La scuola di magistratura fa marcia indietro sull’invito a Faranda

Faranda

«Si è persa un’occasione formativa», commenta l’ex presidente della Corte Costituzionale Valerio Onida che presiedeva il precedente Consiglio direttivo della scuola

I nomi fanno ancora paura, lo «scandalo» ancora di più. E così, dopo le proteste di Ambra Minervini, figlia del magistrato ucciso dalle Br nel 1980, e sotto la pressione del comitato di presidenza del Csm, la scuola di magistratura di Scandicci ci ripensa e fa marcia indietro sull’invito rivolto ad Adriana Faranda e Franco Bonisoli.

Non che i due ex brigatisti fossero stati chiamati per raccontare alle aspiranti toghe i loro tristi trascorsi di terroristi. Piuttosto invece il precedente Consiglio direttivo della scuola in carica fino all’8 gennaio scorso aveva inserito nel programma del seminario la testimonianza diretta di un’esperienza concreta di «giustizia riparativa». Questo è l’oggetto del corso che si conclude domani a Scandicci e di questo avrebbero dovuto parlare Faranda e Bonisoli, inseriti otto anni fa in un percorso «rigenerativo» che prevede il confronto diretto con i parenti di alcune vittime delle Br – nello specifico Manlio Milani, Agnese Moro e Sabina Rossa – sotto la guida di tre mediatori tra cui il criminologo Adolfo Ceretti. Un’esperienza che è stata raccontata in un volume edito dal Saggiatore, «Il libro dell’incontro».

«Si è persa un’occasione formativa», commenta l’ex presidente della Corte Costituzionale Valerio Onida che presiedeva il precedente Consiglio direttivo della scuola.

Dopo il «dissenso» espresso in una nota comune dal vice presidente del Csm Giovanni Legnini, dal primo presidente della Cassazione Giovanni Canzio e dal procuratore generale Pasquale Ciccolo – un intervento giudicato da Onida «extra ordinem, irrituale, che mi ha stupito» – il nuovo direttivo della scuola, presieduto da Gaetano Silvestri, anche lui emerito della Consulta, ha preso le distanze dall’iniziativa «interamente programmata e definita nei suoi particolari dal precedente Comitato direttivo». E ha deciso di annullare l’incontro previsto nella sessione del corso, «ritenendolo inopportuno», «pur dovendo precisare che l’incontro non configurava un’attività didattica di Bonisoli e Faranda, ma solo la testimonianza di un percorso riparativo, i cui protagonisti sono le vittime dei reati, e pur riconfermando la volontà della Scuola di investire nella formazione della giustizia riparativa».

Una decisione scaturita da quella che Onida definisce «una reazione violenta e in gran parte ingiustificata» ma considerata invece «saggia e ragionevole» dalla Pd Donatella Ferranti, presidente della commissione Giustizia della Camera, e «giusta e doverosa» dall’Ncd Cosimo Ferri, sottosegretario alla Giustizia.

Del motivo reale dell’invito rivolto al gruppo di cui fanno parte i due ex terroristi, nessuno ne parla. Piuttosto per Ferranti la formazione dei magistrati non deve essere sottoposta a «forzature e rischi di strumentalizzazione», e per Ferri l’insegnamento in «un luogo istituzionale» quale la scuola superiore di Scandicci, per quanto multidisciplinare non può che «svolgersi secondo i criteri della didattica come disciplina pedagogica». Qualunque cosa voglia dire.

Di tutt’altra opinione invece Manlio Milani, presidente dell’Associazione dei caduti di piazza della Loggia, che definisce «sconcertante» e «del tutto triste» la «polemica su un corso di formazione di magistrati».

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