Memo­ria da allevamento

A Lety, nella Boemia meridionale, sorgeva durante la Seconda guerra mondiale un campo di concentramento per Rom e Sinti, di transito per i campi di sterminio di Auschwitz. Ora in quel luogo è stata costruita una mega-porcilaia

A Lety, nella Boemia meridionale, sorgeva durante la Seconda guerra mondiale un campo di concentramento per Rom e Sinti, di transito per i campi di sterminio di Auschwitz. Ora in quel luogo è stata costruita una mega-porcilaia. Contro la vergogna del campo dimenticato di Lety centinaia di parlamentari, intellettuali e cittadini, tra i quali anche il premio Nobel Dario Fo, stanno firmando una petizione internazionale che chiede la demolizione dello stabilimento d’allevamento

PRAGA. La sto­ria del campo di con­cen­tra­mento di Lety non è cer­ta­mente una novità nella poli­tica ceca. Il tutto comin­cia nel 1992 gra­zie a una ricerca del tutto casuale dello sto­rico ame­ri­cano, ma di ori­gini boeme, Paul Polan­sky. «Comin­ciai a sen­tir par­lare del campo di Lety, nel periodo in cui con­du­cevo delle ricer­che sulla genea­lo­gia della mia fami­glia — rac­conta Polan­sky — All’inizio ero sol­tanto curioso, per­ché girava voce che fosse un campo di lavoro nel quale i Rom dove­vano “impa­rare a lavo­rare”. Solo che gra­zie alle fonti d’archivio sco­prii che molti degli impri­gio­nati ave­vano già un lavoro. E poi tro­vai le foto di bam­bini e ragazzi mal­nu­triti, e comin­ciai a capire».

Il Pro­tet­to­rato fan­toc­cio dei nazisti

14storie A view of the gypsy camp at Lety u Písku 1942 Prague photo Museum of Roma Culture
Le barac­che del campo nel 1943

Nelle ricer­che d’archivio Polan­sky, che ha fatto del campo di Lety uno suo tema di ricerca per­so­nale, sco­prì il regime par­ti­co­lar­mente bru­tale del campo, che era di tran­sito per i campi di ster­mi­nio come Ausch­witz. Il campo fu aperto dalle auto­rità del Pro­tet­to­rato di Boe­mia e Mora­via, l’entità-fantoccio del regime nazi­sta, nel 1940 e all’inizio non fu molto popo­lato. Le cose cam­bia­rono nel 1942, quando anche sul ter­ri­to­rio del Pro­tet­to­rato furono ema­nati decreti per la depor­ta­zione dei Rom e Sinti. Se prima del decreto furono inter­nati nel campo poco più di un cen­ti­naio di Rom, dopo il decreto il numero superò 1,2 mila per­sone, pra­ti­ca­mente il dop­pio rispetto alla capa­cità uffi­ciale del campo.
Nel campo le con­di­zioni erano ter­ri­bili a causa di mal­nu­tri­zione e cat­tive con­di­zioni igie­ni­che. «Le infor­ma­zioni sulle con­di­zioni nel campo, che ho tro­vato negli archivi, sono ter­ri­bili, i vec­chi e i bam­bini veni­vano siste­ma­ti­ca­mente uccisi, per­ché non pote­vano essere con­si­de­rati nean­che come bassa mano­va­lanza — afferma Paul Polan­sky in un’intervista rila­sciata al perio­dico ceco A2larm — E quelli che soprav­vis­sero alle sevi­zie furono man­dati a Tere­zin o ad Ausch­witz, dove furono o uccisi o di nuovo impie­gati come schiavi». Più di tre­cento per­sone mori­rono diret­ta­mente nel campo a causa delle sevi­zie dei car­ce­rieri e soprat­tutto delle epi­de­mie di tifo, che si svi­lup­pa­rono nel campo e por­ta­rono alla sua chiu­sura e distru­zione nel 1943.

