Milano, cercasi astensionista disperatamente

Manager vs Manager. Come riconquistare migliaia di astensionisti di sinistra che domenica scorsa hanno deciso di punire chi ha scelto Beppe Sala per sostituire Pisapia? Questo è l’assillo del centrosinistra che si trova impreparato nel testa a testa contro Stefano Parisi

L’ex manager di Expo vedrà Cappato (radicali) e Rizzo (Milano in Comune), ma è difficile pensare che l’elettorato segua le indicazioni di voto calate dall’alto. A sinistra il dilemma è lacerante: astenersi e far vincere la destra o turarsi il naso e accettare il sindaco del partito della nazione?

MILANO La sberla si è fatta sentire. Dicono che va bene così ma il centrosinistra milanese è agitatissimo. Stefano Parisi invece non ha più niente da perdere, ha già fatto un mezzo miracolo e se ne va in giro in metropolitana a farsi i selfie con i cittadini. Poi sorride al mercato. I Sala boys (and girls) invece sono ancora frastornati e si stanno interrogando su quale cambio di marcia servirebbe per tagliare il traguardo del 19 giugno. Risposte non ne hanno, e certo non sarà sufficiente ripetere la parola “periferia”, del resto Beppe Sala lo sta facendo da sei mesi e non ha convinto nessuno. E’ proprio nelle periferie che il centrosinistra ha perso irrimediabilmente terreno, non per scomodare la lotta di classe ma non funziona più la buona borghesia che ogni cinque anni sale sul tram per “consumarsi le suole” e torna a casa in taxi. Smart city, coworking e aperitivi elettorali non sono cose esaltanti per tutti.

Basterebbe una manciata di voti per non riconsegnare Milano alla destra e preservare il Pd (nazionale) dal colpo mortale. Sala e Parisi sono separati da 4.938 voti, pochissimi. I militanti del centrosinistra si interrogano sul che fare senza venirne a capo, corteggiano i candidati sindaco che non hanno accettato la candidatura di Mr.Expo e forse si sono resi conto che il presidente del Consiglio è meglio se in questi giorni si mantiene il più distante possibile da Milano. Non gode di buona salute il partito della nazione, anche qui se ne sono accorti troppo tardi.

Come recuperare gli astensionisti fortemente motivati che hanno voluto punire chi ha scelto il manager di Letizia Moratti per sostituire Pisapia? Questo è il problema. Tra i due c’è una differenza che si sostanzia in circa 91 mila voti persi per strada dopo una campagna elettorale disastrosa (solo il 54.65% dei milanesi si è recato alle urne). Adesso servirebbe uno psicologo, un genio del marketing o forse un esperto di mediazione familiare perché domenica scorsa a sinistra è finita una storia. Invece l’ex popolo arancione (la lista Sinistra X Milano sostenuta da Pisapia ha ottenuto un risultato deprimente, in termini assoluti meno voti di quelli ottenuti da Francesca Balzani alle primarie) continua a rivolgersi agli astenuti e ai votanti della lista Milano in Comune come se fossero loro i colpevoli del disastro. Non un cenno di autocritica, non un argomento convincente se non l’invito a votare il meno peggio. Gira una foto con La Russa, De Corato e Salvini. Fa impressione, ma potrebbe non bastare. Non è un caso se dopo mesi trascorsi nell’ombra è tornato a farsi sentire il candidato più di sinistra delle primarie-farsa di febbraio, Pierfrancesco Majorino (Pd), almeno ha colto l’umore degli elettori disposti a pugnalare questo centrosinistra alle spalle: “Bisogna avere l’umiltà di guardare gli elettori che si sono astenuti, non dicendo quanto sono stati cattivi, ma dicendo che bisogna fare di più”. Mancano solo undici giorni, però a sinistra ci si massacra da un anno.

Complicato anche il tentativo di mediazione di Beppe Sala che ha chiesto un incontro a Marco Cappato (radicali: 10.104 voti) e a Basilio Rizzo (Milano in Comune: 17.536 voti tra Prc, Lista Tsipras e Possibile). I voti dei radicali sono ballerini (oggi incontrano il manager Sala, domani il manager Parisi), quelli degli elettori di sinistra invece non troveranno una collocazione in base ai suggerimenti di Basilio Rizzo. L’ex presidente del Consiglio comunale infatti è molto imbarazzato e continua ad invitare Sala a dire qualcosa di convincente su lavoro, periferie e case popolari (lo sta facendo da mesi). Rizzo sa che non può permettersi di indicare Sala e si esprimerà solo a titolo personale a pochi giorni dal voto (per Sala). Il suo elettorato è spaccato in due e lo stesso si può dire della stragrande maggioranza degli astenuti. L’incognita più pesante però, per una questione di numeri e per un elettorato ancora poco decifrabile, riguarda quel 10,4% che ha votato 5 Stelle e che una volta si sarebbe chiamato “ago della bilancia” (sono 52.376 voti). Il risultato più clamoroso potrebbe dipendere da loro. Un ascoltatore penta stellato di Radio Popolare, ex Cgil, ha detto: “Forse per salvare l’Italia si può sacrificare Milano”. L’affermazione indigna, ma purtroppo il dibattito è aperto.

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