Sabina Rossa e Sergio Segio, anticorpi della non violenza?

ho trovato molto interessanti le riflessioni di Sergio Segio e di Sabina Rossa sull’attentato al dirigente dell’Ansaldo nucleare Roberto Adinolfi

Ho visto ieri la trasmissione di Lucia Annunziata “In mezz’ora”. Non ne sono rimasta sconvolta come qualche politico (i soliti) ripreso dai giornali. Al contrario, ho trovato molto interessanti le riflessioni di Sergio Segio e di Sabina Rossa sull’attentato al dirigente dell’Ansaldo nucleare Roberto Adinolfi. Di più: da giornalista dico che quella di ieri è stata una puntata eccezionale, per la tempestività con cui è stata realizzata e per la qualità degli ospiti.

Si parlava di terrorismo, e in studio c’erano un ex terrorista e la figlia di una vittima del terrorismo. Due persone che però non vivono con lo sguardo rivolto al passato ma fortemente centrato sul presente e sul futuro. Sabina Rossa è deputata del Pd, Sergio Segio, che ha da tempo rinnegato la lotta armata, lavora nel sociale, con il Gruppo Abele di don Luigi Ciotti.

Di che cosa hanno parlato? Di cose che conoscono. Dell’atto in sé, del linguaggio del volantino di rivendicazione. E di come contrastare una possibile, nuova, deriva terroristica. Annunziata faceva le domande, loro rispondevano. A una di esse, circa l’uso dell’esercito a tutela degli obiettivi sensibili, Segio si è detto contrario. Sabina Rossa ha risposto testualmente “Ho dei dubbi” (sull’utilità dell’uso dell’esercito).

Lo scandalo, credo, è nato dal fatto che l’ex di Prima linea e la figlia dell’uomo ucciso dalle Brigate Rosse si siano trovati, sostanzialmente, d’accordo. E non solo sulla questione dell’esercito: entrambi hanno detto che un Paese che non sa fare i conti con il proprio passato (Piazza Fontana, G8 di Genova), difficilmente può riuscire a fronteggiare la crisi presente.

Ho trovato in Sabina Rossa una persona straordinaria: conosco i genovesi e il loro connaturato riserbo, immagino quanto debba esserle costata (nonostante il personale percorso che già l’ha portata a incontrare e a cercare di capire l’origine del gesto degli assassini di suo padre) la convivenza sia pur temporanea sul teleschermo con l’ex terrorista, ma mai nelle sue parole o nell’espressione del suo volto ho letto o visto meno che rispetto dell’opinione altrui, oltre che profonda, buona educazione. E lo stesso, devo dire, vale per Segio, certo più imbarazzato di lei a condividere la ribalta televisiva: più volte ha preposto ai suoi interventi la locuzione “non vorrei sembrare irriguardoso”, o qualcosa del genere, anche se non stava per dire nulla di offensivo, anzi, generalmente concordava con quanto detto da Rossa.

Immagino che lui stesso paventasse come “irriguardosa” la sua presenza lì, accanto a quella donna che una mano assassina aveva privato, ancora bambina, del diritto a crescere accanto a suo padre, eppure così forte da non temere il confronto con chi, un tempo, stava dall’altra parte, a imbracciare altre armi che provocavano altri lutti.

Entrambi insieme, oggi, sul fronte della ragionevolezza. A dispetto di chi li vorrebbe per sempre nemici e che agli “anticorpi della nonviolenza” auspicati da Sabina Rossa preferiscono forse i venti di guerra.

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