Un par­ti­co­lare, che si rilevò par­ti­co­lar­mente impor­tante per la memo­ria del campo, fu che la sua gestione non fu affi­data alle auto­rità di occu­pa­zione, come per esem­pio il noto campo di tran­sito di The­re­sien­stadt, ma al Pro­tet­to­rato della Boe­mia e della Mora­via. Il per­so­nale usato per la gestione del campo non fu per­ciò tede­sco ma ceco. Per i Rom, che si bat­tono per la memo­ria di Lety que­sto fat­tore è fon­da­men­tale per l’evolversi della situa­zione dopo la fine della Seconda guerra mon­diale. Men­tre l’Olocausto e la durezza dell’occupazione nazi­sta veni­vano ricor­dati anche in una chiara reto­rica anti-germanica, un campo gestito diret­ta­mente dalle auto­rità ceche fu rimosso dalla memo­ria col­let­tiva. L’oblio, che cadde sul campo di Lety, i cui inter­nati veni­vano usati per i lavori pesanti nelle fore­ste cir­co­stanti, fu tal­mente forte, che nel 1972 fu costruito sul posto un alle­va­mento inten­sivo di suini.

I soldi che non si trovano

Dopo la rive­la­zione dell’esistenza del campo, che fu a lungo rela­ti­viz­zata da pra­ti­ca­mente tutta la stampa ceca, il governo ceco pro­mise alle asso­cia­zione dei Rom e allo stesso Polan­sky di risol­vere la que­stione dell’allevamento suino entro il 2020. La data sta­bi­lita era sem­brata una forma nep­pure tanto velata di rimando alle calende gre­che. Tut­ta­via il tempo sta ormai per sca­dere. Per cui i fir­ma­tari dell’appello chie­dono al governo del pre­mier ceco Sobo­tka di porre fine al «locu­ci­dio», cioè all’annientamento della memo­ria di que­sto luogo di ster­mi­nio dovuto alla pre­senza dello sta­bi­li­mento indu­striali con con­no­ta­zione e rimandi tanto infa­manti. Oltre all’appello inter­na­zio­nale, Lety sono negli ultimi mesi oggetto di diverse mobi­li­ta­zioni cit­ta­dine e anti­raz­zi­ste, tra cui anche un blocco sim­bo­lico avve­nuto in mag­gio 2014, nel ven­te­simo anni­ver­sa­rio della pub­bli­ca­zione del lavoro di Paul Polansky.

«L’area diventi memoriale»

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Lety, Repub­blica Ceca. Cippo accanto alla mega por­ci­laia, in ricordo del campo dimenticato

Gli atti­vi­sti chie­dono al governo di rispet­tare final­mente i patti presi e di con­ver­tire l’intera area in un memo­riale. Attual­mente al ridosso dello sta­bi­li­mento suino esi­ste solo un pic­colo monu­mento di com­me­mo­ra­zione delle vit­time sorto nel 2010. E come ricorda Polan­sky la prima com­me­mo­ra­zione delle vit­time nel 1994 alla pre­senza dell’allora pre­si­dente Vaclav Havel fu inon­data da un insop­por­ta­bile mia?sma?.Il pro­blema tut­ta­via sem­brano le risorse. Una stima pre­cisa non è stata fatta, tut­ta­via alcuni par­lano di costi totali per più di cento milioni di euro. Una mega-cifra impro­ba­bile, che alla fine nes­sun governo risulta capace poli­ti­ca­mente di accan­to­nare in favore di un luogo di memo­ria dei Rom, la comu­nità di gran lunga più discri­mi­nata in Repub­blica Ceca. E nep­pure l’attuale ese­cu­tivo a tra­zione social­de­mo­cra­tica sem­bra avere inten­zione di cam­biare gran­ché. «Sarei più con­tento di desti­nare que­sti fondi all’educazione dei bam­bini Rom o al miglio­ra­mento delle con­di­zioni di vita nelle loca­lità social­mente escluse. Di soldi infatti non ne abbiamo troppi», ha detto il pre­mier ceco Bohu­slav Sobo­tka ammet­tendo che il pro­blema rimane attual­mente inevaso.

Ora i fir­ma­tari dell’appello pro­pon­gono di usare i fondi euro­pei desti­nati all’integrazione dei Rom, che tra l’altro rap­pre­sen­tano la grande mag­gio­ranza dei fondi usati in Repub­blica Ceca in favore all’integrazione e all’eliminazione delle discri­mi­na­zioni verso que­sta popo­la­zione. È tut­ta­via sin­to­ma­tico che si chiede nuo­va­mente all’Unione Euro­pea di sup­plire alla man­canza di corag­gio poli­tico di pra­ti­ca­mente l’intera classe poli­tica ceca.

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