli è stata concessa dai giudici cileni mentre si trovava in attesa del giudizio. Il 9 giugno scorso era stata diffusa la notizia: Klug ha lasciato il Paese scappando verso la Germania, di cui ha la nazionalità e da cui non può essere estradato.

L’ex colonnello di Pinochet nell’ottobre del 2014 era stato condannato a 10 anni per crimini di lesa umanità compiuti negli anni della dittatura. Pochi giorni prima di entrare in carcere era riuscito a scappare e a rifugiarsi in Germania. Il 4 giugno del 2019 però Rivera, all’epoca 69enne, aveva deciso di lasciare la Germania per dirigersi in Italia.

Una mattina all’alba era stato arrestato con un blitz dai poliziotti della questura mentre si trovava in un albergo nel centro di Parma. Rivera si trovava lì per assistere a un convegno di ingegneri al quale avrebbe preso parte la sua compagna cilena con cui viveva in Germania da ormai quattro anni.

RIVERA ERA STATO PORTATO in carcere mentre veniva avviata la richiesta di estradizione, confermata il 4 dicembre del 2019 dalla Corte di Cassazione. Estradato a inizio del 2020, quando è arrivato in Cile è stato condannato alla prigione preventiva in attesa del giudizio. Poco dopo però, nonostante l’evidente pericolo di fuga e le proteste degli avvocati dei familiari delle vittime, l’ex colonnello è stato rilasciato. Il 9 giugno è arrivata la denuncia di Londres38, ex centro di tortura a Santiago e ora spazio di memoria: Walter Klug Rivera è riuscito a scappare di nuovo.

IN CILE LE FRONTIERE sono chiuse dallo scorso marzo. Per un cittadino cileno lasciare il Paese è molto complesso e i controlli alle frontiere sono serratissimi. Nonostante una campagna di vaccinazione molto rapida, nel Paese i morti per Covid-19 sono in continuo aumento e i casi di contagi sono ai massimi dall’inizio della pandemia.

Il gerarca cileno Walter Klug Rivera

La maggior parte delle città si trovano in quarantena e per lasciare la propria abitazione è necessario richiedere un permesso, di massimo due ore, al corpo dei Carabineros. Ciò rende ancora più grave che un ex colonnello accusato dell’omicidio di 23 persone sia riuscito a scappare e a lasciare il Paese mentre le frontiere sono chiuse.

Come denuncia al manifesto Magdalena Garcés Fuentes, 47 anni, avvocata di Londres38: È gravissimo che una persona che è stata condannata per la sparizione di 23 persone e che era a capo di un centro di tortura sia stato lasciato libero senza alcuna misura di sicurezza per impedire che scappasse nuovamente dal Paese.

NEL 2015 KLUG era fuggito dopo essere stato condannato per la sparizione di 23 lavoratori delle centrale idroelettriche cilene El Albanico e El Toro, nel Sud del Paese. I giudici cileni per questa causa non hanno sollecitato l’estradizione dalla Germania e non hanno richiesto il mandato di cattura internazionale.

Klug in Italia è stato arrestato per un altro caso in cui è sospettato il suo coinvolgimento e per cui è stato emanato il mandato di cattura dell’Interpol: il sequestro e la sparizione di Luis Cornejo Fernández, militante della gioventù comunista di 23 anni.

«Ciò che indigna è che per Klug, condannato per il caso di El Albanico e El Toro, non sia stata richiesta l’estradizione dai giudici. Le vittime erano persone semplici: operai o contadini. Klug è stato riconosciuto come capo del Reggimento da decine di sopravvissuti e indicato come il più sadico fra i torturatori – dice l’avvocata del caso Cornejo, Patricia Parra – Un detenuto ha dichiarato che Klug lo ha costretto a tenere la mano in un secchio ricolmo di escrementi degli altri detenuti per giorni, fino a quando la mano è andata in cancrena».

LA SECONDA FUGA dell’ex colonnello e il fatto che sia stato lasciato in libertà nonostante l’evidente pericolo che scappasse nuovamente, ha causato indignazione negli avvocati e un fortissimo dolore nei familiari delle vittime.

Fra di loro Gisela Coussy, 53 anni, figlia di Plutarco Enrique Coussy Benavides. Aveva cinque anni quando suo padre, militante comunista e sindacalista di 32 anni, è stato sequestrato e fatto sparire; è una delle vittime per cui è stato condannato Klug. Gisela dà immediatamente la disponibilità per essere intervistata, giusto il tempo per pranzare e poi è pronta.

«Tutto per mio padre e i suoi compagni. E per mia madre che ha 78 anni e continua a lottare per sapere dove si trova il suo amato». Mentre parla mostra la foto in bianco e nero di suo padre: «Due testimoni hanno dichiarato che Klug lo ha torturato. Io sono cresciuta guardandomi intorno e chiedendomi perché fosse scomparso dato che era una persona così buona; il suo unico crimine era quello di credere in un mondo più giusto. Lo hanno strappato a mia madre e a quattro figli. Deve essere fatta giustizia, Klug sa dov’è il corpo di mio papà e io ho il diritto di poterlo trovare e seppellire».

* Fonte: Elena Basso, il manifesto

 

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